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Requisiti prestazionali e criteri costruttivi del ponte Genova San Giorgio – settima parte

Dal modello geologico al collaudo, il progetto esecutivo del ponte Genova San Giorgio: i requisiti prestazionali e i criteri costruttivi che hanno determinato le scelte ingegneristiche

Il ponte Genova San Giorgio

Tutte le puntate di quest’ampia relazione sono pubblicate in successione a partire dal fascicolo n° 145 Gennaio/Febbraio 2021 e su https://www.stradeeautostrade.it/?s=Requisiti+prestazionali+e+criteri+costruttivi+del+ponte+Genova+San+Giorgio

Questo è il settimo di una serie di articoli inerenti alla progettazione del ponte Genova San Giorgio, un’opera di grande impegno ma, soprattutto, soggetta a vincoli temporali, operativi e comunicativi, non comuni nella costruzione di un viadotto di tali dimensioni.

L’articolo comincia con la descrizione geometrica e strutturale dell’impalcato e prosegue con brevi cenni sui carichi applicati e sulla modellazione strutturale. Nella parte conclusiva viene sinteticamente riportata una descrizione del collaudo e delle finalità specifiche del sistema di monitoraggio dell’opera.

San Giorgio
1. Il concio di impalcato di una campata da 50 m

L’impalcato a sezione mista acciaio-calcestruzzo

La geometria e la sezione strutturale dell’impalcato

La sezione trasversale dell’impalcato nasce dalla volontà dell’Arch. Renzo Piano di rendere l’opera, per quanto possibile, ugualmente percepita da ogni distanza: ha un intradosso curvilineo policentrico (raggi 31,14 m e 26 m) con spessore massimo di 4,837 m (inclusa la pavimentazione stradale).

Su una larghezza di ben 29,8 m, comprensivi dei camminamenti laterali, l’interasse degli appoggi è di soli 7 m, contribuendo alla snellezza delle pile che hanno una sezione ellittica con assi di 4 e 9,50 m.

In apparenza può sembrare che un impalcato così conformato rischi di ribaltarsi a causa delle azioni eccentriche ma le sue dimensioni, e il conseguente peso, precludono questo rischio nonostante l’esposizione ad un vento molto sostenuto; solo sulle spalle è stato necessario, e in ogni caso agevole, disporre gli appoggi con un interasse di 17 m per evitare dispositivi reagenti a carico negativo.

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    2A La sezione tipica dell’impalcato principale
    2A. La sezione tipica dell’impalcato principale
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    2B La sezione di pila dell’impalcato principale
    2B. La sezione di pila dell’impalcato principale

L’intero impalcato è in sistema misto acciaio-calcestruzzo e continuo su tutto lo sviluppo compresa la rampa di svincolo che sarà meglio descritta in seguito.

La continuità, non scontata su uno sviluppo di oltre un chilometro, ha imposto uno studio molto dettagliato del sistema di vincolo e della geometria delle pile per garantire sempre la ricercata durabilità dell’opera.

La sezione adottata, sempre di altezza costante, supera luci di 50 m e di 100 m; risulta evidente come questo implichi uno stato di sollecitazione flessionale sostanzialmente difforme, fino a un quadruplicamento teorico delle sollecitazioni stesse nelle campate più lunghe.

Al tempo stesso, la complessità geometrica della sezione limita, per contro, la possibilità di variare gli spessori delle lamiere in un ambito molto vasto.

A tal fine, si è contenuto il peso delle campate da 100 m, gettando una soletta di spessore ridotto (25 cm invece dei correnti 28 cm) su prédalles metalliche collaboranti in sostituzione delle prédalles in calcestruzzo impiegate nelle altre sezioni.

Nelle campate da 100 m, inoltre, si è adottato, per le parti maggiormente sollecitate, acciaio S460 (Secondo UNI EN 10025-1/2/3 (2005)), in sostituzione del corrente S355.

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3. Ribs longitudinali saldati al fondo del cassone di una campata da 100 m

Una delle particolarità peculiari del ponte San Giorgio, come già ricordato, è la presenza di un impalcato largo 29,80 m ma sorretto da pile larghe solo 9,5 m.

Per ottemperare a ciò, ottenendo una struttura comunque di semplice realizzazione, si è scelto di costruire una cellula centrale portante costituita da un cassone unicellulare con lati di 7 (larghezza) e 4,467 m (altezza massima, della sola carpenteria metallica) con fondo curvilineo.

Uno dei primi problemi connessi a questa soluzione, assieme alla già citata necessità di contenere il peso e utilizzare acciaio S460, è stata la necessità di contenere lo spessore delle lamiere del fondo del cassone entro un limite superiore di 40 mm al fine di poterle curvare secondo la geometria richiesta.

Laddove l’area di acciaio risultava flessionalmente insufficiente sono stati rafforzati i ribs longitudinali fino ad uno spessore di 40 mm, giungendo quasi a un raddoppio dell’area presente.

L’assemblaggio a piè d’opera del cassone è stato agevolato dallo studio dettagliato della sua scomposizione in porzioni trasportabili, anche alla luce della costruzione suddivisa tra le officine “navali” di Fincantieri e le officine di carpenteria pesante.

Se la cellula portante è ben identificata, alcune osservazioni devono essere approfondite in merito alle porzioni laterali dell’impalcato che sono sostenute da strutture triangolari, essenzialmente “strut and tie”, con sbalzi di circa 10 m.

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4. Il remo laterale bullonato al cassone centrale

L’assemblaggio del cassone è stato ovviamente previsto mediante saldatura mentre per le strutture laterali sono stati implementati giunti bullonati in categoria B (secondo UNI EN 1993-1-8:2005); questo anche poiché la posa in opera, a 40 m di altezza, doveva essere più flessibile e libera possibile.

Alcune campate, infatti, sono state montate completamente a terra e altre, invece, limitate al solo cassone centrale portante, in base alla possibilità contingente di disporre le autogrù.

La coppia di cellule laterali, specularmente omotetiche, ospita sia i tubi di convogliamento delle acque di piattaforma (non è stato neppure questo un tema agevole, in conseguenza della scelta di fare un viadotto esattamente in piano lungo 1 km) sia le passerelle continue che, in numero di tre, consentono l’ispezione di tutta l’opera.

Poiché le lamiere di fondo laterali, a meno delle sezioni in corrispondenza delle pile, non devono svolgere funzione portante (si tratta di una lamiera di 10 mm irrigidita solo al fine di mantenerne la forma), nei giunti tra i conci sono disposti collegamenti a baionetta in grado di trasferire il taglio e il momento ma non l’azione normale; così è garantita la continuità geometrica dei bordi affiancati, ma risultano preclusi i rischi di instabilità locale.

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5. Il concio di pila con gambe saldate

A differenza dei ponti usuali, il ponte San Giorgio non ha gli appoggi disposti direttamente sotto alle travi dell’impalcato ma presenta una serie di elementi di transizione, le cosiddette “gambe”, alte circa 1,2 m, che ne enfatizzano la leggerezza percepita dal fondo valle. Il ponte San Giorgio “vola”, così, sulle pile con la snellezza di un gabbiano.

Dal punto di vista dell’Ingegnere, la geometria di questi elementi in carpenteria metallica, poi carterizzati secondo superfici a singola curvatura, è un tema complesso che è stato risolto considerando tutte le situazioni di spostamento, prima che di carico, possibili per gli appoggi.

Al medesimo tempo, il raccordo tra i piatti di grande spessore (60 mm), indispensabili a raccogliere con eccentricità fino a 350 mm le reazioni vincolari massime di quasi 60.000 kN, con le strutture del cassone, ha richiesto uno studio specifico delle transizioni poiché le lamiere inferiori del cassone non superano mai i 40 mm.

Per tutti i diaframmi di pila, inoltre, coerentemente con la scelta della travata interamente continua e dei dispositivi di vincolo, è stata adottata la soluzione strutturale del “doppio diaframma” con distanza pari a 1 m tra le lamiere verticali costituenti le anime; nelle sezioni di pila, in ogni caso, non sono presenti sulla pila i remi esterni, pertanto lo sdoppiamento dei diaframmi non ha implicato una variazione del passo degli stessi disposti sempre in numero di dieci ogni 50 m.

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6. Lo schema delle azioni per la struttura della gamba

La complessa struttura delle “gambe” comprende anche i dispositivi di battuta sismica che, visti i ridotti spazi a disposizione all’estradosso pila, hanno assunto anche la funzione di “castelletti” per il sollevamento dell’impalcato per la manutenzione e sostituzione dei dispositivi di vincolo.

Non irrilevante è risultato pure lo studio geometrico indispensabile per definire la possibilità di accesso alle sezioni da saldare, nello spazio ridotto delle gambe, e la possibilità di ispezione futura a testimonianza dello stato di conservazione.

Per i diaframmi intermedi tipici sono stati previste diagonali di controvento costituite da aste composte con quattro profili a L 150x150x15 collegati alla struttura principale tramite 4+4 bulloni M27 10.9.

Il corrente superiore del diaframma, vincolato tramite piolatura alla soletta, è stato sagomato al fine di seguire la pendenza trasversale della sezione. In curva, con pendenza del 7%, la geometria del traverso presenta due cuspidi, come rilevabile dalla Figura 7.

La soletta collaborante (grazie ai correnti pioli Nelson Φ22×175 mm) ha uno spessore variabile tra 25 e 28 cm ed è gettata con calcestruzzo C45/55; particolare cura è stata disposta nello studio della fessurazione al fine di individuare le zone che potessero richiedere una armatura insensibile alla corrosione.

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7. I diaframmi intermedi del cassone centrale

L’armatura in acciaio Inox è stata predisposta, di conseguenza, nei cordoli laterali e nel cordolo centrale, essendo questi gli elementi della soletta in c.a. maggiormente esposti agli agenti atmosferici.

L’impalcato della rampa, largo fino a 11,70 m inclusi i camminamenti laterali e caratterizzato da un raggio di curvatura minimo di 90 m circa, è stato realizzato, in piena conformità al progetto architettonico, con una coppia di travi caratterizzate e collegate da una controventatura inferiore, secondo lo schema classico del cassone equivalente.

In sede di progetto si è ritenuto ineludibile realizzare la continuità strutturale del piccolo impalcato della rampa (sviluppo 114,523 m e luce massima di 43,328 m) con il ponte principale; la complicazione locale indotta dalla sovrapposizione di due solette con orditura difforme è stata risolta con l’adozione di predalles metalliche, mentre l’inserimento di un vincolo orizzontale quasi perpendicolare allo sviluppo del ponte, sulla spalla, è stato risolto con un isolatore elastomerico.

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    8A La sezione tipica dell’impalcato della rampa
    8A. La sezione tipica dell’impalcato della rampa
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    8B La sezione di pila dell’impalcato della rampa
    8B. La sezione di pila dell’impalcato della rampa

L’interno del ponte San Giorgio, realizzato in acciaio laminato verniciato in classe C5 (“very high”, secondo EN 12944) è deumidificato grazie al posizionamento di sette macchine dal peso di circa 500 kg ciascuna. Per movimentarle è stato necessario inserire un binario continuo (HEA160) all’interno del cassone portante.

La raccolta delle acque di piattaforma, inoltre, ha richiesto l’inserimento di una coppia di tubazioni in vetroresina Φ800 in entrambe le cellule laterali; la possibilità che un tubo si rompa è stata studiata sia come verifica dell’accumulo dell’acqua sul carter di fondo, sia come studio delle necessarie aperture di scolo.

I carichi agenti e la robustezza

L’eccezionalità dell’opera ha suggerito, prima che imposto, una analisi delle azioni sollecitanti estremamente accurata e anch’essa del tutto infrequente.

Il tema “politico” del Ponte San Giorgio che deve durare 1.000 anni non è ovviamente percepito dalle Norme vigenti; l’intenzione dei Progettisti, in termini concreti, è stata quella di analizzare scenari di carico realistici ma estesi alle peggiori condizioni ipotizzabili.

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9. L’intradosso delle travi di impalcato della rampa

I normali carichi stradali da Normativa, ad esempio, sono stati integrati col transito contemporaneo di un mezzo per carichi speciali da 108 t e, soprattutto, è stata approfondita la valutazione della azione eolica, sia con studi CFD sia con specifiche indagini in galleria del vento.

È, difatti, intuibile come, in prossimità del mare a 40 m di altezza e all’esordio di una lunga valle, la mera applicazione delle formulazioni semplificate usuali possa non fornire una entità delle pressioni agenti realistica. In realtà, come sovente accade, le indicazioni normative sono risultate sovradimensionanti rispetto sia al valore di riferimento della pressione cinetica sia in merito al comportamento aerodinamico della sezione dell’impalcato e delle pile con fattori spesso maggiori di due.

Anche in merito alle verifiche a fatica del ponte San Giorgio è stato applicato un principio di massima attenzione impiegando anche lo schema di carico 1 a vita illimitata; il corrente schema di carico 2, infatti, presenta alcuni limiti se utilizzato su sezioni autostradali e luci maggiori di 70 m, così come le verifiche a danneggiamento, secondo gli schemi 3 e 4, implicano assunzioni previsionali sullo sviluppo del traffico che ne possono limitare l’efficacia su assi viari importanti dopo alcuni decenni.

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10. Il diaframma di spalla della rampa

Una citazione specifica merita il tema della robustezza strutturale, peraltro previsto esplicitamente dal Commissario.

Nel progetto del ponte San Giorgio si è inteso ipotizzare e analizzare cinque scenari possibili di situazioni eccezionali che potessero indurre a crisi locali o generalizzate della struttura.

Nel primo scenario si è ipotizzata la crisi di un appoggio, ovvero di un baggiolo o di una pila, nel secondo l’effetto dell’esplosione di una cisterna sulla sede stradale, nel terzo l’impatto di un aereo leggero, quindi la caduta di un coil da 35 t e infine il cedimento di un remo di sostegno della soletta.

Tutte le verifiche, ovviamente, sono state condotte con coefficienti parziali unitari.

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    11 L’armatura della soletta
    11. L’armatura della soletta per la zona di innesto rampa-impalcato principale
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    12 La zona di innesto
    12. La zona di innesto rampa-impalcato principale

La modellazione

Il progetto dell’impalcato è stato sviluppato da Italferr con il supporto dello studio Matildi+Partners; questo ha permesso di affrontare tutte le principali tematiche con un approccio critico duale e con software diversi (Midas Civil 2017 ver. 2.1 e SAP2000 ver.20.2.0), in contemporanea e con reciproco controllo.

Anche se, apparentemente, questa scelta può apparire una fonte di lentezza, la sinergia efficace implementata ha incrementato realmente la produttività del procedimento, assieme a un primo controllo continuo dei risultati.

Per una analisi efficace di un impalcato in sistema misto è necessario approcciarsi in termini di caratteristiche della sollecitazione piuttosto che con una semplice valutazione degli stati tensionali, trovandosi in presenza di sezioni talora in classe 4; quindi la modellazione analitica globale è stata impostata con elementi finiti di tipo Beam. I vincoli esterni, schematizzati con elementi Boundary, rispecchiano il reale vincolamento della struttura.

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    13A Il modello di calcolo
    13A. Il modello di calcolo globale
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    13B Il modello di calcolo globale
    13B. Il modello di calcolo globale

La struttura è stata modellata con lo scopo di dimensionare la trave principale a cassone: pertanto si è considerata una trave principale con 361 e la rampa con 46 elementi di tipo Beam che rappresentano la sezione resistente a cassone, assieme a elementi trasversali aventi la medesima scansione dei traversi d’impalcato con lo scopo di ripartire il carico.

La trave principale è suddivisa in 47 sezioni strutturali, mentre la rampa e suddivisa in 15 sezioni strutturali. Per tener conto dell’altezza dell’impalcato, nel modello sono stati considerati dei bracci rigidi con lunghezza pari alla distanza degli appoggi e verticali per avere la stessa eccentricità del baricentro della sezione dal piano di appoggio.

Il collegamento tra l’impalcato e la pila è stato effettuato tramite link in grado di simulare il reale vincolamento della struttura, realizzato prevalentemente con pendoli a basso attrito e assegnandone, tramite uno studio iterativo, la rigidezza equivalente.

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    14A Modelli di calcolo
    14A. Un esempio tra i vari modelli di calcolo implementati con differenti software
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    14B Modelli di calcolo
    14B. Un esempio tra i vari modelli di calcolo implementati con differenti software
  • San Giorgio
    14C Modelli di calcolo
    14C. Un esempio tra i vari modelli di calcolo implementati con differenti software
  • San Giorgio
    14D Modelli di calcolo
    14D. Un esempio tra i vari modelli di calcolo implementati con differenti software
  • Impalcato
    14E Modelli di calcolo
    14E. Un esempio tra i vari modelli di calcolo implementati con differenti software
  • Impalcato
    14F Modelli di calcolo
    14F. Un esempio tra i vari modelli di calcolo implementati con differenti software
  • Impalcato
    14G Modelli di calcolo
    14G. Un esempio tra i vari modelli di calcolo implementati con differenti software

Per lo studio e il dimensionamento degli elementi secondari sono stati implementati, invece, modelli tridimensionali agli elementi finiti specifici per gli elementi indagati.

Ad esempio, per l’analisi delle mensole esterne e del carter nonché per l’interazione tra gli stessi e l’impalcato e stato approntato un modello globale schematizzante due campate da 50 m, mediante elementi PLATE.

Da questo modello sono poi, di volta in volta, stati estrapolati dei sotto-modelli per le singole analisi di dettaglio.

  • Wood-Armer in direzione longitudinale
    15A Wood-Armer in direzione longitudinale
    15A. I momenti di Wood-Armer in direzione longitudinale
  • Wood-Armer in direzione trasversale
    15B Wood-Armer in direzione trasversale
    15B. I momenti di Wood-Armer in direzione trasversale

Ulteriori modellazioni di dettaglio sono approntate per i diaframmi di spalla e di pila, comprensive degli elementi della gamba e del ritegno per il sollevamento.

Congiuntamente a questi modelli sono stati implementati modelli bidimensionali per la soletta; su di essa, in particolare, le verifiche sono state condotte col metodo di Wood-Armer che considera l’effettivo comportamento dell’elemento, aggiungendo agli sforzi flessionali correnti anche l’effetto della torsione di piastra.

Gli effetti degli scenari previsti per le verifica di robustezza, inoltre, sono stati coerentemente controllati anche per la soletta. Nella Figura 16, ad esempio, è rappresentata la deformata di una porzione di impalcato, generata dal cedimento di un remo di sostegno della soletta.

Lo scenario cedimento remo
16. La configurazione deformata per lo scenario “cedimento remo”

Il collaudo e il monitoraggio strutturale in esercizio

Per il collaudo del ponte San Giorgio, sono state previste e successivamente eseguite in opera 11 prove di carico statiche e due prove di carico dinamiche. Per le prove statiche sono stati disposti fino a 44 mezzi (bilici da 46 t) al fine di ottenere il 100% del carico di progetto, in combinazione SLE rara.

Per ottenere i momenti flettenti di prova (negativi e positivi), con la sagoma dei mezzi a disposizione, è stato necessario sfruttare tra circa l’80 e il 100% dello spazio utile sulla piattaforma stradale delle campate da 50 m e tra il 40% e il 60% nel caso delle campate da 100 m.

Al fine della caratterizzazione dinamica è stata effettuata, due volte, una serie di prove OMA (Operational Modal Analysis), indirizzate a rilevare i principali modi di vibrare e le frequenze delle campate di luce maggiore, e una prova attiva di frenatura con otto mezzi.

  • Massimi momenti flettenti in mezzeria
    17A Massimi momenti flettenti in mezzeria
    17A. La configurazione dei camion per i massimi momenti flettenti in mezzeria di una campata 50 m
  • Massimi momenti flettenti negativi
    17B Massimi momenti flettenti negativi
    17B. La configurazione dei camion per i massimi momenti flettenti negativi in corrispondenza della pila P4

La prima frequenza longitudinale, individuata in 1,06 Hz dalle prove OMA e in 1,0÷1,1 Hz dalle prove di frenatura, è perfettamente in linea con i risultati analitici del modello di calcolo, considerando gli appoggi in configurazione fissa.

La prima frequenza trasversale ottenuta dalle prove OMA è risultata di 0,97 Hz, anch’essa in linea con i risultati numerici del modello.

La frequenza del primo modo verticale delle campate da 100 m, individuata in 1,1 Hz sia dalle prove OMA che da quelle di frenatura, risultata pari a un 10% in più di quella attesa; essa denota un 5% in più di rigidezza flessionale verticale, correttamente giustificata dall’inerzia non fessurata dei conci di testa pila.

La configurazione dei camion in cantiere
18. La configurazione dei camion in cantiere per i momenti flettenti negativi

Il progetto del sistema di monitoraggio, che come noto viene predisposto per acquisire le informazioni fondamentali per gli elementi costituenti il ponte San Giorgio, nel caso in esame è stato progettato per consentire:

  • una verifica della congruenza tra il progetto e il costruito (verifica in fase di costruzione);
  • il controllo della variazione del livello di sicurezza nel tempo (supporto nella fase di vita);
  • un ausilio alla pianificazione razionale delle attività di manutenzione (supporto di gestione).

La verifica della congruenza è avvenuta con successo già durante le fasi costruttive del ponte San Giorgio e durante le fasi di collaudo statico. La misurazione, in primis, degli stati deformativi e di conseguenza l’acquisizione indiretta delle grandezze tensionali, assieme alla misurazione degli spostamenti assoluti, hanno definito i parametri iniziali del sistema di controllo.

L’installazione dei dispositivi
19. Un esempio di schema per l’installazione dei dispositivi utili al monitoraggio

I controlli della sicurezza avverranno, in seguito, in due fasi: la prima di lunga durata, riguardante la valutazione della perdita di capacità dell’opera nel tempo come conseguenza del normale degrado delle strutture, e la seconda di breve durata, afferente all’insorgenza di anomalie, come conseguenza di eventi eccezionali (cedimento dei suoli, azioni sismiche).

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