La costruzione di un rilevante numero di opere infrastrutturali stradali è avvenuta nell’immediato Dopoguerra, in seno a quella che è stata la grande opera di progettazione e realizzazione della rete stradale italiana.
Per i ponti, a quell’epoca realizzati attraverso un diffuso e prevalente utilizzo del calcestruzzo armato e del calcestruzzo armato precompresso, non fu previsto alcun accorgimento sui potenziali problemi connessi alla durabilità del calcestruzzo.
Il degrado dei materiali nei ponti si è accentuato per l’ingente impatto dei mezzi pesanti e per i loro volumi di traffico. In molti ponti occorre che siano sostituite le barriere di sicurezza, la cui installazione avviene generalmente negli sbalzi delle solette dei ponti che spesso versano in precarie condizioni statiche.
Le solette dei ponti
Il calcestruzzo è un materiale soggetto a microfessurazione da ritiro viscoso e a macrofessurazione da dilatazione termica o da sollecitazione meccanica [1 e 2]; quando interessa le solette da ponte, la fessurazione genera preoccupazione perché, essendo investita direttamente dall’acqua piovana e dalle acque acide provenienti dalla carreggiata, provoca un tempestivo decadimento [3].
Le solette da ponte fino agli anni Settanta non erano impermeabilizzate perché si riteneva di far assolvere tale compito direttamente alla pavimentazione in conglomerato bituminoso attraverso la stesura di un manto bituminoso con un più alto quantitativo di bitume.