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Il ponte di Archimede: l’evoluzione tecnica di un concetto storico

Recentemente si è parlato molto del ponte di Archimede, presentandolo come una nuova soluzione strutturale frutto degli ultimi decenni di studi, divisi tra Italia e Norvegia. La realtà è che la storia di questa struttura è più complicata, molto più lunga e ben più affascinante

Il ponte di Archimede: l’evoluzione tecnica di un concetto storico

Nel 1969 lo Studio Alan Grant & Partners lo propose in un Concorso per l’attraversamento dello stretto di Messina. L’idea venne poi ripresa nel 1986 da una Società formata da Saipem, Snamprogetti, Tecnomar e Spea.

Il progetto venne poi successivamente accantonato. Negli archivi storici dell’Amministrazione Pubblica norvegese sono conservate delle lettere che lo Studio Alan Grant & Partners scrisse a Ødegård, alla luce dei suoi studi sul ponte di Archimede fin dagli anni Quaranta.

La proposta per lo stretto di Messina non è l’unica fatta in Italia: nel 1984 l’Ingegnere comasco Gianfranco Magrini propose di realizzare una struttura sommersa e galleggiante sul lago di Como, andando a formare una arteria alternativa al trafficato lungolago.

In quegli anni, diverse proposte vengono fatte ancora in ambito norvegese, come quella per l’Eidfjord, nel 1979, che vedrà poi la realizzazione del ponte strallato più lungo in Norvegia, l’Hardangerbrua, di 1310 m di luce, inaugurato nel 2013 (si veda “S&A” n° 57 Maggio/Giugno 2006 e n° 103 Gennaio/Febbraio 2014 con https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/hardangerbrua-il-piu-lungo-ponte-sospeso-norvegese/). La frase di Ødegård sulle nuove tecnologie diventa una funesta previsione per il ponte di Archimede.

Nel 1998 il ponte di Archimede viene proposto per l’Høgsfjord, nel 2000 per il lago di Lugano, nel 2004 una joint-venture italo-cinese, che vede impegnati anche Politecnico di Milano e l’Università della Sapienza di Roma, ne studia una soluzione pedonale per il lago di Quiandao, in Cina (si veda “S&A” n° 44 Marzo/Aprile 2004).

Dalle comunicazioni conservate nei nostri archivi sappiamo che soluzioni vennero proposte in Giappone (Hokkaido), in Grecia, Canada e negli USA (Alan Grant & Partners). Nessuna delle proposte venne realizzata.

In Norvegia, si investì in strutture alternative la tecnologia delle quali era già nota: tunnel e ponti sospesi vennero costruiti al posto del ponte di Archimede. Del resto l’esperienza con le strutture TLP era troppo giovane per essere considerata attendibile ed esportabile a una struttura avente vita utile ben più lunga di quelle del settore offshore.