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Anas, Armani: “Spenderemo per il Sud dodici miliardi in cinque anni”

«Mettere la scadenza finale ad una grande opera è già un buon inizio». Sembra un paradosso ma si scopre subito che nelle parole di Gianni Vittorio Armani, da dieci mesi presidente di Anas, c’è ben altro.

La consapevolezza, ad esempio, di essere il primo «tecnico» a mettere la parola fine alla storia dell’incompiuta per eccellenza, la Salerno-Reggio Calabria dei 50 anni e passa di cantieri, polemiche, ritardi e inchieste della magistratura. Tocca a me l’ultimo tratto dopo la decisione del governo di porre un limite conclusivo all’opera: è un segnale importante e l’Azienda è nelle condizioni di rispettarlo», dice nel giorno dell’inaugurazione di un’altra importante infrastruttura Anas al Sud, la Variante di Grottaminarda, compresa tra la strada statale 90 «delle Puglie» e l’ex statale 91 «della Valle del Sele», in provincia di Avellino. «È costata i 36 milioni previsti, non un euro in più, con standard di qualità ottimali», spiega Armani, il manager della svolta per l’Anas come dimostrano i 36 dirigenti di prima linea da lui sostituiti in pochissimo tempo.

Torniamo alla Sa-RC non avevate previsto di finire i lavori entro la primavera del 2017? Perché quest’anticipo? «La svolta si è avuta dopo la riapertura, nel luglio 2015, del cantiere del tratto Mormanno-Laino borgo, il più complicato di tutti con i problemi legati all’agibilità del viadotto Italia. Parliamo di un cantiere con 1500 addetti su tre turni di lavoro e di un’opera assai impegnativa da mettere in sicurezza. Abbiamo raddoppiato gli scavi sulle gallerie e riorganizzato in generale il piano di interventi. Uno sforzo massiccio e fondamentale per l’intera autostrada. Era l’ultima, indispensabile priorità: il resto non poteva che passare in secondo piano».

Vuol dire in sostanza che l’autostrada è stata di fatto completata? Insomma che l’inaugurerete davvero il 22 dicembre? «Sì. Rifarla ancora, progettando altre varianti per lavori che non sono più decisivi, avrebbe comportato spese eccessive e in fondo anche inutili. Dopo il completamento di quest’ultimo tratto e la messa in opera di interventi sempre più puntuali di manutenzione, si può ben dire che ormai siamo al traguardo. E senza andare a discapito della qualità: gli standard medi della Salerno-Reggio Calabria sono comparabili a quelli della Firenze-Bologna o dell’autostrada del Brennero».

Cosa manca ancora? «Piccole cose, penso ad esempio alla sistemazione dell’illuminazione a led delle gallerie. Faremo anche quella, senza ritardi. Certo, ci saranno tratti più moderni e altri meno moderni ma mai al di sotto dei livelli di sicurezza e affidabilità».

Arriverà il pedaggio una volta portati a termine gli ultimi lavori? «Non è l’Anas a deciderlo, come sa. La mia opinione è che sulla rete stradale e autostradale del Paese occorrerebbe una tariffazione più ampia. Di sicuro la densità del traffico al Sud non è tale da giustificare una spesa forte. Gli automobilisti pagano già tante tasse, meglio investire risorse nelle strade».

Che valore ha per lei, appena insediatosi, il completamento di quest’opera attesa da oltre mezzo secolo? «Enorme, è ovvio. Ma non vorrei che si trascurasse un dettaglio a mio giudizio altrettanto importante: la chiusura dei lavori della Sa-RC fa parte di quel piano quinquennale di impegni che rappresenta la vera svolta nella storia dell’Anas. Non più lavori ed opere che si annunciano e non finiscono mai, come purtroppo è accaduto, ma una vera e propria pianificazione con risorse certe. Spenderemo 20 miliardi nei prossimi 5 anni e 12 di essi nel Mezzogiorno dove peraltro la presenza di infrastrutture dell’Azienda è maggiore».

Come li spenderete, nel concreto? «Il 45 per cento in manutenzione e il resto nel completamento di infrastrutture esistenti. Nella mia cartina dell’Italia queste ultime non mancano di certo… Scherzi a parte, la differenza di metodo e di priorità rispetto al passato è evidente. Prima si concepiva l’infrastruttura come uno strumento per portare risorse economiche nel collegio elettorale. Oggi, e lo dimostra proprio il caso di Grottaminarda, è vero il contrario: le infrastrutture stradali che raggiungono la logistica, i portici e la rete ferroviaria sono strumento di sviluppo del territorio».

In Campania ci sono priorità di questo genere? «Certo, pensi ad esempio alla statale Vesuviana e al peso decisivo nel collegamento delle merci da Napoli al porto di Salerno e più in generale al Sud: migliorare la sicurezza di quest’asse vale davvero moltissimo sul piano economico».

Chiudere la storia infinita della Sa-RC è stato possibile grazie anche all’impegno della magistratura e delle forze dell’ordine: è d’accordo? «Sicuramente. Il mio grazie alla magistratura e alle forze dell’ordine è sincero. Il loro lavoro, questo costante monitoraggio delle nostre imprese unito all’esigenza di trasparenza che dovrà caratterizzare sempre di più il ruolo dell’Anas in ogni sua componente, è un valore aggiunto».

Lei sta conducendo una vera e propria campagna per liberare l’Anas dalla Pubblica amministrazione: perché? «lo credo che la Pubblica amministrazione abbia speso male le proprie risorse per tantissimo tempo. Ed era naturale che la politica imponesse una stretta per evitare di penalizzare ulteriormente i cittadini. Noi siamo un’azienda industriale a tutti gli effetti e abbiamo quindi l’esigenza di non subire regole troppo rigide, valide soprattutto per chi opera negli uffici pubblici. Per questo vogliamo essere equiparati alle FS o alle utility o alle Poste: siamo pronti ad assumerci i rischi di ogni manager d’impresa».

Il decreto Madia ve lo impedisce, però… «Si può superare questo problema con un dpcm del presidente del Consiglio, ad esempio».

E le nuove assunzioni annunciate? Mille, a quanto pare… «Mille, sì. Anche qui: noi abbiamo l’assoluta necessità di personale qualificato, ricco di competenza e di qualità professionale per la delicatezza dei compiti che ci sono assegnati. Non possiamo continuare ad affidare certi servizi in outsourcing, com’è accaduto finora, o pensare di affidarci al personale in esubero degli enti locali, con tutto il rispetto. L’Anas ha bisogno di competenze per stabilire se un ponte è a rischio di crollo o no e, mi creda, non ne abbiamo a sufficienza. Non ci sono cantonieri in Puglia, per esempio. E ce ne sono pochi in Campania e Sicilia».

Si riparla del Ponte sullo Stretto di Messina: aldilà delle inevitabili strumentalizzazioni politiche, lei è favorevole o contrario? «Io credo che prima di parlarne bisognava completare la Salerno-Reggio Calabria. Ora che ci siamo bisogna stabilire le priorità: e la manutenzione delle infrastrutture esistente è sicuramente al primo posto. Direi che è la misura della civiltà di un Paese. Dopo di che, è giusto spiegare che il ponte sullo Stretto è un’opera fattibile. Se realizzabile e quando non spetta a me dirlo».

II nuovo codice degli appalti, al quale hanno lavorato il ministro Delrio e il presidente Anac Cantone, è anch’esso una svolta? Si riuscirà a eliminare la pratica del massimo ribasso che spesso è sinonimo di scarsa qualità del lavoro dei subappalti? «Credo proprio di sì. Lei pensi che solo di contenziosi l’Anas ne ha accumulati per 9 miliardi di euro, una cifra a dir poco enorme. Purtroppo l’attuale codice degli appalti impedisce la scelta delle imprese sulla base di criteri di qualità. Quella che ha realizzato la variante di Grottaminarda è stata un caso fortunato».

Un caso? «Sì, un caso. Nelle attuali condizioni selezionare aziende con standard elevati per gli appalti pubblici è praticamente impossibile salvo alcune eccezioni, come visto. A Grottaminarda c’è stata l’eccezione alla regola».

E i subappalti? «Insieme al massimo ribasso sono di fatto l’unica strada in cui non si registrano contenziosi. Ma così i livelli di qualità ai quali dobbiamo tendere, e non solo per la sicurezza delle opere, non sono una priorità. E le conseguenze spesso si vedono».