Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Posted in:

Il ponte Leonardo da Vinci a Sasso Marconi (BO) – prima parte

Come ricostruire un ponte realizzato quasi 70 anni fa mantenendone l’arco iconico con luce di 144 m, ma allargandolo e adeguandolo sismicamente, in un solo anno, da Gennaio a Dicembre 2023

Ponte Leonardo da Vinci

 La seconda parte dell’articolo relativo al Il ponte Leonardo da Vinci verrà proposta sul fascicolo n° 164 Marzo/Aprile 2024

Il progetto

Il ponte Leonardo da Vinci a Sasso Marconi (BO) è un fondamentale attraversamento del fiume Reno, realizzato a metà degli anni Cinquanta per connettere la Statale “Porrettana” sulla sponda sinistra alla nuova Autostrada del Sole che scorre tra la pianura e Firenze sulla sponda destra.

Dopo 70 anni di esercizio, l’opera è stata chiusa al traffico nel Marzo 2021 per la rottura di un appoggio; l’impalcato manifestava, inoltre, un degrado diffuso e ormai inaccettabile, soprattutto all’intradosso e sulle pile. L’importanza del collegamento ha reso necessario progettarne una riapertura davvero veloce.

Lo stato di fatto

Storicamente, è sempre stato presente un ponte sul fiume Reno in prossimità della confluenza col torrente Setta poiché entrambe le loro valli portano in Toscana attraverso un diadema di borghi tra i principali dell’appennino bolognese.

Nel 1951, la provincia di Bologna indice un concorso per un attraversamento moderno del fiume Reno destinato a collegare il paese di Sasso Marconi, e la S.S. 64 “Porrettana” che lo attraversa, al nuovo casello autostradale della costruenda Autostrada del Sole, fornendo anche un collegamento stabile con la val di Setta sulla S.P. 325, prima sovente legato a guadi temporanei per l’inadeguatezza dei ponti esistenti spesso distrutti dalle piene.

Foto storica del ponte Leonardo da Vinci
1. Il ponte storico in primo piano, visto dalla Rupe; sullo sfondo, il ponte Albano

Sasso Marconi sorge su un terrazzamento alto circa 35 m sulla quota dell’alveo inciso del Reno; la topografia del luogo in fondo non è così dissimile da quella che ha suggerito a Isambard Brunel, cento anni prima, il celeberrimo Clifton Bridge sull’Avon.

La sede individuata per l’attraversamento si situa immediatamente a valle della nota Rupe del Sasso che dà il nome storico al paese prima del riferimento onomastico all’inventore della trasmissione radio. In questo contesto, il nuovo attraversamento acquisì un carattere “speciale” nel panorama italiano dell’immediato Dopoguerra, suscitando così l’interesse dei principali Progettisti italiani.

Tra di essi, Pierluigi Nervi e Carlo Cestelli Guidi si classificano al secondo posto, Sergio Musmeci propone un arco a via intermedia, e Silvano Zorzi assieme ad Angelo Mangiarotti presentano una modernissima travata.

Il progetto vincitore fu quello del Prof. Bruno Bottau (1910-1983), docente di Costruzione di ponti all’Università di Bologna, che scelse di superare il Reno con uno schema ad arco a via superiore con luce di 144 m; l’opera viene realizzata tra il 1954 e il 1957 ed è, al momento dell’apertura, il più grande arco in calcestruzzo italiano, pur venendo presto superato dal viadotto Aglio di Oberti sul valico autostradale tra Bologna e Firenze.

  • Progetto di Sergio Musmeci
    2A Progetto di Sergio Musmeci
    2A. Il progetto di Sergio Musmeci
  • Progetto di Silvano Zorzi
    2B Progetto di Silvano Zorzi
    2B. Il progetto di Silvano Zorzi

La struttura, inizialmente prevista simmetrica, sarà poi spostata verso la riva destra, lato Sirano (dal nome della prima borgata che si incontra nella valle del Setta), inserendo una pila aggiuntiva per la presenza della ferrovia transappenninica Bologna-Pistoia il cui sedime avrebbe altrimenti interferito con le fondazioni del grande arco.

I pilastri della campata in scavalco della ferrovia, molto vicini al binario, costituivano da sempre un elemento di preoccupazione noto.

L’impalcato, con geometria assai moderna per l’epoca, ospitava due corsie di marcia con una larghezza di 9 m e due marciapiedi, per un totale di 11,70 m. La struttura portante di impalcato prevedeva un graticcio di cinque travi alte 1 m collaboranti con la soletta spessa 20 cm; le travi dispari erano direttamente sostenute dai piedritti poggianti, a loro volta, sui tre grandi archi paralleli.

Gli archi, posti a interasse di 4,6 m, hanno una sezione rettangolare con altezza variabile che supera i 5 m alla base e si riduce a 1,80 m in chiave; essi sono collegati da traversi rettangolari verticali, a loro volta di altezza variabile.

Progetto di Bruno Bottau
3. Il progetto vincitore di Bruno Bottau con la traslazione verso Sirano

I piedritti verticali scandivano una successione di 17 campate di luce variabile tra i 12 m, sugli archi, e i 14,80 m della campata che scavalca la linea ferroviaria.

Oltre a quelli in spalla, erano presenti quattro giunti di dilatazione intermedi, dei quali i due esterni posti a separazione della porzione di impalcato che insisteva sugli archi dalle porzioni di estremità, mentre i due interni limitavano gli effetti di dilatazioni termiche sui piedritti corti incastrati alle travi e agli archi.

Lo schema statico prevedeva quindi una successione di telai fino a quattro luci, in parte incastrati all’arco ed in parte appoggiati a terra ed il maggiore degrado era concentrato sulle sezioni di giunto, come fisiologico nei ponti di questo tipo.

Dopo quasi 70 anni di esercizio, l’opera ha manifestato un danneggiamento derivante dalla rottura di un appoggio sulla pila più alta in destra idraulica (pila P15) che ne ha imposto la chiusura totale al traffico nel Marzo 2021, in un quadro di degrado di molte sezioni con espulsione dei copriferri e distacco dei ferri di armatura tesi nelle parti concave per l’insufficienza delle staffe, sempre corrose e spesso rotte.

Interferenza con la linea Bologna-Pistoia
4. L’interferenza con la linea ferroviaria Bologna-Pistoia

Lo stato di progetto

La chiusura del ponte ha suscitato disagi gravosi poiché esiste un solo altro attraversamento locale del Reno, ponte Albano, meno scorrevole e soprattutto limitato dal vicino passaggio a livello, assai sovente chiuso, della ferrovia Porrettana che offre una cinquantina di treni al giorno nel suo tratto suburbano.

L’esigenza di ripristinare in tempi rapidi il collegamento tra le due sponde è stata audacemente raccolta con l’idea di studiare un nuovo impalcato in sostituzione dell’esistente.

Come sempre avviene negli interventi su infrastrutture esistenti, anche se concentrati principalmente su un’opera d’arte, è stato necessario innanzitutto verificare che l’asse del tracciato e le due rotatorie agli imbocchi rispondessero alle vigenti Normative stradali.

Le due rotatorie, presenti agli estremi del rettifilo di circa 250 m che comprende il ponte, vincolano il tracciato stradale, inevitabilmente mantenuto planimetricamente invariato; il sedime stradale è stato comunque rinnovato in termini di sovrastruttura, di barriere di sicurezza di classe H4 BP e di segnaletica sia orizzontale che verticale.

Ponte di Bruno Bottau
5. Il ponte di Bruno Bottau

Data l’interruzione puntuale della viabilità in corrispondenza dell’attraversamento del Reno, si è provveduto in primo luogo allo studio delle due soluzioni provvisorie da mettere in atto durante la cantierizzazione del nuovo ponte. In destra, il nodo tra la S.P. 325 e la S.S. 64 var è stato risolto creando una rotatoria temporanea di scala inferiore rispetto all’attuale e planimetricamente spostata a Nord-Est.

La rotatoria lato Sasso Marconi, che ospita “L’Albero della Comunicazione” (un florilegio di opere in rame di Nicola Zamboni e Sara Bolzan dedicate a Guglielmo Marconi), è stata parzialmente interclusa nell’area ovest del cantiere, mentre la circolazione sulla S.S. 64 è stata assicurata connettendo i bracci di ingresso e uscita della rotonda per mezzo di una porzione della corona giratoria non interclusa nell’area di cantiere.

Per quanto attiene più propriamente al ponte, la soluzione progettuale adottata è stata informata non solo dall’obbligatorietà della posizione pristina, ma soprattutto dal desiderio di conservare l’aspetto identitario dell’opera, così fortemente caratterizzato dal grandioso arco che oltrepassa il Reno.

Si è scelto, così, di recuperare l’arco, o meglio i tre archi paralleli, intervenendovi soltanto con ripristini corticali, e di sostituire il solo impalcato in calcestruzzo armato con una nuova struttura in sistema misto acciaio calcestruzzo.

  • Viabilità provvisoria lato Sasso Marconi
    6A Viabilità provvisoria lato Sasso Marconi
    6A. La viabilità provvisoria lato Sasso Marconi
  • Viabilità provvisoria lato Sirano
    6B Viabilità provvisoria lato Sirano
    6B. La viabilità provvisoria lato Sirano

L’obiettivo di riaprire la strada al traffico in un anno, invero ambizioso, ha suggerito, inoltre, di separare l’intervento di demolizione e ricostruzione dell’impalcato dall’intervento di ripristino degli oltre 5.000 m2 di superficie dei calcestruzzi degli archi; separazione funzionale, ed in parte temporale. Ciò ha reso necessario uno studio di dettaglio della capacità degli archi durante tutto il cantiere ed anche dopo la riapertura, prima del loro completamento.

La nuova larghezza di impalcato è stata aumentata di oltre 4 m, fino a 15,90 m, in modo da affiancare alla carreggiata stradale, adeguata al tipo C2, anche due ampi percorsi ciclo-pedonali laterali larghi 2,5 m.

Come sarà illustrato in seguito, la variazione di massa conseguente ha imposto non poche cautele nei confronti degli archi, strutture dalla millenaria capacità intrinseca di resistere, combinando pressione e flessione, eppure non sempre usuali ai Progettisti contemporanei, usi al FEM e non alla statica grafica.

Naturalmente l’opera è stata adeguata alle vigenti NTC 2018 anche in relazione alla azione sismica, risultato non sempre scontato in un arco in calcestruzzo di queste dimensioni, laddove il rischio di ribaltamento laterale non può essere escluso a priori, nonostante la benefica geometria a tre archi paralleli, relativamente snelli nel piano trasversale.

Sezione trasversale tipica
7. La nuova sezione trasversale tipica

Lo studio del comportamento sismico dell’opera si è basato da un lato sulla più corretta rappresentazione dell’azione sismica e dall’altro sull’approfondimento delle risorse intrinseche dell’opera.

Per il primo obiettivo è stata eseguita un’analisi di risposta sismica locale bidimensionale (RSL2D); per il secondo, fondamentale è stata la certificazione di un primo periodo proprio di vibrazione di circa 1,6 s, misurato in situ prima del cantiere, che ha permesso di tarare adeguatamente il modello di calcolo.

La composizione dell’impalcato è stata semplificata rispetto al ponte esistente, riducendo a tre soltanto le travi principali, poste esattamente in corrispondenza dei tre archi; come conseguenza, gli sbalzi laterali risultano di 335 cm ciascuno e ciò ha suggerito di ordire longitudinalmente la soletta.

Sia le travi sia i traversi sono in acciaio S355 verniciato, realizzati con elementi a doppio T in composizione saldata, con geometria variabile a seconda del cimento statico e della localizzazione degli stessi nell’opera.

In termini generali, si possono distinguere in senso longitudinale tre porzioni di impalcato indipendenti: due laterali con travi continue poggianti sui puntoni inclinati e traversi giuntati in luce tra le travi e la parte centrale, nell’intorno della chiave agli archi, con traversi continui e travi longitudinali, alte solo 70 cm, degenerate in meri dormienti giuntati sulla sola anima in luce tra i traversi.

L’orditura longitudinale della soletta ha concesso in questo caso di controllare correttamente il peso della nuova sezione, come detto più larga di quella preesistente, limitando il getto in C 45/55 con spessore di soli 23 cm, alla sola larghezza carrabile, e realizzando invece in piastra ortotropa i marciapiedi ciclopedonali esterni.

Sezione trasversale in chiave
8. La nuova sezione trasversale in chiave

Avendo adottato prédalle metalliche collaboranti (sempre al fine di semplificare e velocizzare la messa in opera dei macroconci, sollevati già con le prédalle posizionate), la definizione dell’orditura è relativa solamente alla direzione dei tralicci, poiché il fondo continuo in lamiera, opportunamente saldato ai bordi e alle travi, assolve adeguatamente al ruolo di armatura di intradosso in ogni direzione.

La ricerca del peso ottimale del nuovo impalcato, alla fine leggermente inferiore a quello preesistente, è stata condotta tenendo in opportuna considerazione il fatto che, se da un lato il decremento del peso avrebbe migliorato il comportamento sismico dell’opera, dall’altro esso avrebbe ridotto lo stato di compressione degli archi in calcestruzzo, peggiorandone il comportamento a pressoflessione.

La soluzione scelta è stata informata anche del desiderio di rendere il più possibile semplice, oltre che veloce, l’intervento sugli archi da preservare e un accurato studio della geometria e della massa dell’impalcato ha permesso di confermare l’armatura principale già presente negli archi.

Con non poche iterazioni è stato possibile così limitare gli interventi sugli archi ai ripristini superficiali necessari a garantire una nuova vita utile dell’opera di 100 anni e si è proceduto solamente al reintegro delle armature delle sezioni corrose e al trattamento di ripristino del copriferro e successiva impermeabilizzazione della superficie esterna.

Prospetto del ponte Leonardo da Vinci
9. Il nuovo prospetto del ponte Leonardo da Vinci

Questa impostazione progettuale, fondamentale per l’apertura al traffico ancora con gli archi in restauro, è stata quasi completamente confermata anche a seguito delle ispezioni effettuate a ponteggio installato, assai più accurate ed estese di quelle preliminari. È stato tuttavia necessario estendere lo sviluppo dei ripristini delle armature trasversali esistenti, spesso troppo sottili o corrose per svolgere adeguatamente la loro funzione di contenimento.

I piedritti verticali precedenti erano telai a due luci trasversali con traversi di fattura edile e sezione rettangolare, dei quali i più grandi, con lati 80×100 cm, posti in scavalco della campata ferroviaria; essi sono stati sostituiti con puntoni pendolari in acciaio, disposti con inclinazione di 56° in modo pressoché radiale sull’arco.

Tale scelta ha permesso di rispondere all’esigenza di contenere le azioni flessionali sugli archi (nonché a un più modesto desiderio di omaggiare lo schema già proposto da Riccardo Morandi).

I puntoni, realizzati con tubi di diametro esterno di 914 mm e spessore variabile tra 20 e 16 mm, sono disposti ciascuno a collegare una trave con il corrispondente arco sottostante, in modo da definire campate di luce tipica di 20 m.

Lo schema pendolare dei puntoni è stato realizzato su ciascuna estremità degli stessi con perni di diametro 200 mm in acciaio 39NiCr4. Collegamenti a cerniera così fatti hanno consentito soprattutto il già citato vantaggio di non trasmettere sollecitazioni flettenti agli archi, evitando perciò di complicare la realizzazione dei collegamenti sugli archi già dotati di armatura fitta e di grande diametro.

Ritegno triangolare
10. Il ritegno triangolare

Tali collegamenti si riducono così a trasmettere solo compressione e azioni orizzontali e sono stati perciò risolti tramite una flangia con soli otto tirafondi M24 inghisati all’arco e una coppia di tacchi di taglio.

Anche questa scelta, non comune, ha permesso di montare l’impalcato in tempi rapidi, limitando in prima fase gli interventi agli archi a soli pochi metri a cavallo degli ancoraggi.

La ricostruzione dell’impalcato ha permesso anche di eliminare completamente l’interferenza con la linea ferroviaria citata in precedenza. Lato Sasso Marconi, vi è all’uopo un quarto allineamento di puntoni, fondato direttamente a terra, con inclinazione opposta rispetto a quello adiacente; la linea ferroviaria è dunque scavalcata con una campata di luce 22,80 m avente schema ad arco-telaio, laddove il puntone sull’arco dista oltre 20 m dall’asse del binario, tenendo anche conto di un possibile raddoppio della linea.

La geometria inclinata dei puntoni incernierati impone uno schema spingente sulle spalle di nuova realizzazione che si intestano sul terreno roccioso e vi si immorsano tramite un taglione che emerge dall’intradosso della zattera di fondazione. Questa configurazione spingente ha permesso di concentrare le escursioni termiche in prossimità della chiave, laddove sono presenti i due soli giunti di dilatazione dell’opera. Essi separano la porzione centrale di impalcato, che poggia per circa 50 m direttamente sugli archi, dalle porzioni laterali, ciascuna delle quali spinge su una delle due spalle opposte.

La spinta delle tre travi, con un valore massimo prossimo alle 500 t SLU, è traferita alla spalla attraverso appendici triangolari saldate alla piattabanda inferiore che riportano l’azione a contatti lineari Hertziani in acciaio ad alta tenacità Hardox 400.

  • Spalla lato Sasso Marconi
    11A Spalla lato Sasso Marconi
    11A. La spalla lato Sasso Marconi
  • Fondazione del contropuntone
    11B Fondazione del contropuntone
    11B. La fondazione del contropuntone

Fatte salve le fondazioni degli archi, le spalle del ponte esistente sono state demolite e sostituite con nuove strutture su fondazioni dirette di spessore 2,20 m e di dimensioni planimetriche di 12,00×8,20 m per la spalla A (lato Sasso Marconi) e di 12,00×6,45 m per la spalla B (lato Sirano). L’elevazione di entrambe è composta da muri paraghiaia alti circa 2,50 m che si innestano direttamente sulle platee.

Come precedentemente descritto, il primo ordine di puntoni (o contro puntoni) lato Sasso Marconi poggia su un nuovo plinto di fondazione di dimensioni 12,00×3,50 m circa e spessore di 2,00 m, la cui geometria è stata adattata all’inclinazione di 51° dei puntoni che vi si intestano e all’andamento assai acclive del versante.

La soluzione adottata ha permesso di procedere in tempi ridotti alla costruzione delle nuove sottostrutture, salvaguardando sia la circolazione ferroviaria lato Sasso Marconi sia la stabilità dei versanti interessati.

La benefica presenza dell’arenaria ha permesso di escludere la realizzazione di fondazioni profonde e di disporre invece barre autoperforanti φ32 cave di lunghezza variabile tra 3 e 9 m al di sotto delle tre fondazioni nuove. Le stesse barre sono state poste in opera anche sul versante a monte della linea ferroviaria, con funzione di “cucitura/consolidamento” della parte superficiale di attestazione delle platee con il substrato e di tenuta per la scarpata.

Le nuove spalle, oltre ad assolvere alla proverbiale funzione di sostegno della rispettiva porzione di impalcato per i carichi verticali, fungono, come già scritto, da ritegni longitudinali dei telai “zoppi” costituiti dai puntoni pendolari e dall’impalcato medesimo. Per permettere ciò, le platee si ammorsano al substrato arenitico per contrapposizione meccanica del “dente di taglio” profondo 3,00 m contro il terreno nella posizione tergale delle platee in un regime di spinta passiva.

  • Operazione di cantiere
    12A Operazione di cantiere
    12A. Le operazioni di cantiere
  • Operazione di cantiere
    12B Operazione di cantiere
    12B. Le operazioni di cantiere
  • Operazione di cantiere
    12C Operazione di cantiere
    12C. Le operazioni di cantiere
  • Operazione di cantiere
    12D Operazione di cantiere
    12D. Le operazioni di cantiere
  • Operazione di cantiere
    12E Operazione di cantiere
    12E. Le operazioni di cantiere

Conclusioni

In questo articolo è trattato solamente il progetto dei lavori di manutenzione straordinaria del ponte Leonardo da Vinci, evadendo in parte quanto afferma l’occhiello, ciò è a dire che i lavori sono durati un solo anno fino all’inaugurazione del 21 Dicembre 2023.

Le scelte progettuali illustrate sono state fondamentali per raggiungere questo risultato, naturalmente assieme all’impegno dell’Ente appaltante ANAS, Compartimento di Bologna, e delle Imprese coinvolte, sempre affiancati dai Progettisti Politecnica Soc. Coop (strade, cantiere, impianti e ambiente), Matildi+Partners Srl (impalcato) e Studio Mattioli (geologia).

Le operazioni del cantiere, vera ipostasi di quanto qui esposto, saranno trattate in dettaglio prossimamente; ne anticipiamo qui solo qualche immagine.

Nel prossimo numero un secondo articolo approfondirà l’approntamento del cantiere, la decostruzione e la gestione di tutte le interferenze incontrate e risolte.

Dati tecnici

  • Commissario Straordinario: Ing. Eutimio Mucilli
  • Soggetto attuatore/Committente: ST Emilia-Romagna di ANAS SpA
  • Responsabile: Ing. Aldo Castellari
  • RUP: Ing. Gennaro Coppola
  • Direttore dei Lavori: Ing. Luigi Testa
  • Collaudo: Ing. Umberto Riera
  • Progetto definitivo ed esecutivo: RTP costituito da Politecnica
  • Ingegneria e Architettura, Matildi+Partners Srl, Integra Srl e Studio Mattioli
  • Esecutori dei Lavori: Baraldini Quirino SpA
  • Esecutori dei Lavori delle opere metalliche: Europrogressgroup Srl

>  Se questo articolo ti è piaciuto, iscriviti alla Newsletter mensile al link http://eepurl.com/dpKhwL  <