La fotocatalisi è una tecnologia che è stata sviluppata da diversi decenni, ma solo negli ultimi 20 anni circa ha trovato un suo utilizzo a livello industriale e commerciale.
Si tratta di una soluzione molto interessante che sfrutta la presenza di luce, ossigeno e umidità per favorire e accelerare un processo di ossidazione e degradazione di molti inquinanti tipicamente presenti nei nostri centri urbani o all’interno dei nostri ambienti chiusi (dove passiamo circa il 90% del nostro tempo): ossidi di azoto, polveri PM di tipo organico, composti organici volatili, idrocarburi e microorganismi come virus e batteri.
Essa permette di conferire delle proprietà funzionali aggiuntive a superfici e manufatti, che sono altamente sostenibili ed efficaci senza consumo di energia, oppure di realizzare delle apparecchiature di purificazione dell’aria.
Le varie Amministrazioni stanno lavorando a soluzioni in grado di ridurre la concentrazione degli inquinanti gassosi e delle polveri sottili nei centri urbani, ma finora sono state valutate solo azioni legate all’efficientamento energetico degli edifici e alla mobilità sostenibile relative a:
- riduzione del traffico e transizione verso mobilità elettrica-sostenibile;
- modifiche dei sistemi di riscaldamento domestico;
- incentivazione all’utilizzo della tecnologia rinnovabili.
Al contrario, se potesse essere incentivata la tecnologia della fotocatalisi su larga scala, avremmo una soluzione che abbatte direttamente i principali inquinanti presenti nell’aria con un contributo significativo nei riguardi degli ossidi di azoto, delle polveri e dell’ozono (la cui formazione è collegata alla concentrazione degli stessi ossidi di azoto).
La fotocatalisi stata proposta storicamente per soluzioni di “self-cleaning” nell’edilizia (mantenimento della pulizia delle superfici), ma soprattutto per applicazioni disinquinanti (abbattimento di composti inorganici e organici presenti in ambienti particolarmente inquinati), sfruttando composti specifici (fotocatalizzatori) inseriti all’interno di materiali e prodotti da costruzione, oppure applicati sulle superfici tramite composti nanotecnologici (ad esempio coatings, materiali cementizi, pitture, piastrelle ceramiche, Figura 1).
È stata anche ampiamente studiata in sistemi acquosi contenenti inquinanti, sostanze chimiche o microorganismi per ottenere un trattamento di purificazione. Recentemente, a causa dell’emergenza legata al Covid-19, la fotocatalisi è stata anche proposta e utilizzata con successo per applicazioni antivirali (ed antibatteriche) su superfici di interni e per la purificazione dell’aria, sempre nello stesso ambito.
Ad onor del vero, a fronte di uno sforzo molto elevato del settore in termini di ricerca, sviluppo e innovazione da parte di molte Società convinte della potenzialità della tecnologia, per diversi anni il mercato non è mai effettivamente decollato in termini di volumi, è rimasto sempre “di nicchia” soprattutto per la mancanza di Norme adeguate alla caratterizzazione e alla quantificazione dell’efficacia dei prodotti.
Molti dei metodi di prova che sono stati pubblicati prima in Giappone e poi a livello internazionale (come Norme internazionali ISO), sono risultati talvolta insufficienti e poco rispondenti alle reali condizioni applicative: senza test ufficiali in grado di valutare e mettere a confronto differenti prodotti per la loro applicazione, i Progettisti, i prescrittori e i decisori si trovano in difficoltà nelle scelte realizzative e nella stesura dei capitolati.
A livello normativo di settore, l’Italia è stata sempre in primo piano (e parte attiva) nella messa a punto di Norme che potessero essere utili per il mercato sia italiano che europeo.
In Figura 2 sono riportate tutte le Norme italiane attualmente pubblicate (sotto l’egida del gruppo UNI CT033/GL01 “Fotocatalisi”). In aggiunta, occorre citare anche la Norma UNI EN 1096-5:2016, relativa alla valutazione delle prestazioni per le superfici rivestite dei vetri autopulenti.
In particolar modo, molti sforzi sono stati dedicati alla pubblicazione a livello europeo (CEN) di una Norma per valutare l’abbattimento di inquinanti gassosi (ossidi di azoto, un gas di riferimento in ambito outdoor), partendo da metodi sviluppati proprio in Italia (ad esempio le Norme UNI 11247 e UNI 11484) per arrivare alla Norma europea UNI EN 16980/1-2022 (evoluzione della UNI 11484).
Questa Norma permette di valutare rivestimenti, campioni di prodotti e anche tessuti utilizzando un reattore di prova a flusso perfettamente rimescolato (in gergo tecnico: reattore CSTR) che riproduce in modo molto semplice la situazione reale, effettiva del materiale in un ambiente inquinato urbano (Figura 3) [1].
Mediante questa Norma non solo è possibile valutare l’abbattimento percentuale in condizioni controllate di temperatura, umidità relativa, livello di illuminazione, ma anche la cosiddetta “velocità di degradazione”, cioè la quantità di inquinante (ossidi di azoto: NO, NOx) degradate per unità di tempo ed unità di superficie.
Questo test sta diventando sempre più utile nei casi in cui vi siano progetti ad elevata sostenibilità ambientale (in un’ottica ESG) nei quali trovano applicazione prodotti fotocatalitici in grado di abbattere gli inquinanti gassosi: utilizzando i risultati della prova, è infatti possibile quantificare le capacità di abbattimento medie per anno di una facciata di un edificio, piuttosto che di una pavimentazione o di un rivestimento di una galleria (chili di ossidi di azoto per anno).
Sempre nell’ottica ESG, si segnala un crescente utilizzo di rivestimenti fotocatalitici su vetri e facciate di edifici, in grado di mantenere più pulite nel tempo le superfici e ridurre i costi di manutenzione.
Le attività in corso
Il gruppo di lavoro nazionale UNI CT033/GL01 “Fotocatalisi” si sta concentrando sulla messa a punto di Norme relative ad altri prodotti inquinanti, come il toluene e la formaldeide (inquinanti organici di riferimento che sono presenti sia all’interno che all’esterno degli edifici) utilizzando lo stesso tipo di reattore della Norma per ossidi di azoto.
Anche in questo caso, la necessità di avere queste Norme deriva da una esigenza di mercato, dove diversi prodotti fotocatalitici potrebbero trovare ampia applicazione per migliorare la qualità dell’aria indoor.
Il metodo del reattore a flusso perfettamente rimescolato sarà anche proposto per la valutazione dell’efficacia, di apparecchiature di purificazione, ingrandendo in scala le dimensioni della camera.
Inoltre, è auspicabile la messa a punto di metodi affidabili per la misurazione in situ delle prestazioni dei prodotti, tramite apparecchiature portatili semplici che possano fornire risultati confrontabili con quelli ottenuti in laboratorio, in condizioni controllate (Figura 3).
La sperimentazione in corso sembra fornire delle indicazioni molto promettenti, anche se la strada per arrivare all’approvazione di Norme al riguardo sembra ancora lunga.
È importante sottolineare la necessità di avere Norme di riferimento per una tecnologia innovativa che deve trovare applicazioni nel campo delle costruzioni, delle infrastrutture e dell’edilizia, perché altrimenti senza metodi di valutazione quantitativa delle prestazioni c’è il rischio di utilizzare dei prodotti proposti che non hanno nulla di verificato a livello scientifico.
Ed è quindi fondamentale che prescrittori o Clienti finali – come le Amministrazioni Pubbliche o Società private – richiedano una dimostrazione quantitativa dell’efficacia del prodotto che viene proposto.
Il passo ulteriore che ci si auspica di compiere è di poter disporre di una rete di laboratori ufficiali in grado di assistere la crescita del mercato e di poter stabilire dei livelli di prestazioni in modo da classificare e quindi certificare prodotti e apparecchiature.
Bibliografia
[1]. C. Minero, A. Bedini, M. Minella – “On the Standardization of the Photocatalytic Gas/Solid Tests”, International Journal of Chemical Reactor Engineering, vol. 11, n. 2, 2013, pp. 717-732, https://doi.org/10.1515/ijcre-2012-0045.
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