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La nuova viabilità di Tor Vergata e il ponte sulla A1 per il Giubileo

La Società Giubileo 2025 ha commissionato alla struttura territoriale Lazio di ANAS SpA, in qualità di Ente attuatore, la realizzazione della nuova viabilità di accesso a Tor Vergata e alle strutture ricettive delle Vele

Vele e ponte ad arco

La nuova viabilità delle Vele

L’intervento comprende una nuova viabilità di svincolo sulla A1, una sistemazione e razionalizzazione di quella presente ai due lati dell’Autostrada con la rimozione di due cavalcavia ormai obsoleti e la realizzazione di un nuovo ponte che valorizzi l’intervento ponendosi come porta di accesso di Roma Sud.

L’area di intervento ricade nel settore orientale della città di Roma, all’interno del VI Municipio ed è compresa tra Via Casilina a Nord e Via Tuscolana a Sud; il Grande raccordo Anulare ne definisce il margine Ovest. Al centro delle due consolari si snoda l’Autostrada A1 – diramazione Roma-Napoli – che costituisce l’asse di innesto del progetto.

Il paesaggio è quello tipico delle periferie urbane, caratterizzato da insediamenti di espansione residenziale pianificati e non, dalla presenza di numerosi servizi pubblici (università, ospedali, centri di ricerca, centri commerciali) e da un sistema infrastrutturale che poggia sugli assi della Casilina, della Tuscolana e della diramazione autostradale Roma Sud e gestisce gli spostamenti locali attraverso i due anelli di comunicazione costituiti da Via dell’Archiginnasio, da Via di Tor Vergata e da Viale della Sorbona.

Dal punto di vista orografico è un territorio prevalentemente pianeggiante, ricco di vaste aree inedificate e di suoli permeabili e solcato dal reticolo idrografico che affluisce a Nord nell’Aniene. Il sistema viario della zona interessata dal progetto di completamento è rimasto fondamentalmente inalterato dal 2001 ad oggi, ad esclusione della realizzazione del viadotto Torrenova e della sua viabilità complementare.

La planimetria di Tor Vergata
1. La planimetria dell’intervento

Considerazioni urbanistiche

A partire dagli anni 50 del secolo scorso, intorno a Via di Torrenova, vennero realizzate una serie di lottizzazioni esterne al perimetro del Piano Regolatore del 1931. Il Piano Regolatore Generale adottato il 18 Dicembre 1962 e approvato il 16 Dicembre 1965 legittima l’aggressione dell’Agro Romano prevedendo una sanatoria urbanistica dei suddetti insediamenti e individuando, a cavallo del raccordo autostradale, un’ampia area destinata ad “attrezzature di servizi pubblici generali”.

Il PRG attualmente vigente nell’area in esame pianifica l’eliminazione del cavalcavia di Via Ragusa e del relativo svincolo di uscita, il potenziamento del cavalcavia di Passo Lombardo, oggetto della presente progettazione, l’eliminazione dell’attuale svincolo di accesso alla diramazione A1 da Via di Passo Lombardo, il completamento delle complanari destra e sinistra con i relativi svincoli e la realizzazione del cavalcavia di Torrenova.

Gli unici punti in cui il progetto si distacca dalla pianificazione sono costituiti dall’eliminazione di Via Paolo Valenti sulla complanare destra, dall’inserimento di un’uscita dalla stessa complanare verso Via di Passo Lombardo e dall’inserimento di una rotatoria all’incrocio di quest’ultima con Via Sartre. 

L’assetto viario esistente

L’attuale configurazione viaria presenta dei gravi squilibri e singolarità. Si riscontra la mancanza di efficaci collegamenti infrastrutturali locali che obbligano gli utenti ad effettuare tragitti lunghi e tortuosi e in alcuni casi manovre pericolose (come l’ingresso diretto in autostrada da una viabilità di quartiere). Inoltre, le sezioni e geometrie esistenti sono inadeguate alla gestione dei futuri flussi.

Aggiungendo le considerazioni precedenti relative alla presenza di cavalcavia che impediscono l’allargamento della sede autostradale, si capisce come, nella maggior parte dei casi, le problematiche possono essere ricondotte a una infrastrutturazione del quartiere rimasta incompleta dagli interventi per i Mondiali di Nuoto del 2009.

Il nuovo assetto viario

Il progetto della viabilità di completamento si prefigge di risolvere le criticità analizzate nell’assetto viario esistente e al tempo stesso accogliere le richieste dei comitati di quartiere. Per avere il quadro completo dell’ambito complesso in cui si inserisce il progetto, bisogna citare sia i vincoli fisici (archeologia, espropri, interferenze con l’autostrada), sia quelli dettati dai tempi stringenti necessari per far sì che l’opera sia fruibile per il Giubileo 2025.

Ci si è trovati a dover superare e tutelare un’emergenza archeologica di una villa romana ricadente nei pressi della complanare sinistra (con effetti diretti sulle quote della complanare e di conseguenza sulle quote del cavalcavia di progetto) ed è stato necessario fare in modo che il tracciamento dei nuovi assi ricadesse all’interno delle aree già espropriate negli interventi precedenti.

La nuova configurazione in progetto è infatti frutto di un’attenta analisi degli interventi precedenti con l’obiettivo di massimizzare il riutilizzo delle opere già realizzate ma nel contempo di risolvere alcune sue criticità.

Modello geologico in sito
2. Il modello geologico in sito

Il progetto della viabilità di completamento prevede la realizzazione di due nuove rotatorie su Via di Passo Lombardo, la prosecuzione delle attuali due complanari, quattro rampe di collegamento alle complanari (tre parzialmente realizzate e una nuova di progetto), di una nuova opera d’arte di scavalco e un nuovo asse in variante plano-altimetrica rispetto all’attuale configurazione di via di Passo Lombardo come illustrato in Figura 1.

Oltre a questi nuovi assi, nel progetto si inserisce anche l’adeguamento di tre rampe esistenti e dei due dispositivi di ingresso e uscita dall’Autostrada A1 Dir.

Geologia e geotecnica

Le caratteristiche geologiche sono rilevabili dall’esame dalla Carta Topografica d’Italia I.G.M, dalla quale si può ricavare uno stralcio geologico prossimo all’area che permette di capire la sequenza geologica e gli spessori delle formazioni ivi presenti.

Un’importante campagna di indagini è stata portata avanti per poter ottenere informazioni precise su un’area che, essendo disposta alle pendici del vulcano Albano, è caratterizzata da terreni vulcanici che notoriamente hanno una variabilità laterale che dipende da una moltitudine di fattori con implicazioni importanti sugli spessori riscontrabili in sondaggio. Nonostante ciò, l’area non è interessata da fenomeni franosi e rischio frana in generale.

La stessa campagna rilievi sopra citata è servita per ricostruire l’assetto di raccolta delle acque dell’intera area, per cui è stato previsto un sistema di raccolta e drenaggio di tipo aperto tramite fossi di guardia e collettori di tipo ARMCO per garantire il deflusso di eventuali portate ruscellanti fino al recettore idrico Fosso della Botte di Luciano.

Il modello in Figura 2 sopra riporta le quote riferite al controllo diretto in campagna delle stratigrafie, più particolareggiato per la necessità di comprendere la genesi dei materiali, ma definito sulla base delle caratteristiche riscontrabili visivamente e dal punto di vista tattile dei terreni in loco.

I materiali in posto, come si evince dalla stratigrafia, sono costituiti da circa 35 m di piroclastiti albane, interrotte da un paleosuolo rossastro visibile già da circa 67 m s.l.m., come riscontrato da alcuni sondaggi. Eppure, al di sotto di questo paleosuolo, la serie vulcanica non cambia in aspetto, continuando nell’alternanza di prodotti vulcanici dall’alto verso il basso con sabbia e al di sotto limi della stessa natura seguiti da livelli di tufo che generalmente hanno spessori dai 5 ai 10 cm circa, solo in taluni casi raggiungono il metro.

Il nuovo ponte ad arco sulla A1

Il nuovo ponte sorgerà praticamente in asse a quello previsto dal progetto precedente il quale prevedeva uno schema classico a trave continua su tre campate per una lunghezza complessiva di circa 85 m. Di questo ponte erano state realizzate le due spalle, la pila lato Sud e la fondazione della pila lato Nord.

Queste pile ricadevano però in una posizione molto scomoda in quanto vincolanti per i futuri allargamenti della A1 e per l’inserimento delle contro strade. In pratica, oggi si sarebbe potuto anche prevedere due appoggi intermedi che ricadessero tra la sede attuale della A1 e le contro-strade di progetto ma questa posizione sarebbe stata di intralcio per le configurazioni future dove avrebbero rubato spazio per l’allargamento della A1.

Ponte ad arco
3. Il nuovo ponte ad arco

Si noti infatti che oggi una pila, per quanto sottile, con i necessari spazi di funzionamento delle barriere dai due lati, toglie di fatto una corsia di marcia alla infrastruttura che passa sotto a un’opera di scavalco.

Si è deciso pertanto di realizzare un’opera di scavalco a luce unica tra le due spalle esistenti che vengono recuperate inglobandole nelle nuove. Con una luce unica di 85 m circa sarà possibile in futuro allargare e/o modificare il fascio infrastrutturale che la sottopassa.

Dovendo realizzare una luce unica di quella portata e non volendo realizzare un’opera visualmente troppo ingombrante e in definitiva impattante, è gioco-forza necessario ricorrere a una struttura a via inferiore dall’impalcato snello, quindi in questo caso, da un arco a spinta eliminata.

Gli scriventi hanno già realizzato diversi archi di questo tipo sempre con ritorni piuttosto positivi. Gli archi a spinta eliminata realizzati in carpenteria metallica sono infatti relativamente economici ma soprattutto molto robusti e di grande valore architettonico. L’arco è sempre e comunque evocativo in quanto richiama tutta la storia del nostro spazio costruito, sia edile che infrastrutturale.

La cosa più sensata per fare un bell’arco è di farlo semplice e lineare, senza cercare il sensazionalismo con geometrie inutilmente complesse o altri fronzoli. Gli archi devono infatti essere con geometria in funicolare e snellezza elevata. Nella maggioranza dei casi è opportuno siano due, uno da entrambi i lati della carreggiata, controventati tra loro per poterli fare snelli e robusti.

Si sono visti negli ultimi anni archi con geometria fuori funicolare, archi variamente inclinati o obliqui, archi singoli che scimmiottavano soluzioni utilizzate nel caso di grandi luci dove la cosa può avere un senso ma che non ne ha nel caso di portate medio-piccole come quella in esame.

Per lo scavalco della A1 si è quindi scelta una configurazione molto semplice e lineare con due archi in funicolare leggermente inclinati verso l’interno per ottimizzare la loro controventatura. L’impalcato adotta il classico schema a struttura mista con le travi in acciaio a doppio T che fungono da catena (chiudono la spinta degli archi) e soletta collaborante.

Anche con uno schema così semplice e lineare vi sono però una serie di scelte tecniche ed architettoniche che non sono banali e che saranno discusse in maggior dettaglio nel capitolo successivo.

Una di queste ha una forte valenza architettonica e con un risvolto che si attanaglia al ponte in oggetto. Il nuovo ponte non sarà infatti in piano dato che la spalla Nord (lato Vele) è più alta di quella a Sud dovendo da questo lato tenersi più alti per salvaguardare una preesistenza romana che obbliga le controstrade da questo lato della A1 ad avere una livelletta a quota superiore (circa 2 m) rispetto a quella dell’asse della A1 e della controstrada a Sud.

Ponte ad arco sul Prino a Imperia
4. Il nuovo ponte ad arco sul Prino a Imperia

Il manufatto è quindi realizzato con una pendenza del 2,5% circa. Se si fosse scelta una configurazione perpendicolare dei pendini rispetto al manufatto (impalcato) si sarebbe immediatamente letta la mancanza di verticalità dei pendini; se viceversa si fossero adottati dei pendini verticali si sarebbe dovuto realizzare un arco rampante, seppure appena accennato.

Si è pertanto scelta una configurazione dei pendini convergente: questa dona all’arco una funicolare che non è più parabolica ma si avvicina all’arco di cerchio. Con questa configurazione a raggiera si ottiene il vantaggio di nascondere la leggera pendenza dell’arco potendosi quindi realizzare una soluzione simmetrica con grande semplificazione costruttiva e un risultato architettonico molto efficace.

La disposizione centripeta (a raggiera) dei pendini rafforza infatti la potenza evocativa dell’arco arricchendolo con un fuoco che ne sottolinea il suo essere centro e sintesi delle forze in gioco.

Aspetti strutturali del nuovo ponte sulla A1

Un primo punto dirimente quando si progetta un arco di questo tipo è la sezione da adottare per gli archi, che sappiamo sono compressi e che quindi beneficiano molto dalla scelta di una sezione chiusa, che è molto più resistente di una aperta. Il problema delle sezioni chiuse è però che sono più costose e, su queste luci medio-piccole, difficili da ispezionare in quanto piuttosto anguste.

Su queste luci non è peregrino utilizzare quindi sezioni aperte (tipicamente dei doppio-T ma anche delle U), che richiedono un po’ più di materiale ma permettono una costruzione più agevole. Per opere in cui si cerca il massimo di semplicità ed economicità, la sezione aperta può essere quindi conveniente ed è questa la soluzione che è sempre stata adottata per le grandi travi reticolari a via inferiore che sono le cugine strette degli archi a spinta eliminata.

Se però si deve fare un ponte che per la sua collocazione richiede una maggiore attenzione all’aspetto estetico, è innegabile che la sezione chiusa sia preferibile. Per i piccoli archi si possono utilizzare tubi strutturali commerciali che possono raggiungere diametri di oltre 1 m.

Il problema di questi elementi è che sono tipicamente costosi e di difficile approvvigionamento dato che la richiesta del mercato è relativamente ridotta. Archi molto più grandi in cui si vogliano impiegare sezioni circolari cave vengono invece realizzati mediante calandratura.

Se pertanto si vuole realizzare un arco non sufficientemente grande da giustificare il processo di calandratura e non abbastanza piccolo da permettere di utilizzare tubi commerciali piccoli di facile reperibilità, si ricade in un intervallo in cui la cosa più ragionevole è quella di realizzare sezioni cave assemblate mediante saldatura di piatti piani o a singola curvatura.

In questo caso la sezione più efficace è quella che più si avvicina al cerchio o comunque ad un’ellisse quindi tendenzialmente una sezione poliedrica. Dato che maggiori sono le facce maggiore il numero di saldature, si cerca di limitarne il numero. Sezioni triangolari sono ovviamente non molto efficienti, quelle rettangolari sono migliori ma non particolarmente belle, quelle esagonali molti efficaci e belle.

Nuovo ponte sul Ticino
5. La sezione esagonale degli archi del nuovo ponte sul Ticino

Nella scelta della sezione di un arco è importante tener conto dell’attacco dei pendini. Questi introducono delle forze localizzate che devono essere distributive sulle lamiere della nostra sezione poliedrica.

Gli archi molto grandi utilizzano tipicamente pendini a trefoli con ancoraggi che vanno a battuta su un sistema di irrigidenti che distribuisce il carico concentrato ai piatti della nostra sezione. Sul Ticino, ad esempio, il pendino passa la sezione e si ancora sul lato opposto rispetto a quello da cui entra senza bisogno di particolari irrigidenti in quanto gli archi sono riempiti in calcestruzzo.

Negli archi piccoli è molto più semplice ed efficace realizzare i pendini con funi e capocorda, tipicamente a forcella. Proprio per questa peculiarità si è optato per una sezione pentagonale dove, mantenendo una configurazione simmetrica, è possibile attaccare i pendini sullo spigolo in basso trasferendo quindi il tiro di questo elemento alle due facce della sezione che vi convergono.

Un ulteriore aspetto che, sebbene trascurabile dal punto di vista dei costi e del risultato architettonico complessivo ha invece una valenza strutturale fondamentale, è quello legato all’interazione tra soletta carrabile e impalcato metallico, ovvero le travi di bordo che fungono da catena.

Dato che l’impalcato è teso, dovendo chiudere le spinte degli archi è ovvio che il calcestruzzo della soletta non dia grande contributo, anzi potrebbe fessurarsi proprio perché va in trazione.

La soletta è però opportuno sia collaborante con i trasversi metallici che la sostengono in quanto semplifica ed irrobustisce il loro comportamento che è soggetto a momenti positivi (trave poggiata).

In definitiva, è necessario studiare l’interazione tra questa soletta e il comportamento a catena della carpenteria metallica. Si vede che la soluzione da adottare tende verso uno dei due estremi: soletta staccata, praticamente flottante che collabora con i trasversi nella parte centrale della carreggiata ma interferisce il minimo possibile con il comportamento a tirante delle travi laterali, e soletta che invece solidarizza tuttol’orizzontamento inferiore, travi e trasversi.

Nel caso del ponte sulla A1 si è scelta questa seconda ipotesi che dà ovviamente, a parità di spessore dell’impalcato e quantità di materiale, un risultato molto robusto. I problemi di fessurazione, che sono per altro non particolarmente gravi in quanto la soletta compartecipa nella funzione tirante solo per gli accidentali, sono stati risolti all’origine.

Come per tutti gli ultimi ponti realizzati dalla Integra recentemente, si è optato infatti per armatura totalmente zincata, un incremento di costo irrisorio a fronte di un aumento di vita utile piuttosto marcato, tanto più apprezzabile in quanto il ponte deve essere costruito e quindi mantenuto e rimpiazzato a fine vita utile, su di una grande e trafficata arteria autostradale.

Sezione pentagonale degli archi
6. La sezione pentagonale degli archi

Aspetti costruttivi e varo del nuovo ponte sulla A1

Questi archi a spinta eliminata oggi vengono varati, dove possibile, mediante l’utilizzo di carrelloni gommati che li sollevano dalle imposte, ovvero in prossimità degli appoggi definitivi, e li trasportano nella loro posizione definitiva. Questo sistema permette di montare queste strutture anche ad alcune centinaia di metri dalla loro posizione definitiva, in un piazzale dove tali operazioni non interferiscano con l’esercizio.

Nel caso del ponte di Tor Vergata questa soluzione non è però di facile implementazione in quanto manca uno spazio adatto all’assemblaggio del ponte che sia prossimo alla posizione definitiva e alla quota adatta. Ma la difficoltà ancor maggiore è che il ponte non è in piano ed una spalla si trova molto più in alto dell’altra in quanto, lato Vele (Nord), l’autostrada è praticamente in trincea.

In definitiva, per poter utilizzare questa soluzione bisognerebbe realizzare un rilevato sulla A1 che regolarizzi il piano di varo per permettere il transito dei suddetti carrelloni.

Esiste però una alternativa altrettanto vantaggiosa e che riduce drasticamente le interferenze con l’esercizio della A1, ed è il varo di punta. Il ponte sarà pertanto assemblato a Sud dell’autostrada e quindi spinto nella posizione definitiva con una traslazione longitudinale utilizzando la pila esistente lato Sud (che sarà poi demolita) ed un supporto provvisorio che utilizzerà la fondazione già costruita della pila lato Nord (Vele) prevista per l’originario scavalco a travata.

Con questi due supporti, la luce libera di varo è di poco superiore ai 30 m e anche se gli archi ovviamente soffrono nei vari longitudinali quando gli appoggi provvisori impegnano l’impalcato in posizione diversa dagli appoggi definitivi, l’operazione risulta abbastanza semplice.

Si deve infatti considerare che il ponte in configurazione di varo è molto leggero, poiché c’è solo la carpenteria metallica e la lamiera grecata su cui sarà poi gettata la soletta. Volendo si può anche già predisporre l’armatura di quest’ultima, anche solo nella metà posteriore dove il suo peso risulta ininfluente.

Da tenere conto, infatti, che il varo utilizzerà delle slitte fisse sulle due pile provvisorie – lo scorrimento è pertanto tra slitta e ponte che avanza – mentre in coda il supporto sarà fisso rispetto alla struttura, ovvero la supporterà in prossimità degli appoggi definitivi e lo scivolamento/rotolamento avverrà tra questo supporto e il piano di varo.

In definitiva, la spinta sulla autostrada, una trentina di metri circa, i più delicati, si può realizzare in una notte eventualmente chiudendo al traffico per ulteriore sicurezza, anche approfittando delle chiusure comunque necessarie per la rimozione dei due cavalcavia esistenti.

Simulazione in notturna
7. Una simulazione in notturna

Conclusioni

Per il nuovo ponte di scavalco della A1 si è voluto adottare, d’accordo con ANAS, Comune di Roma e Società Giubileo 2025, una soluzione di pregio architettonico che assolvesse alle due funzioni simboliche di porta di accesso al complesso delle Vele ma soprattutto manufatto monumentale di entrata e benvenuto, per chi proviene da Sud, alla Città Eterna.

Quando si deve realizzare una singola luce senza campate di accesso su portate comprese tra 50 e 200 m circa, l’arco rappresenta sicuramente la tipologia strutturale più indicata.

Gli archi sono strutture molto evocative che oggi, grazie all’acciaio, possono assumere diverse configurazioni e possono essere utilizzate su di un intervallo di luci piuttosto ampio.

L’opera progettata, per la sua semplicità, funzionalità e fortissima ottimizzazione strutturale si è senz’altro ispirata a quei criteri di firmitas, utilitas e venustas già individuati duemila anni fa da un nostro celebre concittadino.

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