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Giovannini “Nel Mezzogiorno oltre la metà dei cantieri. E formeremo 40 mila tecnici”

(Come riportato in una nota del MIMS)

Intervista del ministro Giovannini rilasciata a “La Repubblica”.

Si riporta il testo dell’intervista che il ministro Enrico Giovannini ha rilasciato a Roberto Mania de “La Repubblica”.

«Credo che il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili sia uno dei ministeri più avanti nella attuazione dei progetti del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza», dice Enrico Giovannini, economista, già presidente dell`Istat e capo statistico dell`Ocse, oggi responsabile del Mims. Ha appena firmato il decreto che assegna 2,8 miliardi (più 20 milioni di fondi nazionali) per la rigenerazione urbana: 159 progetti per migliorare la qualità della vita nelle città, nelle periferie e nei centri, senza consumare altro suolo. Spiega che il 40 per cento di quei 2,8 miliardi andrà per interventi nelle regioni meridionali.

Ma le città e le regioni del Mezzogiorno che storicamente hanno avuto sempre difficoltà ad utilizzare le risorse europee riusciranno a cogliere questa occasione?

«Considero una ottima notizia il fatto che il 40 per cento delle risorse stanziate sia destinato al Sud. Vuol dire che l`obiettivo della rigenerazione urbana ha stimolato anche il Mezzogiorno ad affrontare seriamente la sfida del bando per i progetti pubblicato dal ministero».

Eppure, proprio nelle regioni meridionali non tutti sono convinti che effettivamente il 40 per cento dei fondi del Pnrr arriveranno in quelle aree. Si sostiene che di fatto siano meno.

«Ritengo che i calcoli del ministero della Economia, che ha validato il Pnrr dei singoli ministeri, siano stati fatti in maniera accurata».

Una critica, allora, che non sta in piedi?

«No. Pensi che dei 62 miliardi assegnati al nostro ministero dal Pnrr circa il 56 per cento andrà alle regioni meridionali».

Perché questa percentuale è così alta rispetto agli altri settori?

«Perché i progetti dell’alta velocità ferroviaria da Napoli a Bari o da Salerno a Reggio Calabria prevedono investimenti molto cospicui, così come l’elettrificazione delle ferrovie nel Mezzogiorno o la sperimentazione dei treni all’idrogeno. Ma anche perché la riduzione dei divari territoriali è stato uno dei principi cardine della programmazione degli interventi, tant’è che il coefficiente di disuguaglianza territoriale nell’accesso alla rete ferroviaria si ridurrà del 38 per cento».

Quando si apriranno i cantieri per realizzare i 159 progetti per rigenerare le città?

«I soggetti vincitori (Regioni, Province e Comuni) hanno trenta giorni di tempo per confermare i progetti proposti, che devono essere conclusi entro il 31 marzo del 2026. Poi partirà la progettazione e la definizione dei cronoprogrammi, compresi quelli per l’apertura dei cantieri. Tutti i progetti – ancorché molto eterogenei – devono rispettare il principio europeo del do not si graficant harm. Il rispetto dell’ambiente è cogente per tutto il Pnrr, compresi gli interventi di riqualificazione edilizia. E a molti è sfuggito che lo stesso principio si applicherà anche quando si utilizzeranno i fondi comunitari 2021-2027».

Bene, ma se poi non ci sono i tecnici in grado di far rispettare il cronoprogramma salta tutto?

«Il decreto sulla governante del Pnrr prevede che i poteri sostitutivi non riguardino solo gli enti attuatori locali, ma anche i ministeri. Per questo è fondamentale un sistema di monitoraggio molto accurato lungo tutta la catena decisionale. Ovviamente, la capacità di progettazione e realizzazione dipende dal soggetto appaltante: nel caso, per esempio, delle Ferrovie non ci sono di certo problemi di questo tipo. Ciononostante, abbiamo previsto procedure speciali per le 10 opere più complesse. D’altra parte, la questione della preparazione del personale degli enti locali – spesso troppo scarso – di fronte alle nuove regole del Pnrr esiste».

Ecco, come pensate di affrontare questo tema per nulla secondario?

 «Come ministero abbiamo dato vita alla “Pnrr Academy”. È un’iniziativa senza precedenti in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione e altri proprio per formare i tecnici che nelle stazioni appaltanti dovranno applicare le nuove procedure previste dal Pnrr».

Quanti sono i soggetti da formare?

«Puntiamo a 40 mila responsabili unici del procedimento che operano nei vari enti attuatori. Sono corsi online per imparare ad usare i nuovi strumenti normativi e procedurali previsti dal Pnrr che sono molto più semplificati rispetto a quelli del codice degli appalti».

L’attuazione del Pnrr rischia di essere compromessa dall’aumento del costo dell’energia?

«Parlerei di aumento dei prezzi delle materie prime in generale, in presenza di un boom delle costruzioni in tante aree del mondo. C’è stato un incremento formidabile dei prezzi del legname, dell’acciaio, del rame. Il governo, esattamente come nel 2009 per l’uscita dalla recessione del 2008, è intervenuto con un fondo da100 milioni di euro per integrare le risorse a disposizione delle stazioni appaltanti necessarie a fronteggiare gli aumenti in termini di costo del primo semestre 2021».

Saranno sufficienti?

«Se non saranno sufficienti li integreremo con la prossima legge di Bilancio».

Altro tema cruciale è quello del costo della transizione ecologica. L’obiettivo della neutralità climatica nel 2050 non è troppo ambizioso e per questo troppo costoso?

«E quanto costano i 60 mila morti l’anno che abbiamo in Italia per cause legate all’inquinamento atmosferico? Questo è il problema che abbiamo ormai da anni, con danni gravissimi per l’economia e la società. Anche i costi dovuti dal dissesto idrogeologico sono destinati a crescere se non si fa nulla. Lo spiegano bene nel loro rapporto consegnato al presidente Macron gli economisti Olivier Blanchard (ex capo economista dell’Fmi, ndr) Jean Tirole (premio Nobel nel 2014, ndr) che non esiste più la logica dei due tempi: prima pensare alla ripresa economica e poi alla transizione ecologica e alla lotta alle diseguaglianze. Le tre cose vanno affrontate insieme. Ed è esattamente questa la logica del Next Generation Eu. Per questo il 70 per cento dei 62 miliardi che dovrà gestire il Mims contribuisce alla lotta alla crisi climatica».