Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Guardrail inadeguati, sono a rischio sicurezza 600.000 chilometri di strade in Italia

Il recente e grave incidente di Mestre ripropone con forza il tema della sicurezza passiva dei guardrail lungo le strade italiane e che si riferisce a tutto ciò che sta al di fuori del veicolo, ma impatta sulla sicurezza dei trasporti. I guardrail rientrano nei sistemi di sicurezza passiva.

I decisori pubblici e il mondo politico in generale dovrebbero fare una profonda riflessione: in Italia, parlando di barriere di sicurezza, ci sono almeno 600.000 chilometri di strade comunali, provinciali e regionali a rischio in quanto le amministrazioni locali, a cui è affidata la gestione di queste infrastrutture, non hanno né le risorse finanziarie, né gli obblighi di legge e neppure la competenza tecnica per adeguare le barriere ai più moderni standard di sicurezza. Se poi aggiungiamo il fatto che la normativa sulle barriere di sicurezza, a livello europeo e non solo italiano, è vecchia di 30 anni, si comprende quali rischi si corrano quotidianamente lungo le strade.

A lanciare un simile allarme è un’autorità in materia:

La società Aisico, un’autorità in materia nei crash test e nelle prove di impatto dei veicoli contro barriere di sicurezza stradali e attenuatori ferroviari, attraverso il suo amministratore delegato l’ingegner Stefano Calamani lancia un allarme.

Spiega Calamani: «Ciò che è accaduto a Mestre ci deve spingere a ragionare sul sistema globale della sicurezza stradale in Italia. Ci sono tre criticità: i guardrail, i ponti e le gallerie. Ora si parla continuamente di veicoli elettrici. Bisogna sapere che questi veicoli pesano molto di più di quelli tradizionali. Le norme di crash, inoltre, risalgono a circa trent’anni fa, quando i mezzi in circolazione erano assai diversi rispetto a oggi. Quindi, in caso di impatto con un veicolo elettrico, gli attuali guardrail, anche quelli di ultima generazione, non sono in grado di contenerlo, proprio perché pesa assai di più e, in caso di incendio, i motori elettrici sono molto più difficili da spegnere».

I problemi però riguardano anche le dimensioni di alcuni veicoli non elettrici, per esempio i pullman a due piani. Continua Calamani: «Si sappia che questi pullman a doppia altezza nessuna barriera al mondo li può contenere, perché hanno un baricentro talmente alto che appena sbattono contro la barriera si ribaltano. Se noi consentiamo di mettere sulle strade dei veicoli alti, che pesano di più, che hanno velocità più elevate rispetto agli standard di trent’anni fa e poi non adeguiamo le norme sulle barriere, abbiamo un enorme problema». E così, stante l’immobilismo della politica, spetta ai privati come Aisico farsi avanti.

La società italiana, in collaborazione con il mondo accademico, è impegnata a presentare alla Commissione europea una proposta di revisione delle norme sulle barriere di sicurezza. Le quali, a loro volta, devono evolvere verso un concetto smart: non più un semplice pezzo di ferro montato a bordo strada, ma installazioni dotate di sensori, luci integrate e così via.

Prosegue il ceo di Aisico: «La responsabilità della revisione delle norme non può certo ricadere sulle spalle dei privati. Deve essere innanzi tutto l’Europa a ridefinire le regole, oggi del tutto obsolete. In particolare, non è previsto alcun obbligo per i gestori delle strade di adeguare le barriere ai nuovi standard. Qui però bisogna distinguere: lungo i 6.000 chilometri della rete autostradale a pedaggio, gli investimenti in sicurezza sono adeguati. Anche lungo la rete Anas (25.000 chilometri) c’è attenzione.

Il problema si pone per tutto il resto della viabilità ordinaria, che fa capo agli enti locali, ovvero ai circa 600.000 chilometri di strade comunali, provinciali e regionali, dove la situazione è nel complesso disastrosa, anche perché le amministrazioni non hanno alcun obbligo di sostituzione dei guardrail». Al riguardo, esiste solo una norma molto generica del Codice della strada, là dove si dice che un ente che gestisce una strada deve tenere in ordine la propria rete stradale. Niente di più. «Ma anche ammesso che ci sia un obbligo – sottolinea Calamani – mancano sia le risorse finanziarie sia le capacità tecniche per adeguare le proprie barriere. L’amara verità è che siamo stati fortunati, dopo il caso di Avellino, dove si è verificato un incidente più o meno analogo a quello di Mestre, che per 10 anni non sia più accaduto niente del genere. Ma se avessimo incidenti del genere anche tre, quattro, cinque volte l’anno non ci sarebbe da sorprendersi».