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«Pedemontana insostenibile». Il governo pressa la Regione Veneto

Così com’è la Pedemontana veneta non troverà mai i finanziamenti a debito necessari a proseguire i cantieri (il famigerato “closing” che sta inseguendo da anni). Il traffico sarà del 70% inferiore a quanto calcolato dal piano finanziario attuale (2013), il rendimento garantito al privato è del 10,84% (troppo superiore alle attuali condizioni di mercato), e infine le clausole della convenzione che garantiscono il concessionario dal rischio traffico rischiano di essere insostenibili per il concedente Regione Veneto (e dunque, di fatto, fragili).

Questo quadro, che emerge da uno studio commissionato da Bei e Cassa Depositi e prestiti ai fini di una loro eventuale partecipazione al finanziamento, è in sostanza “avallato” dal governo, che però dichiara di operare per favorire la soluzione della vicenda. «È proprio il Governo che vuole la realizzazione della Pedemontana Veneta – ha dichiarato lunedì il sottosegretario alla presidenza Claudio De Vincenti – e opera affinché si faccia davvero. A questo fine, bisogna che l’opera sia resa finanziariamente sostenibile, in modo da non gravare con un onere eccessivo sul bilancio della Regione». «Proprio per questo- prosegue- si stanno valutando le opzioni disponibili, tenendo conto che le stime di traffico recentemente effettuate da qualificati istituti riconosciuti a livello internazionale forniscono valutazioni inferiori a quelle sottese al Pef originario». «Alla luce di tali valutazioni- conclude l’esponente dell’esecutivo- abbiamo chiesto chiarimenti alla Regione, che è il concedente dell’infrastruttura, e al Commissario, al fine di individuare la soluzione migliore per la realizzazione dell’infrastruttura».

Molti tasselli però non tornano in questa vicenda. Fonti qualificate di governo spiegano che lo studio di cui sopra, illustrato nei giorni scorsi in un incontro con De Vincenti a Palazzo Chigi, evidenzia il rischio per la Regione, in base alle clausole del contratto, di sborsare “miliardi di euro” al concessionario in caso di traffico inferiore alle previsione, cosa che risulterebbe insostenibile per la Regione e dunque di fatto inapplicabile.

Tuttavia il contratto, l’atto aggiuntivo del 2013, sembra chiaro nel porre un tetto massimo di 436 milioni di euro a questo indennizzo-traffico, chiamato “contributo in conto esercizio”. Possibile che le cifre siano così distanti?

Poi il Commissario Silvano Vernizzi e la Regione affermano che di questo studio non sanno nulla, facendo capire che se davvero il governo vuole aiutarli si deve entrare con trasparenza nel merito dei numeri. «Il governo vuole anzitutto chiarire le responsabilità e poi aiutare la Regione Veneto», spigano al Mit.

Il concessionario Sis ha scelto Jp Morgan come banca arranger per strutturare e collocare i bond presso investitori istituzionali». I project bond sarebbero l’unica fonte di finanziamento a debito, per l’intero ammontare necessario di 1,5 miliardi di euro (su un costo totale dell’opera di 2,9 miliardi, di cui 2,258 lavori, 300 milioni Iva e il resto oneri finanziari), mentre 500 milioni è l’equity previsto e 615 milioni il finanziamento pubblico (la prima tranche di 245 milioni riconosciuta fin dal momento della gara, la seconda di 370 milioni stanziata dal Dl Fare 69/2013 per aggiustare un Pef già allora zoppicante). L’opera, partita nel novembre del 2011 è al 30 % circa di avanzamento, realizzata finora in gran parte attingendo dai fondi pubblici.

«Finora non hanno trovato i finanziatori – spiegano fonti di governo – ma Cdp e Bei non c’entrano nulla. Nell’ambito della loro autonomia hanno fatto uno studio secondo il quale emerge che non ci siano le condizioni per finanziare l’opera . Il governo non ha alcun potere e intenzione di spingere la Cassa, e tantomeno la Bei, a finanziare la Pedemontana. Ministero delle Infrastrutture e Palazzo Chigi sono assolutamente allineati».

«In sostanza – spiegano i tecnici del Mit – per rendere bancabile l’opera bisognerebbe ridurre il rendimento per il privato (oggi troppo alto rispetto alle condizioni di mercato), ridurre il costo dell’opera con una project review, aumentare l’equity, chiarire e ridurre la garanzia della Regione sul rischio traffico».

«Il governo vuole fare da facilitatore – spiegano le nostre fonti – ma deve essere chiaro che la ricerca dei finanziamenti spetta al concessionario, e che l’eventuale modifica del progetto e del Pef, nel senso sopra indicato, spetta al concedente Regione. Detto questo l’impegno del governo per non bloccare la Pedemontana c’è tutto».

Va poi chiarito che questa concessione è ancora regolata dal vecchio Codice, e dunque non si applicano i più severi paletti indicati dal Dlgs 50/2016 (tra cui il trasferimento del rischio operativo, il rischio traffico sempre trasferito al privato nelle concessioni autostradali, il tetto del 30% al contributo pubblico).

Il nodo attorno al quale ruota tutta la vicenda è la valutazione dei flussi di traffico: troppo elevati, secondo lo studio in mano al Governo, quelli previsti dal PEF, che ad oggi indica un flusso di traffico giornaliero di circa 26.000 veicoli all’apertura al traffico dell’opera. Se fosse vero che il nuovo studio di traffico taglia del 70% questa cifra, parleremmo di circa 8.000 veicoli al giorno. Un dato incredibilmente basso e che cozza con due evidenze: il traffico che quotidianamente intasa le strade provinciali e comunali dell’area pedemontana, e lo studio recentemente realizzato – incidentalmente dalla stessa società di ingegneria del traffico- sui flussi della Valdastico Nord, che interseca la Pedemontana Veneta all’altezza di Thiene. Ebbene in questo caso i veicoli previsti sono oltre 28.000 al giorno. Da dove vengono?

In Regione Veneto spiegano di non aver fino ad oggi potuto vedere lo studio del governo. Anche nell’incontro di giovedì scorso a Roma, il Ministro e i funzionari presenti avrebbero fatto genericamente riferimento a problemi di sostenibilità economico-finanziaria e di flussi di traffico, ma senza minimamente accennare allo studio e tantomeno lo hanno messo a disposizione dei loro interlocutori. Il Commissario SilvanoVernizzi si chiede se questo sia davvero un atteggiamento consono a chi dice di voler facilitare la risoluzione dei problemi e a dare una mano. Anche perché, rivela, un altro incontro si era tenuto il 4 febbraio scorso e già allora erano emerse le stesse considerazioni. In quell’occasione, il presidente del Veneto Luca Zaia aveva chiesto ufficialmente al Governo di inviare tutti i documenti e gli studi in possesso del Governo con l’indicazione dei punti considerati critici. Ma da Roma è non è arrivato nulla.

Un altro aspetto poco chiaro della vicenda è il perché sia così difficile arrivare al closing finanziario. Di fatto la clausola che assicura al concessionario un contributo fino a circa 15 milioni di euro l’anno per 30 anni nel caso i flussi di traffico siano inferiori alle aspettative (clausola che non a caso ha sollevato proteste oltre alle perplessità della Corte dei Conti) dovrebbe rassicurare gli investitori. Su questo punto il Contratto di Concessione all’articolo 15, comma 3 e comma 4, è chiaro: la Regione si troverà al massimo a pagare una cifra complessiva attorno ai 450 milioni di euro. Certo molti soldi, ma non i miliardi di cui parlano le fonti governative, e che metterebbero in crisi il bilancio della Regione. Una volta costruita, una autostrada a pedaggio ha come unico rischio d’impresa per il gestore, il mancato transito dei veicoli. Coperto quello, la strada dovrebbe essere in discesa. Inoltre il Consorzio Sis si impegna a contribuire con un equity che in base alla revisione del PEF del 2013 è passato da 370 a circa 500 milioni.

Su questo finora nessuno ha sollevato obiezioni anche se voci critiche sottolineano che la maggior parte dei lavori, fino ad oggi è stata realizzata grazie ai contributi pubblici di Stato e Regione. Contributi, il cui anticipo è agli sgoccioli, per cui lo stesso Commissario Vernizzi sottolinea come, in assenza del closing, con l’emissione del bond da 1,6 miliardi, i cantieri si fermeranno in autunno probabilmente in ottobre. Una beffa, oltre che un incredibile problema sul territorio, visto che i primi 8 km dell’opera dovrebbero essere aperti al traffico proprio in quel periodo.

Ma cosa chiedono la Regione e il Concessionario a Cassa Depositi e Prestiti? Non un impegno finanziario ma una sorta di “endorsment” a favore del progetto con una dichiarazione di sostenibilità economica e finanziaria. Questo, spiegano fonti vicine al Concessionario, verrebbe letto dai sottoscrittori internazionali del bond, come una sorta di ulteriore assicurazione dello Stato sulla bontà dell’operazione e faciliterebbe la chiusura dell’operazione. Cosa della quale CDP pare non sia per nulla entusiasta, anche se nel luglio di due anni fa era disponibile, non solo ad avvallare il progetto, ma addirittura a far parte di un pool di banche che offrivano al Concessionario, una linea di finanziamento decennale, rinnovabile. Offerta ritenuta all’epoca dal Concessionario a condizioni troppo onerose.

In ogni caso, leggendo il contratto di concessione (art 8) si vede come Regione e Concessionario abbiano previsto verifiche periodiche sulla sostenibilità dell’operazione ipotizzando interventi di correzione anche complessi. Sarà in questo clima caldissimo- non solo meteorologicamente- che venerdì Regione, Commissario, Concessionario, Governo e Cassa Depositi e Prestiti si incontreranno a Mestre per provare a trovare una soluzione. Magari mettendo sul tavolo davvero tutte le carte e tenendo conto che un eventuale blocco dell’opera vorrebbe dire, oltre a un contenzioso questo sì miliardario, lasciare sul territorio decine di chilometri di cantieri aperti.