In questo equilibrio gioca un ruolo forte la questione già accennata dell’accessibilità in senso lato, ovvero della disponibilità di servizi efficienti di logistica per le merci e per la mobilità delle persone, come pure economici e di qualità, quindi delle infrastrutture necessarie a supportarli, con relative logiche di reti (gerarchiche, distribuite, hub and spoke…).
La mancanza di investimenti, tipicamente pubblici per le nuove infrastrutture, quando utili e al passo con i tempi, e una posizione “periferica” nel contesto della rete di riferimento, che sia nazionale o europea, non aiutano certo nella competizione globale, nella capacità di attirare società e capitali internazionali, che proprio alle questioni logistiche per le merci e consumi delle persone guardano con grande attenzione.
Dalla posizione baricentrica di Torino nel Regno Sabaudo, dal Novecento in poi si è andata consolidando quella di Milano come crocevia di traffici di livello internazionale, anche per la sua posizione più baricentrica rispetto alla rete di riferimento post-Regno, quella della Pianura Padana, intersezione dei Corridoi Nord-Sud (fra i porti liguri, la Svizzera e il Centro Europa) ed Est-Ovest.
Torino e il Piemonte, invece, hanno acquisito una posizione più periferica in tale sistema di riferimento, anche se Ventimiglia è il secondo valico più trafficato via strada (ma con traffici via ferrovia di appena il 3% circa) dell’intero arco alpino.
Quindi il problema non sono i flussi che esistono, ma l’impedenza degli archi (cioè la difficoltà a qualsiasi titolo di percorrere determinati itinerari); di conseguenza il Piemonte, racchiuso in parte dalle Alpi, ha assunto una posizione decentrata nonostante le coraggiose scelte di Cavour che riuscì – nella rete di riferimento dell’Ottocento – a porre rimedio a tale contesto geografico con la costruzione dei collegamenti ferroviari con Genova e la vecchia linea del Gottardo, sull’asse Nord-Sud via Alessandria-Novara, e il traforo del Frejus sull’asse Est-Ovest.
Si può dire però che, a quasi 150 anni di distanza, la forza propulsiva di queste infrastrutture si è esaurita per la inadeguatezza infrastrutturale rispetto all’allargamento dei mercati su scala globale (collegamenti fra i porti intercontinentali e fra questi e i bacini di domanda ed offerta), alle alternative di valico e alle prestazioni di trasporto oggi richieste (treni intermodali di grande capacità e lunghezza, in grado di garantire le economie di scala che indirizzano le scelte per i Corridoi di traffico).