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Energia dall’idrogeno: un asse franco-tedesco per il nuovo oro verde

Photo credit: Il Sole 24 Ore

(come riportato da Anais Ginori e Luca Pagni su La Repubblica)

Dopo i 9 miliardi stanziati dalla Germania, arrivano i 7 miliardi annunciati da Parigi. Anche l’Italia vuole essere della partita: così potrebbero nascere 540 mila posti di lavoro

L’ASSE tra Parigi e Berlino parte alla conquista del nuovo oro verde. Dopo la Germania, anche la Francia annuncia un massiccio piano di investimenti per lo sviluppo e la produzione di idrogeno, da utilizzare per il fabbisogno energetico, dall’elettricità ai trasporti. Il governo francese mette sul piatto 7 miliardi di euro sulla scia del governo tedesco che a giugno aveva annunciato un pacchetto di 9 miliardi.

“Anche in questo settore cruciale vogliamo costruire una sovranità europea”, ha spiegato il ministro dell’Economia Bruno Le Maire che venerdì sarà a Berlino per ufficializzare il patto con il ministro tedesco Peter Altmaier.

“La scommessa – ha spiegato Le Maire – è una nuova filiera industriale che possa essere protagonista nella competizione globale”. Gli investimenti sono programmati fino al 2030, ma i primi 2 miliardi di euro sono già nel piano di rilancio biennale appena presentato e finanziati dal Recovery Fund, in linea con la strategia presentata dalla Commissione Ue a luglio.

L’idrogeno verde, e in una prima fase anche quello a basso contenuto di carbonio catturato dai combustibili fossili, sarà finanziato da diverse voci del Recovery Fund, dal programma Horizon e da altri fondi europei. Per Bruxelles, entro il 2030 serviranno 120-130 miliardi.

Nelle energie del futuro, Francia e Germania si sono già mosse insieme per la creazione di un “Airbus delle batterie elettriche”, un polo europeo che possa garantire un’autonomia in un settore dominato dai produttori asiatici.

I gruppi Psa e Total hanno annunciato qualche giorno fa la creazione di Automotive Cells Company (Acc) che dovrebbe lanciare entro il 2023 la produzione in due “GigaFactories”, a Douvrin in Francia e a Kaiserslautern in Germania. Anche sull’idrogeno l’Europa dovrà inseguire il primato di Cina, Giappone e Corea. “Non dobbiamo ripetere gli errori del passato” ha commentato Le Maire, citando il ritardo nello sviluppo di pannelli solari che l’Europa è ora costretta a importare.

Il ministro francese ha ammesso che le cifre da mettere in campo sono colossali. “Non nascondo che nell’immediato è un investimento a perdere ma non lo sarà nel lungo periodo”.

Più che di idrogeno verde il governo di Parigi parla di “idrogeno decarbonizzato” visto che in una prima fase lo sviluppo riposerà in gran parte sull’energia elettrica prodotta dalle centrali nucleari. Un dettaglio che non piace alle Ong ambientaliste per cui l’idrogeno è interessante solo se prodotto da energia eolica, solare o idroelettrica.

Ma nella partita dell’idrogeno europeo anche l’Italia vuole giocare le sue carte. Anche perché, secondo uno studio appena presentato al Forum di Cernobbio, nei prossimi 30 anni tutta l’industria nazionale del settore potrebbe creare valore in una forbice compresa tra 890 e 1.500 miliardi di euro.

Un obiettivo ambizioso, con un impatto occupazionale di peso: si parla di un incremento tra 320 e 540 mila nuovi posti di lavoro. Oltre a contribuire alla decarbonizzazione del paese: lo studio realizzato da The European House-Ambrosetti in collaborazione con il gruppo Snam, prevede nel caso in cui l’idrogeno copra almeno il 23 per cento del fabbisogno energetico nazionale un taglio del 28% delle emissioni di CO2 prendendo come base di partenza l’anno 2018.

Non è un caso che lo studio porti anche la firma di Snam. La società a controllo pubblico (il 30% è in mano al Tesoro attraverso Cassa Depositi Prestiti), sta coordinando il gruppo di imprese italiane che fa parte dell’alleanza europea sull’idrogeno e partecipa al tavolo voluto da Bruxelles. Il motivo è presto detto: Snam gestisce una delle reti più estese di gasdotti in Europa, che dall’Italia arriva anche nel sud della Francia e in Europa centrale.

E dove passa il gas naturale può essere “spinto” anche l’idrogeno. In pratica, verrebbe utilizzata una infrastruttura che già esiste e avrebbe bisogno solo di essere migliorata, ma non costruita ex novo. Del gruppo di aziende che fanno parte dell’alleanza ci sono Eni per la parte di idrogeno che si può sviluppare dagli idrocarburi in una fase di transizione e Fincantieri, per tutta la parte che riguarda i trasporti via mare.

Nonché il gruppo Sapio, società lombarda che è uno dei leader europei per la produzione di gas. In prospettiva, anche il gruppo Enel sarà della partita: proprio ieri, il responsabile per l’Italia, Carlo Tamburi – nel presentare i piani per la società sulla transizione energetica e che potrebbero essere finanziati dal Recovery Fund – ha annunciato che l’Ilva di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa verrà alimentata con l’energia prodotta dall’idrogeno, grazie a una centrale fotovoltaica.