Giornali e siti online riportano quasi ogni giorno annunci di progressi, più o meno eclatanti, nella ricerca sui veicoli autonomi.
Due ultimi esempi: il 16 Febbraio 2019 lo Sceicco del Dubai ha annunciato la prossima presentazione (Auto Shanghai, Aprile 2019) di un’auto elettrica capace dei livelli di automazione 4 o 5, che sarà poi “completamente” prodotta in Dubai dalla Società WMotors, in una nuova fabbrica; il 20 Febbraio gli ha fatto eco Elon Musk, annunciando che la Tesla “completamente autonoma” sarà pronta per la fine del 2019 e che, verso la fine del 2020, “il guidatore potrà, volendo, schiacciare un sonnellino mentre l’auto lo porta alla destinazione”.
Altri attori e osservatori sono decisamente più prudenti, ma prospettano comunque un’evoluzione – seppure più lenta – destinata ad arrivare al livello 5 solo verso il 2030; non mancano, infine, osservatori che affermano che il livello di completa automazione potrà anche non verificarsi mai, viste le inerenti difficoltà.
È arrivato il momento di chiarire le prospettive reali, tenendo presente un semplice fatto: le evoluzioni “disruptive” ogni tanto avvengono e comportano conseguenze industriali e sociali; la – eventuale, forse prossima – rivoluzione dell’auto a guida autonoma può avere conseguenze molto radicali non solo sull’industria dell’auto ma anche sui servizi di trasporto e sul mercato del lavoro e, infine, sulla vita di tutti e sulle nostre città. Vale certamente la pena di occuparsene.
La rivoluzione della guida senza guidatore
Chiariamo innanzitutto che l’elemento veramente rivoluzionario, che apre a scenari “disruptive”, è la guida “senza guidatore”, a carattere “universale” (livello 5: le persone in auto sono passeggeri e nessuno, né localmente né in centri remoti, deve continuamente sorvegliare la guida: l’auto è capace di gestirsi in ogni condizione, da sola); gli altri livelli di automazione sono evoluzioni, che portano benefici significativi soprattutto in termini di sicurezza ma non cambiano, se non parzialmente, il mondo del trasporto.