(come riportato da Le Strade dell’Innovazione)
Il dato emerso da una analisi di Upstream Security Ltd
Adesso che le automobili sono a tutti gli effetti dei super computer in grado di processare tetrabyte d’informazioni, prevedere le scelte del conducente e dialogare con i nostri smartphone, la tutela privacy ed il contenimento degli attacchi informatici sono criticità d’affrontare anche nella sfera della mobilità. Di questo tema se ne parla in un recente articolo di Matteo Morichini su Repubblica.
Secondo quanto si legge, i dati empirici forniti da Upstream Security Ltd dimostrano l’entità del problema perché delle oltre novecento operazioni hacker mirate alle auto ed analizzate dallo studio dal 2010 al 2021, risulta che nel 40 per cento dei casi è stata violata l’identità del possessore ed il 27.9 per cento delle volte, la vettura è stata rubata.
Nel 24 per cento delle occasioni, i criminali hanno inoltre preso il controllo dell’ecosistema digitale (che significa poter gestire la maggioranza o tutte le funzioni del veicolo, anche quando passeggeri e conducente sono a bordo prevaricando i loro input) mentre la metà dei 900 attacchi digitali censiti, sono avvenuti nell’ultimo biennio.
Altrettanto preoccupanti sono le cifre inerenti ai vettori (software e hardware) scelti dai banditi informatici, per “entrare” o gestire la vettura. Come si legge, il 40 per cento delle intrusioni riguarda direttamente i server Oem (Original Equipment Manufacture) che oltre ad essere responsabili dei servizi di comando, diagnostica e stoccaggio dei dati, possono operare i veicoli da remoto aprendo o chiudendo le porte, oppure accendendo il motore.
L’appropriamento indebito delle chiavi keyless incide per il 26.3 per cento dei reati; il controllo della Ecu per il 12 per cento e le Mobile App sono diventate l’ariete degli hacker nel 7.3 percento delle occasioni. A ciò si aggiunge il valore appena sopra al 5 percento per It Network e Dbd port mentre sensori, wi-fi e network non superano quota 3 per cento.
Dai numeri dello studio, si apprende che la violazione della privacy è il reato più frequente ed il rovescio della medaglia di un’esperienza utenti sempre più articolata, ricca, evoluta ed hi-tech. Pratiche funzioni come i dati nel cloud, l’accensione ed apertura senza chiavi, il mirroring con il cellulare, le applicazioni ed i servizi da remoto, hanno reso le macchine dei veri e propri esseri pensanti ma al tempo stesso, molti dei servizi digitalizzati e connessi sono terreno fertile per le attività di hackeraggio.
Le identità violate ed il mercanteggiare della privacy individuale è una delle questioni con cui il ventunesimo secolo dovrà fare i conti e nella sua analisi, Upstream Security Ltd ha messo in luce come anche nel mondo delle auto, l’ascesa dell’intelligenza artificiale e le connettività mai così esaustive, viaggino di pari in passo con una maggiore vulnerabilità informatica.