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Stabilità: Anas, con il pedaggio-ombra dalle accise più certezza agli investimenti

Decolla il piano Armani-Delrio per sostituire 2,2-2,3 miliardi di trasferimenti del Tesoro – che mediamente riceve l’Anas ogni anno per finanziare il piano degli investimenti – con l’assegnazione alla stessa società stradale di una quota di due miliardi dell’accisa pagata già oggi dagli automobilisti sulla benzina: si tratterebbe, in realtà, di un prelievo di un tot di centesimi di euro per ogni litro di carburante consumato pagato dall’automobilista per il “consumo delle strade”. La misura di questo prelievo – che non comporterebbe alcun aggravio per gli automobilisti – sarebbe definita dall’Autorità di regolazione dei trasporti.

L’obiettivo della norma, già scritta per entrare nella legge di stabilità, è duplice. Il primo, che sta a cuore molto al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e al presidente della società Gianni Armani, è sancire l’autonomia finanziaria della società e stabilizzare così le risorse per il piano quinquennale di investimenti che potrebbe fare un salto dagli attuali 4 miliardi di copertura (su 17 di programmazione) a circa 13 miliardi, proprio in virtù della certezza e della regolarità del finanziamento che verrebbe sottratto agli zig-zag della finanza pubblica.

Il secondo obiettivo, che potrebbe costituire un secondo step dell’operazione e intriga molto il ministero dell’Economia e Palazzo Chigi, è l’uscita dell’azienda dal perimetro della pubblica amministrazione e il deconsolidamento dei conti Anas dai conti dello Stato. La questione è ancora soggetta in queste ore alla valutazione dell’Istat che dovrebbe poi decidere la legittimità dell’operazione insieme a Eurostat.

I numeri in termini di impatto sui conti pubblici sarebbero però interessanti e darebbero una mano a far quadrare il bilancio complessivo della manovra da 25 miliardi in preparazione con la legge di stabilità.

Anzitutto vi sarebbe un vantaggio sistematico per le casse dello Stato con la cancellazione del trasferimento in favore dell’Anas per finanziare gli investimenti. L’esborso attuale di 2,3 miliardi sarebbe azzerato mentre l’esborso futuro, se effettivamente certo e garantito negli anni con una procedura trasparente, consentirebbe all’Anas “privatizzata” di indebitarsi direttamente sul mercato del credito senza pesare sui conti pubblici. Questo consentirebbe una riduzione di almeno 200-300 milioni dell’esborso effettivo per le casse dello Stato cui si aggiungerebbero tasse e dividendi per circa 500 milioni che l’Anas “privatizzata” pagherebbe al Tesoro.

Ma per le casse dello Stato ci sarebbe anche un beneficio, stavolta una tantum, sul fronte del debito. Il deconsolidamento dell’Anas consentirebbe infatti allo Stato di ridurre il debito certamente per un ammontare di 3,6-3,7 miliardi pari all’attuale debito Anas. A questi andrebbero aggiunti però crediti che oggi Anas vanta verso i concessionari autostradali in qualità di gestore del fondo centrale di garanzia: a fine anno dovrebbero ammontare a 1,4-1,5 miliardi che potrebbero essere attualizzati garantendo un ulteriore vantaggio, stimato nell’ordine di almeno 700-800 milioni. In tutto il deconsolidamento riguarderebbe una cifra di 4-5 miliardi.

Il primo obiettivo, però, resta l’autonomia finanziaria della società. L’introduzione di una tariffa ombra pagata dagli utenti finali per l’utilizzo (effettivo o potenziale) della rete Anas consentirebbe questo passaggio, garantendo la continuità del flusso di cassa negli anni. L’affidamento della procedura all’Autorità di regolazione dei trasporti darebbe inoltre terzietà, indipendenza e trasparenza al nuovo assetto, con la possibilità di introdurre in prospettiva forme di price cap che portino un efficientamento dei costi della società e dell’effettiva realizzazione dei lavori.

Armani e Delrio sperano di far uscire in questo modo gli investimenti della società dal regime di vincoli di finanza pubblica che li ha gravemente penalizzati negli ultimi anni, impedendo di destinare risorse certe con programmazione pluriennali. Le legge di stabilità hanno anzitutto dato un orizzonte annuale, troppo breve, al finanziamento di opere e non di rado queste risorse sono state modificate in corso d’anno. Questo ha determinato lo spezzettamento in lotti di investimenti pluriennali, portando a un fallimento degli obiettivi di collegamento delle principali direttrici strategiche.