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L’industria italiana è in sofferenza

(come riportato da AGI)

Nella media annua del 2019 ordini e fatturato calano per la prima volta dal 2014.

Frena l’industria nel 2019. La certificazione arriva dall’Istat che registra una riduzione di ordini e fatturato in media d’anno. Non accadeva da 5 anni. In particolare, il giro d’affari è diminuito l’anno scorso dello 0,3%, il primo calo dal 2015. Gli ordinativi scendono invece dell’1,9%: il saldo negativo è in questo caso il primo dal 2014.

In termini congiunturali, spiega l’istituto di statistica, il fatturato complessivo è aumentato solo nel primo trimestre, mentre è rimasto sostanzialmente stabile nel secondo. Gli ultimi due trimestri dell’anno sono stati caratterizzati entrambi da diminuzioni.

Gli ordinativi, invece, hanno mostrato un andamento negativo o stazionario in quasi tutti i trimestri del 2019, con l’eccezione dell’ultimo, in crescita. Anche il fatturato al netto della componente di prezzo del settore manifatturiero evidenzia, in media d’anno, un calo, il primo dal 2014.

I dati nel dettaglio

​A dicembre il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, è diminuito del 3,0% in termini congiunturali. Nel quarto trimestre l’indice complessivo ha registrato una riduzione dello 0,6% rispetto al trimestre precedente. Gli ordinativi hanno invece segnato a dicembre un incremento dell’1,4% rispetto a novembre e anche nel complesso del quarto trimestre si è registrato un aumento congiunturale, pari all’1,9%.

La dinamica congiunturale del fatturato, spiega l’Istat, riflette cali sia sul mercato interno (-2,9%) sia su quello estero (-3,1%). Per gli ordinativi l’incremento congiunturale è sintesi di risultati quasi speculari registrati sui due mercati: +6,9% la crescita delle commesse provenienti dal mercato interno e -6,4% la riduzione di quelle provenienti dall’estero.

Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a dicembre tutti gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un calo su base mensile: -0,9% i beni di consumo, -2,7% l’energia, -3,0% i beni intermedi e -5,2% i beni strumentali.

Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 19 di dicembre 2018), il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali dell’1,4%, con riduzioni dell’1,8% per il mercato interno e dello 0,7% per quello estero. Nel comparto manifatturiero, il settore farmaceutico registra la crescita tendenziale più rilevante (+15,4%), mentre l’industria dei computer e dell’elettronica mostra il calo maggiore (-7,7%).

In termini tendenziali l’indice grezzo degli ordinativi aumenta del 6,0%, trainato dall’ampio incremento delle commesse pervenute dal mercato interno (+12,6%), in particolare di quelle relative agli altri mezzi di trasporto; una variazione negativa si registra, invece, per le commesse provenienti dal mercato estero (-3,6%). La maggiore crescita tendenziale si rileva per i mezzi di trasporto (+55,0%), mentre l’industria delle apparecchiature elettriche mostra il peggior risultato (-13,9%).

Appello dei sindacati al governo

Lo spettro della recessione torna così ad avvicinarsi. I sindacati non nascondono la loro preoccupazione di fronte ai dati su cassa integrazione, fatturato e ordini delle imprese e chiedono al governo di battere un colpo.

“L’Italia è in avvitamento conclamato su produzione, consumi, occupazione, coesione – afferma il segretario generale aggiunto Cisl, Luigi Sbarra – e a pagarne il prezzo più alto, come sempre, sono lavoratori e famiglie, come dimostra l’impennata della Cassa integrazione, specialmente di quella straordinaria, e la crescita della Naspi”.

“Il Paese continua a soffrire e il ciclo della crisi tende a consolidarsi”, sostiene ​Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil, che pone l’attenzione in particolare a due emergenze, siderurgia e automotive. Ma secondo il segretario confederale della Uil, Rocco Palombella, ​tutte le vertenze importanti aperte non trovano soluzione, non solo quella dell’ex Ilva, che è ora la più pesante insieme ad Alitalia: situazioni su cui il governo non è stato in grado di dare risposte.

Questo perché – afferma – esecutivo e Parlamento invece di occuparsi dei reali problemi del Paese sono presi a discutere di prescrizioni e equilibri politici. “La situazione – dichiara Palombella – è drammatica e paradossale e il Paese rischia di precipitare”.

​Secondo i sindacati, vanno sbloccati gli investimenti pubblici e privati, recuperata una visione di politica industriale, governate le crisi aziendali. “Servono risposte immediate – sottolinea Sbarra – da raccordare in un coerente disegno di medio-termine”; occorre quindi “riprendere in mano le crisi aziendali che giacciono da lungo tempo in condizione di istruttoria al Mise e dare certezza ai 300 mila lavoratori coinvolti”. “È indispensabile – conclude Miceli – una grande capacità dello Stato di intervenire e correggere i cicli economici negativi con investimenti pubblici”.

Di fronte ai segnali di rallentamento dell’economia i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo hanno inviato una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sostenendo la necessità di istituire una cabina di regia tra i vari ministeri e chiedendo in tempi rapidi un incontro.

Federmeccanica teme l’effetto coronavirus

I dati Istat sul fatturato dell’industria nel 2019 sono legati alle incertezze internazionali, ora profondamente acuiti dalle conseguenze attese dall’epidemia di coronavirus. Dopo la flessione di circa il 3% della produzione metalmeccanica nel 2019, il presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz, prevede “un ulteriore calo nel 2020”. “Il settore metalmeccanico rappresenta il 50% dell’export italiano ed essendo fortemente rallentati gli scambi lo scenario si potrebbe aggravare”.

“Purtroppo non siamo per nulla stupiti dai dati Istat – afferma Dal Poz all’AGI – ma il dato più drammatico di oggi è il crollo del 92% delle auto vendute in Cina. Un dato che è lo specchio di un paese bloccato dal punto di vista del consumo interno, dell’export e degli investimenti.

E’ prevedibile anche uno scenario di tensione sul fronte delle materie prime nelle prossime settimane. Dobbiamo tener presente che il primo paese esportatore in Cina è la Germania che a sua volta è il nostro primo cliente estero: quindi il crollo dell’export non può che riverberarsi sull’Italia”.

Dal Poz fa notare che lo scorso anno solo il settore automotive ha perso il 10% annuo, ma nel 2020 si aggiungeranno gli effetti del coronavirus. Il comparto è stato quello più coinvolto nelle ore di cassa integrazione, insieme a quello del metallo. Ma anche la meccanica strumentale ha subito una riduzione importante della produzione.

A pesare nell’andamento dell’industria nel 2019 – spiega Del Poz – è stato lo scenario di profonda incertezza nei consumi e negli investimenti. Il calo del fatturato è collegato quindi alla ‘guerra dei dazi’ tra Usa e Cina che ha fortemente rallentato le esportazioni di auto tedesche; alla Brexit; alle difficili situazioni politiche internazionali, dalla Libia all’Iran, fino a problematiche di tipo valutario che hanno interessato Paesi del Sudamerica e la Turchia.

Non mancano però spiragli di ottimismo: la Volkswagen ha annunciato oltre 60 miliardi di euro di investimenti nella filiera delle auto elettriche e ibride e Fca ha confermato investimenti per 5 miliardi. “Malgrado le tensioni internazionali e il Coronavirus questi dati di propensione all’investimento di grandi player ci fanno tirare un sospiro di sollievo. Ma per vederne la trasposizione sulle statistiche Istat passerà qualche trimestre”.

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