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Sblocca cantieri, Cantone: con modifiche rischio corruzione

La strategia di semplificare al massimo le assegnazioni dei lavori pubblici sotto 150mila euro rischia di generare nuova corruzione. È il giudizio tagliente che il presidente dell’Anac Raffaele Cantone riserva alla scelta compiuta dalla maggioranza con il decreto Sblocca-cantieri che questa mattina è all’’esame dell’Aula del Senato.

Per il presidente dell’Anticorruzione – che ha presentato alla Camera la Relazione annuale sull’attività dell’Autorità – «seppure opportunamente ridimensionata rispetto ai 200 mila euro del testo originario.

La previsione di una soglia abbastanza alta (150 mila euro) entro la quale adottare una procedura molto semplificata (con richiesta di soli tre preventivi) «aumenta certamente il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi».

Cantone – che come si sa è avviato a lasciare l’incarico per tornare a fare il magistrato entro pochi mesi – ha anche criticato il «ritorno dell’appalto integrato, l’aumento della soglia dei subappalti al 40%, la possibilità di valutare i requisiti per la qualificazione delle imprese degli ultimi 15 anni, le amplissime deroghe al codice concesse ai commissari straordinari».

Tutte misure che, secondo il presidente dell’Autorità, «paiono troppo attente all’idea del “fare” piuttosto che a quella del “far bene”».

Il giudizio complessivo di Cantone sulla riforma degli appalti portata avanti dal Governo (decreto Sblocca-cantieri più legge delega) resta comunque «sospeso». «Un solo suggerimento sia, però, consentito – ha sottolineato il presidente dell’Anac -: il settore degli appalti ha assoluto bisogno di stabilità e certezza delle regole, e non di continui cambiamenti che finiscono per disorientare gli operatori economici e i funzionari amministrativi».

Dai dati contenuti nella Relazione emerge intanto un dato preoccupante. Circa il 60% appalti banditi ogni anno in Italia viene assegnato senza passare da una gara, ma attraverso incarichi a ditte di fiducia, scelte direttamente o sulla base di inviti non preceduti da un avviso pubblico.

L’anno scorso l’Anac ha contato 142.761 procedure di affidamento (relative a lavori, servizi e forniture). Di queste il 19,1% (27.255) è stato assegnato tramite affidamento diretto a un’impresa di fiducia della stazione appaltante.

Per altre 59.452 commesse (41,7% numero che va sommato al dato precedente) si è scelta la via della procedura negoziata senza bando, quindi della “trattativa privata” con un certo numero di imprese invitate, senza però dare preventivamente alcun avviso pubblico dell’iniziativa.

Da segnalare che questi dati escludono gli appalti di importo inferiore a 40mila euro, che per legge possono essere assegnati a ditte di fiducia della PA senza alcun confronto concorrenziale.

Rispetto al 2017, il ricorso agli affidamenti diretti è sceso del 9,3% mentre sono cresciute del 7,6% le procedure negoziate senza bando. Il fenomeno è particolarmente rilevante nel settore dei lavori, dove vengono assegnati senza gara due appalti su tre (66%).

In complesso, segnala sempre l’Anac, il mercato degli appalti nel 2018 è salito a quota 139,5 miliardi, il valore più alto degli ultimi cinque anni, in crescita del 38,7% rispetto al 2016, anno di entrata in vigore del nuovo codice appalti, che il Governo si appresta a riformare.