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Materiali stabilizzati a bitume (BSM): a che punto siamo?

L’importanza di questa tematica ci ha portati a voler approfondire con uno dei più stimati Ricercatori del panorama internazionale: il Prof. Kim Jenkins

Materiali stabilizzati a bitume (BSM): a che punto siamo?

In tutto il mondo ormai i BSM sono riconosciuti come materiali in grado di svolgere il ruolo di uno strato di base con rigidezza intermedia, flessibili e durevoli, in grado di fare da ponte per il trasferimento dei carichi tra gli strati in c.b. soprastante a più elevata rigidezza e quelli a più bassa portanza sottostanti; in altre parole quello che si definisce una pavimentazione ben bilanciata. In questo modo i BSM offrono una soluzione più economica se paragonata a c.b. strutturali “profondi” e una resistenza superiore alla propagazione delle fratture rispetto agli strati legati a cemento. Questi materiali hanno di fatto aperto un nuovo mondo nel recupero delle pavimentazioni ammalorate costituite da strati cementati e bitumati, ottimi candidati per soluzioni di recupero con i BSM”.

“MG”: “Il riciclaggio a freddo è stata una opzione di interesse per almeno 20 anni e nonostante ciò nuovi idee sembrano circolare tra i Ricercatori. Potresti commentare brevemente lo stato dell’arte della ricerca sui BSM?”.

“KJ”: “La ricerca sui BSM è stata evolutiva. Il riciclaggio a freddo è stato reso possibile dagli sviluppi dell’ingegneria meccanica, cioè lo sviluppo di macchine progettate per poter granulare e miscelare materiali e leganti. La componente dell’ingegneria civile a dovuta stare al passo con questo sviluppo tecnologico. È stato necessario uno sforzo globale per arrivare, passo dopo passo, ad un sistema organico di progettazione e valutazione. Cercherò di spiegare la sequenza degli principali sviluppi.

Per prima cosa la ricerca dimostrò che le prestazioni dei BSM potevano essere valutate attraverso le prove triassiali. Questo fu un grande passo, perché consentì la valutazione della resistenza al taglio dei BSM connessa al tasso di ormaiamento, cioè un aspetto prestazionale. I test per i c.b. non potevano fornire questa informazione prestazionale per i BSM. La prova triassiale inoltre permetteva una misura accurata del modulo resiliente e della capacità di trasferire i carichi.

La prova triassiale poi portò i Ricercatori ad approfondire il ruolo del contenuto del bitume (sia esso nella forma di emulsione o schiumato), il ruolo del filler attivo (calce o  cemento), quello dell’umidità attraverso la maturazione, come pure il danno dovuto all’umidità connesso all’esposizione. Ci sono stati molte altre evidenze che hanno aiutato a dare forma ad un mix design ottimale per i BSM e a capire meglio gli aspetti di controllo qualità. I criteri di selezione per i BSM, quali il fuso granulometrico, il contenuto di fresato, il limite di plasticità e altre caratteristiche del materiale hanno beneficiato da questa ricerca. Allo stesso tempo la ricerca ha aiutato a differenziare le specifiche tecniche tra bitume schiumato e emulsione, laddove necessario.