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Infrastrutture: occorrono paradigmi e approcci diversi?

La serie storica degli eventi accaduti e i più recenti studi porterebbero a concludere che il solo concetto di resilienza non sia più sufficiente

Earth day

Ci si interroga da tempo sullo stato la sostenibilità e la sicurezza delle infrastrutture italiane. Già nel 2018 ci si chiedeva se, dopo il crollo del viadotto Polcevera a Genova, le scosse di terremoto in Molise, Abruzzo, Emilia Romagna, la tragedia del Pollino, l’allerta sulla A24 per i viadotti, la preoccupazione per diversi ponti autostradali ormai datati – così come anche i 5.000 km di strade provinciali chiuse per frane e smottamenti – fosse ancora possibile parlare di una situazione di allarmismo ingiustificato oppure fosse necessario riferirsi ad un concetto mutato negli anni del termine “infrastruttura”.

Infatti, le infrastrutture “link” (collegamenti) stanno sempre più dimostrando di non essere più coerenti con il territorio circostante, sottoposto ogni giorno a eventi diversi, trasformando così il concetto di “link” di vecchia concezione a quello di “infrastruttura critica complessa”, ovvero un “sistema di sistemi”, una risorsa, un processo la cui distruzione, interruzione – o anche momentanea indisponibilità – ha l’effetto di indebolire in maniera significativa non solo l’efficienza e il funzionamento normale di un Paese ma anche la sicurezza e il sistema economico-finanziario e sociale, compresi gli apparati della Pubblica Amministrazione.

Queste infrastrutture oggi diventano difficili da gestire e in tanti casi dannose. Questo accade per una pluralità di motivi: ad esempio, non sono più coerenti con un territorio che nella maggior parte dei casi è cambiato a causa di mutamenti idrogeologici, terremoti o semplicemente per la comparsa di altre costruzioni su quello che un tempo era terreno di sostegno. Se prima si costruiva in spazi aperti oggi questi sono sempre più ridotti con tutto quello che ne consegue.

Necessariamente ci dobbiamo chiedere, e con urgenza, come sia possibile affrontare questa situazione. Riteniamo che il primo step sia superare velocemente il concetto del controllo “a vista” utilizzando sistemi di controllo evoluti, predittivi. Il semplice controllo a vista non è più sufficiente a fronte dell’evoluzione del funzionamento delle infrastrutture nei termini descritti.

Frana
1.

Autostrade e parte delle strade statali hanno già adottato questi nuovi sistemi, ma la questione principale è come intervenire su tutto il resto, su tutta la rete di comuni e province. Già qui si notano i problemi di attuazione sia sotto il profilo economico – essendo necessarie risorse molto ingenti -, sia sotto quello riguardante l’adeguamento degli uffici tecnici di personale di adeguato profilo.

Si potrebbero esternalizzare queste funzioni tenendo però conto che ci deve essere almeno un controllo interno di livello tecnico e non solo amministrativo. Le gare, sia per gli incarichi esterni che per la redazione di bandi e capitolati, devono necessariamente essere redatte da funzionari interni all’amministrazione in grado di essere padroni della materia: non si può correre il rischio di affidarsi ai fornitori! Al momento, salvo in alcuni casi, mancano numerose risorse professionali adeguate.

Manca inoltre lo sviluppo di nuove ricerche sui materiali innovativi impiegati partendo dal calcestruzzo. Il calcestruzzo, che viene normalmente utilizzato per coprire ferro o acciaio e per evitare erosioni troppo celeri, tende però a macerarsi e deve essere controllato spesso. Esso è infatti soggetto al processo di carbonatazione, processo variabile di zona in zona, così come l’età media della vita del calcestruzzo (e di conseguenza quella delle strutture che ricopre) che diventa di circa otto anni e mezzo.

L’accettare il criterio del “fisiologicamente deteriorato” quando si parla di infrastrutture crediamo non sia più sufficiente, ma è necessario individuare zone omogenee analizzando i movimenti del territorio, il grado di umidità, il vento, le corrosioni già esistenti e altre componenti che sappiamo incidere su questi fenomeni.

Riteniamo quindi sia necessario e opportuno effettuare un salto di qualità con il supporto di strumenti di ultima generazione, sulla tecnologia dei materiali da costruzione, ecc.. Bisogna cambiare l’approccio anche al metodo scientifico, iniziando a passare alle prove sperimentali più diffuse approfondendo meglio la causa della resilienza che non va semplicemente accettato come termine, ma deve essere un modo per adattarsi in maniera positiva al cambiamento.

Veduta aerea strade
2. (photo credit: Pexels da Pixabay)

Questo nuovo paradigma avvicinato alla resilienza è quello che alcuni Studiosi chiamano “teoria della prudenza”, denotando una certa adattabilità dell’uomo e delle cose agli eventi non previsti; per superarle e risolverle deve diventare importante anche la sua capacità di riconoscere le troppe anomalie esistenti. Tutto questo proprio per non far diventare quegli eventi delle “fatalità” drammatiche.

Per questo ci sono i cosiddetti strumenti predittivi, che vengono già usati in Istituti internazionali di ricerca che permettono, tramite l’analisi dei materiali esistenti, per quanto riguarda le opere civili e infrastrutturali, e l’analisi della storicità di determinati eventi (per terremoti e blackout), di prevedere cosa può accadere e perché determinate cose accadano.

A questo punto, è necessario fare riferimento ad uno strumento che permette di fare certe analisi: il MATLAB (software a più livelli). In questo sistema si immettono dati selezionati a monte, che in seguito elaborati attraverso algoritmi specifici possono rappresentare un valido strumento per anticipare i problemi delle infrastrutture.

Nel 2018, i Geologi e i Geotecnici chiesero di poter fornire sistematicamente un loro maggior contributo sia per la realizzazione di nuove strutture sia per il monitoraggio di realtà già esistenti in linea con quanto definito dalle nuove Norme tecniche per le costruzioni (NTC) che sono entrate in vigore il 22 Marzo 2018.

Tali Norme rappresentano un aggiornamento delle precedenti NTC 2008 e prevedono sia cambiamenti sostanziali per quanto riguarda i materiali sia alcuni cambiamenti specifici in merito ad alcune formule di calcolo.

Città avveniristica
3. (photo credit: Donghwan Kim da Pixabay)

Le NTC 2018 stabiliscono inoltre nuovi indici minimi di vulnerabilità sismica nel caso di lavori su edifici storici e negli interventi di adeguamento degli edifici scolastici, ponti o altre costruzioni “sensibili”. Purtroppo, per le opere della pubblica amministrazione prima del 2018 sono ancora applicabili le vecchie NTC del 2008.

Per quanto riguarda i lavori privati, le cui parti strutturali sono ancora in corso di esecuzione o per le quali, prima della data di entrata in vigore delle nuove Norme tecniche per le costruzioni si possono continuare ad applicare le vecchie Norme tecniche per le costruzioni del 2008.

Per tutti i progetti presentati dal 23 Marzo 2018 in poi, invece, valgono esclusivamente le nuove NTC. Un altro importante passo da compiere riguarda l’elaborazione di un modello in grado di comprendere tutte le criticità di un luogo attraverso un approccio globale e non più settoriale.

Primi importanti passi in questa direzione sono stati fatti nel 2016 nella Poster Session del 3rd International CBRN e Workshop 2016 di Roma. Fu ipotizzata “un’intelligenza” che, partendo sempre dal contesto, prendesse in visione un sistema e che nel suo approccio sia replicabile su vasta scala, anche quando le condizioni di riferimento siano diverse.

L’approccio è generare attenzione trasversale verso un fattore di rischio alto, ovvero validare tutte le ipotesi di ogni singola analisi valutando anche imponderabile o, almeno, farne una classificazione: quindi, iniziare a calcolare il rischio (R) che potremmo correre, cioè il rischio connesso con un particolare evento in un determinato luogo, in determinate condizioni che variano (S) nel tempo e nello spazio, con la formazione degli eventi storici locali e globali del momento, ovvero politica locale e nazionale, geopolitica, territorio, ecc..

Strada di montagna
4. (photo credit: Mikey Villavicencio da Pixabay)

Il rischio va poi moltiplicato per una lista di minacce (M), che rappresentano gli indici di probabilità che vengono a manifestarsi in un particolare evento o che si manifesti un nuovo evento in quel determinato luogo (N). La minaccia intravista va applicata alle diverse condizioni sia geografiche sia idrogeologiche, sia dipendenti da altri fattori che coinvolgono le infrastrutture in oggetto.

Da qui deriva la vulnerabilità (V) di un sistema, che rappresenta la probabilità che un evento possa avvenire di nuovo generando una catastrofe a causa di una debolezza che si innesta nella mancanza di monitoraggio costante delle strutture o per delle condizioni mutate nelle strutture stesse. A corredo di ciò, si potrebbe calcolare anche l’esposizione (E) al rischio che è rappresentata, a sua volta, dal potenziale danno arrecato dall’evento.

A sostegno della predizione, oggi è possibile avvalersi anche delle tecnologie che chiamiamo Internet delle cose (Internet of Things o IoT) o Internet del Tutto, realtà modificate che restituiscono dati “in e da” dispositivi sempre connessi, in grado di registrare movimenti e vibrazioni e di segnalare se la struttura abbia difetti o meno.

I dati sono poi inviati a un server o a un luogo in cui vengono conservati e subito dopo elaborati per determinare lo stato di salute di ciò che si sta controllando e all’occorrenza intervenire immediatamente. Un check-up utile, spinto molto ultimamente anche dal MIT, Massachusetts Institute of Technology, che aiuta questa prima fase di prevenzione e l’applicazione di correttivi.

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