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Quanto costerebbe non fare la TAV Torino-Lione?

Una versione, quella dei favorevoli all’opera, rigettata dai No TAV, che sul loro sito hanno pubblicato una nota dal titolo “Ma quali penali!”, in cui si sostiene che “Non ci possono in ogni caso essere penali, posto che non sono stati ancora nemmeno indetti gli appalti per far iniziare i lavori”, e dunque le affermazioni che pronosticano due miliardi di euro di penali sono “falsità”.

In base a quanto ci hanno riferito sia fonti della Commissione Europea sia Paolo Beria – professore del Politecnico di Milano esperto di trasporti – pur nell’opacità (e complessità) dei dettagli che circondano la TAV, è vero – come sostengono i No-TAV – che non siano previste penali europee nel caso in cui l’Italia abbandoni il progetto.

Abbiamo allora contattato il dottor Foietta per avere ulteriori precisazioni. “Confermo che penali a livello europeo non ci dovrebbero essere, e del resto io non ho mai parlato di penali. Il punto è che se l’Italia uscisse unilateralmente dal progetto TAV gli altri attori istituzionali coinvolti, Unione europea e Francia, potrebbero rivalersi e chiedere il risarcimento dei costi sostenuti”.

“In particolare – prosegue Foietta – sono già stati spesi 1,4 miliardi di euro per le opere preliminari. Di questi oltre un miliardo provenivano dall’Unione Europea (700 milioni circa) e dalla Francia (350 milioni circa). Se l’opera non venisse completata per una decisione dell’Italia, chi ha speso quei soldi per un’opera che poi non viene compiuta potrebbe chiederceli indietro”.

Oltre a questi eventuali risarcimenti, ci sarebbero altre cifre da restituire. “A questo miliardo circa possiamo poi aggiungere gli 813 milioni di finanziamento europeo per il 2014-2019, già stanziati, che l’Italia dovrebbe restituire e non potrebbe spendere – come alcuni dicono – per scuole, ospedali o altro. C’è infatti un chiaro vincolo di destinazione.”

Gli 813 milioni di fondi europei non sarebbero però una perdita secca. Come spiega il professor Beria, “si tratta di un co-finanziamento. Cioè oltre a quei soldi l’Italia dovrebbe spenderne altri, propri, per completare l’opera. Se l’opera viene ritenuta inutile, è vero che non ho i fondi europei per farla e dunque li devo restituire, ma non spendo nemmeno fondi italiani, e dunque di fatto ho un risparmio”.

C’è infine un terzo capitolo di spese a cui si dovrebbe far fronte, anche se qui i dettagli sono più incerti e gli esiti finali in parte arriverebbero dopo procedimenti giudiziari. Dice infatti il commissario Foietta: “Se consideriamo i costi per la chiusura dei cantieri esistenti e per la messa in sicurezza degli scavi, oltre a possibili contenziosi con le imprese che hanno già ottenuto l’incarico per i lavori, si arriva facilmente a più di due miliardi di euro”.