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Monopattini elettrici, guerra di emendamenti. Ecco cosa c’è dietro

(come riportato da Maurizio Caprino su Il Sole 24 Ore Italia)

Si va verso la liberalizzazione dei monopattini elettrici: potrebbero essere usati sullo stesso asfalto dove sfrecciano auto, moto e camion. Così due ministeri cercano di mantenere gli attuali limiti, pur semplificando regole e segnali ed evitando maximulte. Ma la decisione politica pare già presa. A meno che…

I monopattini elettrici potrebbero essere liberi di circolare su strada come le bici. Ma non è ancora detto: i ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture stanno cercando di far passare un emendamento alla manovra economica che sostituisca quello che introdurrebbe la liberalizzazione totale, approvato in commissione la notte del 9 dicembre. Si cerca di ripristinare la possibilità di circolare solo in zone 30, aree pedonali e piste ciclabili.

L’esito finale è imprevedibile, nella bagarre che ci si attende durante i momenti che daranno alla manovra la sua veste definitiva. L’unica cosa possibile al momento è spiegare sin dall’inizio la complessa questione, in modo che si capiscano la posta in gioco e cosa c’è dietro i contenuti dell’emendamento ministeriale, che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare.

Il divieto nel Codice della strada
Fino alla scorsa estate, l’uso di monopattini elettrici e simili era possibile solo in aree private chiuse al pubblico (come i cortili e i giardini di palazzi e ville). Infatti, il Codice della strada non si occupava di questi mezzi, che per questo non sono utilizzabili dove questa legge va applicata.

Il Codice si applica su strada, che in burocratese non è solo il nastro asfaltato su cui transitano soprattutto auto, moto, camion e bici. La definizione ufficiale di strada, data dal comma 1 dell’articolo 2, è infatti: «qualsiasi area pubblica destinata alla circolazione di pedoni, veicoli e animali». Dunque vi rientrano anche marciapiedi, piste ciclabili eccetera.

La sperimentazione in corso
A dicembre 2018, il comma 102 della legge di Bilancio 2019 (la 145/2018), introdusse la possibilità di sperimentare la «circolazione su strada di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, quali segway, hoverboard e monopattini».

La norma non fissava le modalità di questa sperimentazione: si limitava a prevedere che dovesse fissarle con un proprio decreto il ministero delle Infrastrutture entro 30 giorni, quindi lo scorso gennaio. Come spesso accade, il termine è stato ampiamente sforato: solo in tarda primavera il Dm fu portato al ministro di allora, Danilo Toninelli. Che lo firmò il 4 giugno.

Il testo fu pubblicato il 12 luglio, entrò in vigore il 27 luglio e fissava sia le caratteristiche dei veicoli sia le norme di comportamento che i loro utenti devono seguire.

Per iniziare la sperimentazione, il Dm richiedeva che i Comuni individuassero le aree dove consentire la circolazione dei micromezzi elettrici e le indicassero con la segnaletica stabilita proprio dal decreto (non facilissima da interpretare).

Dunque, circolare è consentito solo dove c’è questa segnaletica. Che ha debuttato già durante l’estate in alcune località turistiche e nelle grandi città si è cominciata a vedere solo nel tardo autunno 2019.

L’emendamento per liberalizzare
Il debutto ha portato con sé vari problemi, tra cui le maximulte comminate ai micromezzi non in regola con il Dm a Torino, dove la Polizia locale li ha equiparati a ciclomotori. Anche le norme di comportamento fissate dal Dm e le relative sanzioni non erano chiarissime.

Di qui una serie di riunioni tecniche tra i ministeri delle Infrastrutture (Motorizzazione) e dell’Interno (Polizia stradale). Per precisare meglio i contenuti del Dm e gettare le basi della normativa definitiva da far entrare in vigore al termine della sperimentazione (che secondo il Dm potrà durare al massimo tre anni).

In tutto questo si è inserito l’emendamento “salva monopattini” presentato dal senatore Eugenio Comincini (Italia Viva). Oltre a creare una differenziazione tra i monopattini e tutti gli altri micromezzi elettrici, con la sua formulazione scarna l’emendamento crea un problema: dice semplicemente che i monopattini (presumibilmente quelli elettrici, visto che pone come condizione il fatto che rientrino nei limiti di velocità e potenza fissati dal Dm) sono equiparati alle bici.

Tale equiparazione induce a pensare che, una volta approvata la legge di cui l’emendamento fa parte, i monopattini potranno circolare esattamente come le bici. Quindi anche sulla carreggiata stradale assieme agli altri veicoli a motore.

I dubbi dei ministeri
Ma tra gli esperti ci sono seri dubbi sulla sicurezza. Dovuti principalmente alla differenza di velocità con gli altri veicoli, alla manovrabilità non ottimale che deriva dalla posizione in piedi del conducente e al fatto che non sia obbligatorio il casco.

Così i ministeri hanno confezionato una sorta di contro-emendamento, che mantiene i vincoli principali. Gli uffici legislativi si stanno occupando di farli presentare nelle ultime discussioni sulla manovra, ma non c’è alcuna garanzia di successo: ci sarebbe già un accordo politico per confermare l’emendamento Comincini. Tanto che già altre proposte in materia sono state bocciate.

Il contro-emendamento
Per quanto risulta al Sole 24 Ore, la proposta dei ministeri prevede:

– la classificazione dei monopattini elettrici tra i veicoli (il Dm del 4 giugno li definisce solo dispositivi, rendendo complicato far scattare le sanzioni normalmente applicabili a mezzi “truccati” o a chi circola fuori dalle aree consentite), inserendoli nell’articolo 50 del Codice della strada (lo stesso che detta le caratteristiche delle bici) e rimandando a un Dm i dettagli tecnici di questi mezzi elettrici;

– rispetto alle bici a pedalata assistita, per le quali resta il limite di potenza a 250 Watt, i monopattini elettrici potrebbero mantenere i 500 Watt, cioè l’attuale potenza massima prevista dal Dm del 4 giugno, doppia rispetto alle bici perché alla forza del motore non si può aggiungere quella muscolare utilizzabile con un mezzo a pedali;

– altri requisiti tecnici sarebbero la conformità alla direttiva europea macchine (quindi i monopattini in regola dovrebbero avere la marchiatura CE), la presenza del clacson e, in caso di circolazione notturna, di luci;

– tra le sanzioni per gli esemplari non conformi, il sequestro finalizzato alla confisca e poi alla distruzione del mezzo (quindi niente più possibilità di equiparazione ai ciclomotori, che si portano dietro maximulte fino a 6.000 euro);

– l’obbligo di osservare le stesse norme di comportamento imposte ai ciclisti dall’articolo 182 del Codice, ma con in più il divieto di trasportare passeggeri o merci;

– il mantenimento della possibilità di circolare solo in aree pedonali, zone con velocità limitata a 30 km/h e piste e percorsi ciclabili.

Molte di queste caratteristiche sono già presenti nel Dm del 4 giugno. Ma inserirle nel Codice risolve vari problemi giuridici.

Il problema più grosso è l’attuale necessità di riempire le città di segnali per indicare dove si può circolare: introducendo nel Codice come regola generale la possibilità di transitare in aree pedonali, piste e percorsi ciclabili e zone 30, non ce ne sarebbe più bisogno. I Comuni che volessero impedire la circolazione in alcuni punti particolari di questi ambiti non dovrebbero fare altro che apporre segnali di divieto di circolazione.

Per il futuro si pensa anche a rendere obbligatoria una polizza assicurativa RC. Non sul veicolo come accade per la RC auto, ma sulla persona: chi vuole usare bici, monopattini o altri micromezzi elettrici dovrebbe avere una polizza personale, che operi a prescindere da chi sia il proprietario del mezzo utilizzato in un dato momento dall’interessato.

Le possibili alternative
Date le incerte possibilità di successo dell’emendamento ministeriale, si può pensare a qualche interpretazione che depotenzi quello destinato a “vincere” e portare una liberalizzazione completa per i monopattini elettrici.

Si potrebbe interpretare l’equiparazione alle bici prevista dall’emendamento Comincini come limitata ai requisiti necessari per fruire degli incentivi alla micromobilità elettrica e a chiarire che non possono mai scattare le sanzioni che deriverebbero dall’equiparazione ai ciclomotori.

In fondo, l’emendamento Comincini fa riferimento ai limiti di potenza e velocità fissati dal Dm del 4 giugno, per cui si potrebbe argomentare che non soppianti la norma attuata dal Dm stesso. Cioè la legge di Bilancio 2020, nella cui cornice sono previste le limitazioni di potenza, velocità e utilizzo che pare ragionevole mantenere e che ora invece rischiano di saltare.