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Giovannini: «Dopo il Morandi regole più dure sulla sicurezza»

(Come riportato dal Mims)
Intervista del ministro Giovannini rilasciata al Secolo XIX

Si riporta il testo dell’intervista che il Ministro Enrico Giovannini ha rilasciato al Secolo XIX dal titolo ” Dopo il Morandi regole più dure sulla sicurezza”, di  Marco Menduni.

II ministro delle Infrastrutture rappresenterà il governo alla commemorazione. «Con Ansfisa i controlli sono raddoppiati. E presto arriverà la Gronda: è un progetto ineluttabile».

Ministro Giovannini, lei rappresenterà il governo alla commemorazione, dopo quattro anni, della tragedia del ponte Morandi.

«La forte emozione resta viva, non solo per chi ha vissuto in prima persona questo evento tragico, penso ai parenti delle vittime, ma anche ai tanti cittadini genovesi che hanno visto la loro vita sconvolta. Ma resta viva anche per chi, come me, all’epoca non si occupava direttamente di questi temi. L’anno scorso, poi, partecipando per la prima volta all’evento commemorativo, ho potuto toccare con mano il dolore e il sentimento di ingiustizia che dopo il crollo investì tutto il Paese».

 Che cosa è accaduto in questi quattro anni? Quali le contromisure, quali le loro realizzazioni?

«Quest’anno è stato avviato il processo penale e civile, che sta seguendo il suo corso. Ma le indagini hanno portato alla luce problematiche, su cui i giudici decideranno, sulle quali nel frattempo la politica ha deciso di intervenire».

Proviamo a entrare nel dettaglio.

 «In primo luogo, sono state emanate le linee guida sulla sicurezza delle infrastrutture, per assicurare la manutenzione di ponti, tunnel, di tutte le cosiddette opere d’arte, anche per tenere conto dell’età di queste opere, ma anche delle nuove tecnologie.  Il modo con cui si fanno le ispezioni, con cui si verifica l’operato dei concessionari e di chi gestisce il parco infrastrutturale, compreso quello ferroviario, è cambiato molto».

Le verifiche sono davvero più efficaci?

«Sì, anche se il rischio zero non esiste. Oggi abbiamo linee guida molto più stringenti, obblighi di manutenzione molto più chiare e forti e poi un sistema di verifica che ha al centro l’Ansfisa, l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali».

 Che ora opera a pieno regime?

«Esattamente. Quando sono diventato Ministro un anno e mezzo fa, ho trovato una situazione ancora insoddisfacente, in cui l’Ansfisa non operata all’altezza degli obiettivi che le erano stati affidati. Nella prima relazione emerse che si era ancora in una fase di verifica di tipo documentale e la presenza sul territorio era ancora molto limitata per la componente stradale e autostradale».

Così avete impresso un’accelerazione. Con risultati positivi?

 «Ho nominato un nuovo direttore, proveniente dai Vigili del Fuoco, con grande esperienza sul campo; con interventi normativi abbiamo definito e rafforzato i compiti di Ansfisa, abbiamo precisato il percorso attraverso cui il Ministro detta le regole di funzionamento dell’Agenzia e le direttive di azione. Ansfisa è stata rafforzata anche sul piano del personale e e strumentale, ed è stato da poco bandito un ulteriore concorso per il potenziamento del corpo ispettivo».

Oggi c’è un doppio controllo.

 «In sintesi: l’Agenzia verifica se il concessionario o gli altri gestori attuano le linee guida generali, mentre il ministero verifica che vengano rispettati gli impegni, compresi quelli di manutenzioni, sanciti dalle concessioni. Sì, c’è un doppio controllo, ancorché coordinato, ed è uno degli elementi che indicano come, dopo il disastro, il sistema si sia adeguato a standard più stringenti».

Il governo ha deciso di revocare alla holding dei Toto la concessione per l’Autostrada dei Parchi che scadeva nel 2030.

 «Proprio per il mancato adempimento del concessionario agli obblighi sottoscritti, compresi quelli relativi alla sicurezza, siamo intervenuti con la revoca della concessione per le autostrade A24 e A25, prima con un provvedimento della direzione generale competente, poi con un decreto legge, di recente convertito in legge, per assicurare la continuità del servizio e la sicurezza per gli utenti».

Qual è ora la situazione?

«La concessione è stata revocata e Anas è subentrata nella gestione, anche se sul tema ci saranno pronunzie sia del Consiglio di Stato sia del Tar perché la società concessionaria ha fatto opposizione. E una dimostrazione di come siamo, credo giustamente, molto rigorosi nel pretendere che i concessionari mantengano i propri impegni nella gestione delle opere che vengono loro affidate».

E in Liguria?

 «Abbiamo preteso che i concessionari eseguissero gli adeguamenti alle nuove linee guida per ponti, gallerie e viadotti. Questo, riconosco, ha provocato l’anno scorso disagio agli utenti e un forte stress sulla circolazione dato che c’erano molti cantieri attivi».

 La situazione è mutata in questo 2022?

«Si, in meglio. Quest’anno con il “piano vacanze” programmato coni concessionari autostradali d’Italia, ed è la prima volta che è stato fatto un lavoro di questo tipo, è stata concordata la sospensione di cantieri non necessari dal punto di vista della sicurezza tra il 15 luglio e il 15 settembre. Questo ha ridotto di molto i disagi peri cittadini in Liguria e in tutta Italia».

Un lavoro realizzato con il contributo di tutti.

«Lo sottolineo perché il lavoro è stato svolto, per la prima volta, con tutti i concessionari della rete nazionale, che hanno fornito i dati sui lavori previsti non solo per questa estate, ma anche per il futuro. Il ministero si è posto in una situazione proattiva a tutto campo, spingendo i concessionari a una cooperazione che nel passato era mancata».

Quali i risultati immediati?

«Vorrei aggiungere l’introduzione da parte di Aspi del rimborso, cosiddetto “cashback”. E un elemento culturalmente interessante che sposta l’attenzione dal semplice uso dell’infrastruttura, con un pedaggio basato sui chilometri percorsi, a un criterio di qualità del servizio. Se mi aspetto di percorrere un tratto in due ore e invece ne impiego tre questo determina un disagio che viene scontato nel pedaggio. Un’evoluzione importante, frutto anche della pressione esercitata dal ministero».

Ma quale situazione avete ereditato dal passato con il vostro esecutivo? Il Comitato dei parenti delle vittime con la sua portavoce Egle Possetti hanno contestato la soluzione finale con il passaggio a Cdp.

«Dopo il crollo del ponte e la scelta del governo Conte II di non revocare la concessione, ma di procedere a un accordo per la cessione di Aspi a Cdp, è stata imposta una revisione della concessione per rendere meno favorevole la posizione del concessionario e riequilibrare il rapporto a vantaggio dello Stato, sia in termini di rendimento dell’investimento e di tariffe, sia di obblighi per la manutenzione, sia di qualità del servizio».

Poi c’è la questione della diga di Genova.

 «Sono molto contento che due grandi gruppi stiano competendo per la realizzazione di una delle opere più importanti del nostro sistema portuale nazionale, ma anche iconica. Ho recentemente visitato il porto di Genova rendendomi conto di quanto la diga ne cambierà il funzionamento. Ma come il presidente Signorini ha indicato in un’intervista al Secolo XIX, non è finita lì».

Anche della Gronda si parla da anni. Si continua a discutere, e a polemizzare, sulle rapidità delle decisioni.

«Polemiche che non comprendo. La Gronda fa parte di un progetto ineludibile per liberare Genova da un traffico attuale. E chiaro che ci sono punti di vista diversi sul modo di realizzarla, ma sappiamo che questo è un progetto di molti anni fa, meno attento a talune tematiche ambientali rispetto a quello che Aspi stessa ha sviluppato per il passante di Bologna, o per le tre corsie dell’Autostrada del Sole tra Bologna e Firenze».

La conseguenza?

«Quella che il ministero sta facendo è un’analisi tecnica per capire se il progetto è rispondente anche alle linee guida e di sostenibilità che il governo si è dato in questo anno e mezzo. Il lavoro è in corso».

Quando sarà completato? Si era parlato del “via libera” a fine luglio.

«È in fase di perfezionamento, attendiamo le risposte dei tecnici. Non c’è nessuna questione politica aperta, anche se in campagna elettorale viene presentato tutto in chiave di scontro politico».

È normale, non crede?

«Devo dire che in questo anno e mezzo in cui il ministero è stato guidato da un tecnico, non da un politico, siamo riusciti a trovare sintesi che da molti anni erano attese, ma non raggiunte. Mi fa anche piacere il riconoscimento che molti presidenti di Regione hanno voluto esprimere per questa amministrazione. Il fatto di avere un atteggiamento di rispetto delle istituzioni locali e un modo serio di guardare ai progetti, e non ai colori della tessera, è stato riconosciuto da molti, anche dal presidente Toti e dal sindaco Bucci, come un importante cambio di approccio».

A settembre si vota, poi ci sarà un nuovo governo. Il destino del ministro Giovannini?

«Sono professore universitario, tornerò a farlo. Mantenendo vivo il mio impegno per il Paese. Ricordo di essere stato cofondatore dell’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile: parlavamo di giustizia climatica e sociale come fattori connessi quando nessuno ne discuteva. Parlavamo di cambiamento della Costituzione quando tutti pensavano sarebbe stato impossibile, per introdurre il concetto di difesa delle future generazioni nel nostro ordinamento, cosa avvenuta quest’anno».

Ha delle preoccupazioni?

«La prima ha a che fare con l’enorme lavoro che va ancora svolto per realizzare il Pnrr. Cito un caso: i decreti delegati per il Codice dei contratti, che vanno approvati entro marzo 2023. Tutto il lavoro fatto sulla Legge delega, che innova profondamente l’ordinamento precedente in termini di sostenibilità ambientale, digitalizzazione, rispetto dei diritti dei lavoratori ora va tradotto in decreti in tempi molto stretti. Mi auguro che, indipendentemente dalla maggioranza che si formerà, ci sia la stessa attenzione a questo tema nei termini innovativi che abbiamo impiegato».

Il secondo timore?

«La legge di Bilancio. L’anno scorso insieme al ministro Franco abbiamo destinato alle Infrastrutture per i prossimi 10-15 anni 36 miliardi aggiuntivi rispetto ai 61 del Pnrr. Abbiamo avviato progetti di grande respiro in un’ottica veramente integrata e strategica, si pensi all’Alta Velocità ferroviaria al Sud o ad un investimento senza precedenti sui porti, al potenziamento della ferrovia Adriatica. Spero che la spinta all’innovazione, al potenziamento, alla manutenzione, alla resilienza delle infrastrutture, anche a seguito della crisi climatica, sia oggetto di un approccio bipartisan a partire dalla prossima legge di Bilancio».

Cosa auspica ancora per il futuro?

 «In campagna elettorale è facile parlare di infrastrutture in senso generico: spero invece che le forze politiche siano specifiche e indichino come assicurare i finanziamenti necessari per la strategia elaborata in questo anno e mezzo, in continuo dialogo con gli operatori economici e sociali nazionali e internazionali. I recenti riconoscimenti e i finanziamenti dell’Unione europea per i progetti infrastrutturali italiani non sono frutto del caso: spero che il Paese continui, in futuro, ad avere la stessa credibilità riconquistata anche nel settore delle infrastrutture e della mobilità sostenibili».