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Analisi Istat: impatto diretto del Dpcm sul settore delle costruzioni

Photo credit: key4biz.it

(come riportato da Massimo Frontera su Edilizia e Territorio)

Le costruzioni stanno pagando un conto molto salato al Coronavirus. Secondo l’Istat, il fermo attività deciso dal governo in due tempi – il primo Dpcm del 22 marzo e il successivo Dm Mise del 25 marzo – ha un impatto diretto immediato su quasi 1,34 milioni di lavoratori che l’Istituto di statistica include nel settore “F” costruzioni. Ebbene, di questi, 816mila addetti, pari al 60,94% del totale, risultano appartenenti ai settori Ateco di cui stato disposto il fermo dell’attività. La stima è ovviamente il risultato di una procedura statistica, effettuata sul dato della forza lavoro al 2019. Le valutazioni e i numeri sono contenuti nel documento, peraltro provvisorio, che l’Istat ha redatto per fornire le primissime valutazioni dell’impatto sull’economia italiana delle misure di emergenza decise per contrastare la diffusione della pandemia da Covid-19.

I numeri sono pertanto frutto di una elaborazione statistica e rischiano di essere sottostimati, per il fatto che non tutti i cantieri pubblici che, in base ai provvedimenti governativi, sono autorizzati a proseguire l’attività, lo stanno effettivamente facendo o lo stanno facendo al 100 per cento.

Dalla scomposizione del dato, si ricava, che degli 816 addetti complessivi che ora stanno a casa, solo il 39% – pari a 385mila addetti è dipendente con un contratto a tempo indeterminato. Il resto è invece costituito da un esercito di persone con contratti più fragili sotto il profilo delle tutele. Ci sono infatti altre 92mila persone che hanno un contratto da dipendente a tempo determinato mentre tutti gli altri – per un totale di 339mila persone – sono lavoratori autonomi. Con una distinzione: 252mila persone non hanno dipendenti mentre 87mila persone hanno a sua volta uno o più lavoratori che dipendono da lui. Complessivamente, il fermo delle costruzioni – come anche di altri settori – ha proporzioni ciclopiche e inedite.

Non è molto diverso lo scenario dal punto di vista delle unità lavorative (che include le sedi delle imprese e solo una parte dei cantieri operativi). La sospensione, sempre secondo l’Istat, ha causato la sospensione di 365.432 unità lavorative su 523.105, cioè quasi il 70% del totale. L’aspetto paradossale è che proprio ora, cioè nel periodo compreso tra la fine dell’anno e i primi mesi del 2020, il comparto delle costruzioni aveva dato segnali di una ripresa in atto. Complessivamente, infatti, mentre il Pil nazionale è cresciuto dello 0,3% il settore delle costruzioni ha messo a segno un +2,6% facendo segnare «la performance migliore tra i grandi comparti». Anche le attività immobiliari sono andate bene, con un +1,7%.

«All’inizio del nuovo anno – ricorda l’Istat – prima che la crisi connessa con l’epidemia di Covid-19 cominciasse a colpire la Cina, gli indicatori congiunturali hanno mostrato un recupero in Italia, come nell’insieme dell’Ue». «L’indice della produzione industriale, ha registrato a gennaio un forte rimbalzo rispetto al calo di dicembre, portandosi su un livello significativamente superiore a quello dei mesi autunnali. Ancora più forte – sottolinea l’Istat – è risultato il recupero del settore delle costruzioni, la cui produzione ha toccato in gennaio un livello particolarmente elevato, superiore di circa il 5% (senza tenere conto della correzione per i giorni lavorativi che ne amplifica ulteriormente la variazione) rispetto a quello di un anno prima». Il Coronavirus, ora, costringe a ritrovare la strada di una ripresa che richiede di riaccendere il motore dell’edilizia e dell’economia complessiva.