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Progettazione e livelli di prestazione per il ponte sullo Stretto

Proprietà geometriche ineludibili e requisiti prestazionali obbligatori che eventuali proposte progettuali devono soddisfare

Stretto di Messina

L’inizio dell’attività nel 2002

20 anni fa, nel mese di Gennaio, veniva avviata presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti l’attività del Comitato Tecnico Scientifico sul ponte di Messina.

Il Comitato era coordinato dal Prof. Remo Calzona della Sapienza e composto dai Proff. Vittorio Nascè del Politecnico di Torino (strutture in acciaio), Giovanni Solari dell’Università di Genova (azione del vento), il sottoscritto Franco Bontempi della Sapienza (analisi strutturali), Alberto Prestininzi della Sapienza (geologia), Massimo Grisolia della Sapienza (geotecnica) oltre a un rappresentante di ANAS e uno di RFI.

L’obiettivo era riprendere in mano il progetto del ponte definito alla fine del 1992 dalla Società Stretto di Messina SpA – il cosiddetto Progetto Preliminare (PP92) -, sul quale ANAS e Ferrovie dello Stato avevano espresso il loro parere tecnico nel corso degli anni 1994 e 1995, eventualmente aggiornandolo.

Nello sviluppo di una struttura così eccezionale come il ponte di Messina è naturale un collegamento con il progresso delle conoscenze e la conseguente complessità delle attività. Ad esempio, in Giappone il Ministero delle Costruzioni aveva avviato le indagini per i ponti sullo Stretto di Akashi e sullo Stretto di Naruto nel 1959, e la Honshu-Shikoku Bridge Authority era stata fondata nel 1970: il ponte principale, infine, è stato inaugurato nel 1998.

Modellazione dell’impalcato
1. La modellazione dell’impalcato all’incrocio con le pile

È quindi naturale che il progetto di opere estreme rifletta il contesto tecnico-scientifico del momento e rappresenti una sintesi destinata ad essere superata nel futuro. Questa considerazione vale per tutti gli aspetti di un progetto: coinvolge anche le sensibilità sociali, gli indirizzi politici, le conoscenze scientifiche e le competenze tecniche, le tecniche costruttive e i materiali disponibili, ecc..

Ad esempio, per quanto riguarda le capacità computazionali e le possibilità di rappresentazione grafica dei risultati, nelle migliaia di pagine di documentazione a supporto del Progetto Preliminare (PP92) si trovano le analisi strutturali svolte dalla Società Steinman di New York chiamata come consulente internazionale: in esse si trovano immagini come quella di Figura 1.

Tale immagine (ottenuta come si può vedere alle ore 10.26 del 20 Novembre 1992) rappresenta la zona critica dell’incrocio dell’impalcato del ponte (due cassoni stradali laterali e quello ferroviario centrale) tra le due gambe del pilone: si era utilizzata una macchina fotografica reflex per riprendere lo schermo di cui si nota la curvatura e, nel merito, è indicativo osservare la discretizzazione utilizzata (mesh).

Progettazione prestazionale
2. Lo schema della progettazione prestazionale (Performance-based Design)

La revisione critica del Progetto Preliminare (PP92) è durata circa un anno con incontri a scadenza settimanale del Comitato Tecnico Scientifico, in cui anche attraverso specifiche audizioni, furono esaminati tutti gli aspetti del progetto.

In particolare, fondamentali furono le considerazioni relative al traffico ferroviario e alle necessità della navigazione. Uno dei risultati più importanti fu, infatti, la negoziazione con le Autorità per la definizione di una zona navigabile con franco di 65 m e larghezza ridotta a 600 m posta in asse allo stretto di Messina: in questo modo, il profilo del ponte poteva essere abbassato con ovvi risvolti economici specie sulle zone di avvicinamento all’impalcato centrale tra le due sponde a terra.

In questa fase di ricognizione del Progetto Preliminare furono sviluppate (anche attraverso lo specifico contratto di ricerca con la Sapienza – “Attività scientifica per la definizione della cornice concettuale e degli strumenti operativi di progetto e di analisi”) differenti modellazioni numeriche tese ad esplorare e valutare la sensibilità della soluzione rispetto a macroparametri quali le altezze delle antenne e la disposizione dei cavi.

Questa attività di analisi strutturale e ancora di più le discussioni dei risultati permisero di acquisire consapevolezza delle varie problematiche, anche con la valutazione di quelle che potevano essere considerate non conformità, di gravità diverse, presenti nei pareri del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, nelle relazioni di ANAS e di FS, e negli approfondimenti dell’Advisor internazionale Steinman.

Tiro dei cavi
3. L’andamento del tiro dei cavi sotto azione del vento e sotto transito di un treno

Alla fine del 2002, tale Comitato ha sintetizzato le proposte progettuali nel documento “Indirizzi progettuali e deliberazioni per il progetto preliminare” che ha portato alla redazione del Progetto Preliminare (PP03), approvato dal CIPE nell’Agosto 2003, che definiva le proprietà geometriche ineludibili e i requisiti prestazionali obbligatori che dovevano essere soddisfatti da eventuali proposte progettuali.

La preparazione dei documenti di gara dal 2003 al 2004

Alla fine della prima metà del 2003, il Comitato Tecnico Scientifico fu trasferito dal Ministero delle Infrastrutture alla Società Stretto di Messina, con una composizione allargata: Prof. Remo Calzona, Sapienza (Coordinatore); Prof. Massimo Grisolia, Sapienza (geotecnica); Prof. Fabio Casciati, Pavia (affidabilità e sicurezza); Prof. Alberto Prestininzi, Sapienza (geologia); Prof. Giovanni Solari, Genova (azione del vento); Prof. Pier Giorgio Malerba (ponti); il sottoscritto Prof. Franco Bontempi Sapienza (analisi strutturali); Prof. Raffaele Casciaro, Cosenza, Prof. Santi Rizzo, Palermo – in seguito Prof. Giuseppe Muscolino, Palermo; Prof. Marc Panet, Parigi (gallerie).

Il compito di tale Comitato era, partendo dal Progetto Preliminare (PP03), portare a una configurazione del ponte – denominata colloquialmente Progetto di Gara (PG04) – come base per eventuali proposte progettuali migliorative che potevano essere presentate dai futuri vincitori della gara per la realizzazione dell’opera di attraversamento.

Tutte queste attività hanno portato, alla fine del 2004, al documento “Basi di progettazione e livelli di prestazione attesi per il ponte” che definiva gli aspetti fondamentali del progetto e stabiliva i livelli di prestazione attesi che dovevano essere raggiunti e soddisfatti in ogni successivo sviluppo progettuale, nelle fasi costruttive e dalla struttura del ponte ultimata e collaudata. È da rilevare che tale documento constava di 60 pagine solamente. 

Analisi strutturali
4. Il quadro delle analisi strutturali a supporto delle scelte progettuali

La progettazione prestazionale

Il quadro generale individuato per l’impostazione del progetto del ponte, presentato nel documento sopra citato, era quello prestazionale (Performance-based Design).

Tale approccio può essere rappresentato dallo schema riportato nella Figura 2 e descritto come di seguito:

  1. sono precisati i carichi da traffico ferroviario e stradale che si vogliono far transitare sull’opera;
  2. è definito il contesto ambientale in cui è posta l’opera, individuando le magnitudo delle azioni naturali (in particolare, caratteristiche del vento e di intensità del sisma);
  3. sono ottenute da simulazioni numeriche e attività sperimentali le prestazioni attese (transitabilità) e i livelli di sicurezza ottenibili;
  4. questi risultati sono valutati e se ritenuti soddisfacenti e adeguati si interrompe il processo;
  5. altrimenti, si apre una fase di negoziazione e di eventuale riformulazione degli obiettivi del progetto in termini di utilizzo e disponibilità dell’opera, tornando al punto 1) per una ulteriore iterazione.

È intrinseca la delicatezza e la natura tendenzialmente conflittuale di questo processo. Infatti, la definizione di livelli prestazionali e di sicurezza troppo elevati può portare a richiedere strutture che sono irrealizzabili, sia tecnicamente sia economicamente.

Scomposizione del sistema strutturale
5. La scomposizione del sistema strutturale del ponte nelle sue parti e gli elementi

Viceversa, definire livelli di prestazione e di sicurezza troppo bassi può convincere la fattibilità di un’opera che però risulta inadeguata e potenzialmente perfino non sicura. In questa ottica, il Comitato Tecnico Scientifico, pur trovandosi pesantemente tra differenti e anche contrastanti attese e pressioni, ha mantenuto sempre un atteggiamento indipendente, obiettivo, imparziale ed equilibrato.

È evidente la centralità delle valutazioni numeriche attraverso modellazioni sofisticate: in particolare, se è vero che sperimentazioni ad hoc come in galleria del vento possono essere significative, esse sono naturalmente orientate a singoli aspetti mentre è solo attraverso una analisi strutturale completa che si tiene in conto la globalità e la contemporaneità della risposta dell’opera, ad esempio azione del vento e transito ferroviario.

Nella Figura 3 sopra è illustrata la storia temporale del tiro nei due cavi (Nord e Sud) come ottenuti da una analisi dinamica nonlineare della durata di 1 ora (3.600 secondi) in cui si nota l’effetto del passaggio di un treno sul ponte. Nella Figura 4 sopra, il quadro complessivo delle analisi sviluppate.

La comprensione e la scomposizione dell’opera di attraversamento

La progettazione di un’opera d’arte è un’attività di sintesi che presuppone una chiara visione di come sarà composta la struttura. Nel documento “Basi di progettazione e livelli di prestazione attesi per il ponte” del 2004, l’intera struttura del ponte era organizzata gerarchicamente come mostrato nella Figura 5 sopra.

Rottura di pendini
6. La simulazione della rottura di pendini ai fini della robustezza strutturale

Si classificavano le parti strutturali in tre livelli:

1. macroscopico, relativo a dimensioni geometriche confrontabili con l’intero attraversamento e con ruolo generale nel comportamento strutturale; le parti così considerate erano:

  • un sistema principale, connesso con il meccanismo resistente globale;
  • un sistema secondario, collegato con la parte strutturale caricata direttamente dal traffico autostradale e ferroviario;
  • sistemi ausiliari, relativi a specifiche operazioni che il ponte poteva normalmente o eccezionalmente affrontare durante la sua vita di progetto: manutenzione, manutenibilità ed emergenza;

2. mesoscopico, relativo a dimensioni geometriche ancora rilevanti rispetto all’intera costruzione ma legate a un ruolo specifico nel sistema complessivo;

3. microscopico, relativo a dimensioni geometriche minori e ruoli strutturali specializzati: sono componenti o elementi.

L’importanza di questa suddivisione era molteplice:

  • l’organizzazione della struttura è in primo luogo connessa con i percorsi di carico che devono essere sviluppati all’interno della struttura stessa: questa suddivisione può chiarire al gruppo di progettazione i compiti di ciascuna parte della struttura e guidarne la concezione;
  • parti appartenenti a livelli diversi di tale organizzazione richiedono proprietà di affidabilità diverse; per quanto riguarda le condizioni di cedimento strutturale, tale scomposizione consente di classificare i singoli meccanismi critici in ordine di rischio e conseguenze in caso di cedimento: ad esempio, sempre nella Figura 5 sopra, sono indicati da riquadri gialli, arancioni e rossi, zone di livelli differenti (decrescenti) di danno accettabile; tali requisiti qualitativamente assunti possono essere tradotti quantitativamente definendo differenti livelli di sollecitazione nelle diverse parti del ponte;
  • esistono forti relazioni tra ciclo di vita e manutenzione delle diverse parti: con riferimento alla loro funzione strutturale, ai livelli di sicurezza richiesti e alla loro riparabilità, strutture e sottostrutture si distinguono in componenti primarie (critiche, non riparabili o che richiedono che il ponte sia da mettere fuori servizio per un periodo consistente in modo che possano essere riparate) e componenti secondarie (riparabili con lievi limitazioni al funzionamento del ponte).
Stati limite e periodo di ritorno
7. L’individuazione degli stati limite e il periodo di ritorno

Come caso specifico, si può considerare l’intero sistema di pendini, che può essere classificato come componente strutturale principale in relazione alla sicurezza strutturale globale del ponte, mentre un singolo gruppo di pendini può essere considerato un componente secondario per la sua riparabilità e/o capacità di sostituzione. 

Gli aspetti generali

La filosofia progettuale e costruttiva del ponte doveva essere fondata sui seguenti principi di base:

  1. garantire la sicurezza strutturale e la qualità funzionale per tutta la sua vita utile di progetto (sicurezza e affidabilità);
  2. ridurre, o quantomeno non amplificare, effetti dovuti a disturbi esterni (quali condizioni ambientali naturali o antropiche) o interni (quali alterazione di materiali e componenti e variabilità dovuta ai processi di fabbricazione e assemblaggio), anche grazie alle proprietà di duttilità intrinseche a livello di materiale, componente e sistema (robustezza strutturale);
  3. perseguire una idonea configurazione strutturale che assicuri (manutenibilità):
  • l’accesso per le ispezioni, affinché eventuali carenze e difetti possano essere monitorati, rilevati e tempestivamente individuati;
  • la sostituibilità degli elementi strutturali, mediante attività di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Livelli di danno
8. Descrizione dei successivi livelli di danno

Il punto 2) precedente enfatizzava il ruolo della qualità intrinseca del ponte rispetto alla necessità di gestire le incertezze e le eccezionalità che possono condizionare una costruzione così complessa.

Si deve considerare, in particolare, che a seguito dell’attacco terroristico dell’11 Settembre 2001, la preoccupazione era relativa a questo tipo di eventi: nella Figura 6, una delle analisi numeriche svolte nell’ambito delle attività del Comitato Tecnico Scientifico relativamente al possibile impatto di un velivolo che tranciasse un certo numero di pendini e alla conseguente possibilità di sviluppo di un collasso progressivo del sistema di sospensione.

Anche per quanto riguarda le metodologie e le soluzioni progettuali proposte dal futuro general contractor, queste sarebbero state valutate, ad ogni livello, sulla base della loro adeguatezza, efficacia, semplicità, robustezza ed affidabilità.

Massimi livelli di danno tollerabili
9. L’individuazione dei massimi livelli di danno tollerabili nelle varie parti strutturali

Quantitativamente erano quindi definiti (Figura 7):

  • vita di progetto Ld = 200 anni;
  • tempi di ritorno per le azioni riportati di seguito e associati con differenti Stati Limite: il livello 1 riguardava lo Stato Limite di Esercizio (SLS) con ulteriore distinzione in due gradi (SLS1 e SLS2) con una crescente perdita di funzionalità; il livello 2 era lo Stato Limite Ultimo (ULS), che si riferiva al raggiungimento della resistenza ultima di un componente strutturale; il livello 3 era lo Stato Limite di Integrità Strutturale (SILS), che si riferiva alla sopravvivenza della struttura primaria anche se potevano essersi verificati danni locali significativi;
  • lo Stato Limite di Integrità Strutturale (SILS – livello 3) riguardava la capacità della struttura di sopravvivere ad uno scenario estremo seppure a prezzo di un notevole danno residuo.

Era consentita la completa perdita di funzionalità, anche per un tempo prolungato, ma se il SILS non veniva superato, l’opera di attraversamento, sebbene gravemente danneggiata, non perdeva la sua integrità strutturale complessiva e in linea di principio poteva essere riparabile. 

Coefficienti di sicurezza lato materiali
10. La determinazione dei coefficienti di sicurezza lato materiali

La sicurezza strutturale

L’organizzazione della sicurezza di una struttura così complessa non può essere definita solo in termini quantitativi. In questo senso, i requisiti di sicurezza erano organizzati ordinatamente e gerarchicamente con i seguenti passaggi:

  1. erano individuati i seguenti crescenti livelli di danno (Figura 8 spra);
  2. erano associate alle parti strutturali definite dalla scomposizione diversi gradi di danneggiamento al raggiungimento dei diversi stati limite come mostrato nella Figura 9 sopra. In questo modo, ad esempio, per le torri si avrebbe avuta la seguente sequenza di stati sull’aumento dell’intensità delle azioni: prima del raggiungimento dell’SLS non vi sono danni (ND); superando SLS, fino a ULS, le torri subiscono danni minori (MD) e, successivamente, danni riparabili (RD); infine, superato il SILS, le torri raggiungono danni significativi (SD). Particolare attenzione era dedicata ai componenti che potevano essere sostituiti dal processo di manutenzione, senza interruzioni di funzionalità;
  3. erano indicati, infine, i seguenti coefficienti di sicurezza e livelli di sforzo accettabili.

È da sottolineare, ancora, il ruolo fondamentale che era stato dato nel 2004 alla robustezza strutturale. La configurazione strutturale del ponte, infatti, doveva impedire il progressivo propagarsi dei meccanismi di cedimento, attraverso un’opportuna definizione, sia a livello locale che globale, dei dettagli strutturali e la previsione di adeguate linee di difesa.

Livelli di funzionalità del ponte
11. I livelli di funzionalità del ponte

Occorreva, quindi, ricercare un’adeguata compartimentazione strutturale, se necessario mediante un’opportuna disposizione dei collegamenti. In particolare, il cedimento locale di una sezione della struttura dell’impalcato in conseguenza del cedimento dei relativi pendini e traversi non doveva propagarsi lungo l’intero impalcato. 

La funzionalità

La funzionalità del ponte era graduata qualitativamente come nella Figura 11. Deve esser sottolineato che al crescere del livello di azioni ambientali, ovvero del vento, veniva interrotto prima il traffico stradale e solo successivamente il traffico ferroviario: si era ritenuto che utenti singoli alla guida di veicoli privati fossero più suscettibili a incidentalità dovute alle oscillazioni dell’impalcato rispetto al traffico guidato dei convogli ferroviari sui binari.

I principali differenti requisiti prestazionali erano riportati nella Figura 12. L’ultima colonna di questa tabella mostra anche la connessione dei vari requisiti prestazionali a diversi tipi di modelli adeguati ed efficienti: come precedentemente osservato, l’analisi strutturale è un processo multilivello e dovrebbero essere utilizzate diverse rappresentazioni.

Prestazioni legate alla funzionalità del ponte
12. Le specifiche delle prestazioni legate alla funzionalità del ponte

Particolare attenzione era dedicata ai movimenti dell’impalcato in relazione alla progettazione dei giunti di dilatazione e dei dispositivi di ritenuta. Era stato necessario stabilire la configurazione di queste zone di atterraggio del ponte considerando il compromesso tra:

  • variazioni della geometria della struttura e relativi effetti dinamici;
  • forze di contenimento;
  • economia di costruzione e di funzionamento dei dispositivi.

In generale, il movimento longitudinale e trasversale dell’impalcato alle sue estremità e in prossimità delle torri era pensato controllato da specifici dispositivi di smorzamento.

L’ambiente di progetto e la definizione delle azioni

In termini generali, considerata la scala del ponte, per le azioni variabili dovevano essere riconosciuti diversi livelli di intensità.

Questo aspetto è evidenziato nella Figura 13 dove si confrontano le dimensioni considerate dei comuni codici normativi (ad esempio gli Eurocodici) che considerano dimensioni geometriche inferiori a 300 m, e la scala relativa all’intero ponte di dimensione dieci volte maggiore.

Scale di applicazione dei carichi
13. Illustrazione delle scale di applicazione dei carichi: livelli globale e locale

Per le azioni antropiche, si individuavano due insiemi di carichi per due scale strutturali:

  • carichi per la progettazione e le verifiche prestazionali del sistema strutturale principale (macrolivello); ad esempio, gli schemi di carico 6.a, b, c presenti nelle NTC 2018 per opere di luce maggiore di 300 m, ai fini della statica complessiva, furono introdotti nelle NTC 2005 proprio a seguito degli studi relativi al ponte di Messina;
  • carichi per la progettazione e le verifiche prestazionali a livelli inferiori (meso- e micro-livelli).

L’elenco complessivo dei carichi è riportato nelle Figure 14, 15 e 16. Come detto in precedenza, il sistema di carico del traffico per il livello macro era definito ad hoc. È interessante notare che l’esatta quantificazione dei valori che compaiono nelle Figure 14, 15 e 16 aveva richiesto più di un anno di lavoro nell’ambito dell’equilibrio prestazionale descritto precedentemente. 

Osservazioni

Dietro il progetto del ponte sullo Stretto di Messina non si può non vedere uno sforzo notevolissimo di studio e attività. Da un punto di vista personale – ma nella maniera più asettica possibile -, è stata velocemente ricordata l’impostazione delle basi progettuali e delle prestazioni attese di questo ponte sospeso, sviluppata negli anni 2002-2003-2004.

Azioni agenti sul ponte
14. Le classi di azioni agenti sul ponte

Appaiono queste idee principali che hanno conformato e guidato la logica di sviluppo delle attività:

  1. l’approccio prestazionale (Performance-based Design) per la definizione complessiva delle qualità del ponte;
  2. la necessità di affrontare la complessità del sistema strutturale e di riconoscere le forti interazioni tra le diverse parti del progetto e tra le diverse parti strutturali, con effetti dimensionali di scala;
  3. l’approccio sistemico per affrontare correttamente tutti gli aspetti della progettazione;
  4. la scomposizione strutturale come strumento principale per assicurare il governo dell’intero processo progettuale, in particolare al fine di imporre coerenza tra i diversi livelli di modellazione (analisi multilivello) e indirizzare il comportamento strutturale, in primo luogo in relazione agli sviluppi della crisi strutturale;
  5. la descrizione dei requisiti di sicurezza e prestazione in un formato che parte da aspetti qualitativi e arriva ad aspetti quantitativi;
  6. lo sviluppo dei sistemi di carico, sia di origine naturale che antropica, che tengano conto delle dimensioni della struttura, che sono stati calibrati iterativamente valutando la risposta strutturale ottenuta dall’analisi strutturale;
  7. pervasività della robustezza strutturale in un progetto generale orientato al controllo delle incertezze e dell’imprevedibilità.

  • Azioni ambientali in funzione degli stati limite
    15 Azioni ambientali in funzione degli stati limite
    15. L’intensità delle azioni ambientali in funzione dei differenti stati limite
  • Azioni antropiche in funzione dei differenti stati limite
    16 Azioni antropiche in funzione dei differenti stati limite
    16. L’intensità delle azioni antropiche (carichi stradali e ferroviari) in funzione dei differenti stati limite

Conclusioni

La presente sintesi è limitata al periodo in cui il sottoscritto era componente del Comitato Tecnico Scientifico prima presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e poi presso la Società Stretto di Messina.

Di quel periodo, il sottoscritto vuole ricordare il lavoro svolto con i vari membri del Comitato, ora in pensione o purtroppo scomparsi, come il Prof. Giovanni Solari e il Prof. Raffaele Casciaro. Ricorda, infine, la determinazione e la competenza progettuale del Prof. Remo Calzona.

Di questo lavoro durato quattro anni, a parere del sottoscritto devono comunque essere ricordati i concetti e le metodologie introdotti che sono attualmente – anche se non citati esplicitamente o coscientemente – utilizzati dalla comunità tecnica.

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