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Squinzi: assurdo far saltare l’Europa, si torni a negoziare

«Sarebbe assurdo far saltare l’Europa per la Grecia e per un’impuntatura perché anche questo referendum è un’impuntatura di tipo politico tra greci e autorità dell’Ue. Mi auguro che alla fine prevalga il buon senso, che si trovi un modo costruttivo per venirne fuori». Così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, parlando con i giornalisti al Teatro Alfieri dove si sta svolgendo l’assemblea degli industriali di Asti.

«Il mercato interno non è ancora ripartito e il minimo di ripartenza è dovuto a cause esterne. Non abbiamo ancora cominciato a fare i lavori di pulizia a casa nostra. Bisogna che il governo proceda con determinazione sulla strada delle riforme», ha detto ancora Squinzi a margine dell’incontro. Per il presidente di Confindustria le riforme devono «semplificare il Paese, fare in modo che sia di nuovo possibile fare impresa, crescere. Purtroppo qui arrivano tanti segnali che si fa un passo avanti e uno indietro».

Cruciale è portare avanti il percorso delle misure adottate sino in fondo. «Le riforme non basta annunciarle e nemmeno approvarle in Parlamento: occorre attuarle. Le riforme senza politiche restano solo buoni intendimenti. È il deficit di attuazione quello che è maggiormente mancato per troppi anni». Perciò la richiesta di Squinzi all’esecutivo è «di mettere nell’attuazione lo stesso impegno che pone nel varare le riforme».

In prospettiva, «la strada per risalire è ancora lunga» malgrado qualche segnale positivo sia fatto vedere. «Oggi, anche se in ritardo – ha affermato Squinzi – si è riaffacciata la crescita anche in Italia. Dopo cinque trimestri consecutivi piatti c’è stato finalmente di nuovo un piccolo segno più, anche se non nelle dimensioni da noi auspicate, +0,3. È migliorata la fiducia dei consumatori e delle imprese in quasi tutti i settori e i segnali di risalita iniziano a trovare le prime conferme». Dal mercato del lavoro «vengono indicazioni positive e la cig si sta riducendo, assieme alle richieste di sussidi di disoccupazione. Gli effetti del Jobs act e della diminuzione degli oneri sociali sul costo del lavoro si vedono soprattutto nell'aumento dei contratti a tempo indeterminato, anche attraverso la trasformazione di quelli temporanei. Sono segnali importanti, perché mostrano che più ottimismo e maggiore attività prendono corpo tra settori e territori, anche là dove la crisi è stata più lunga e profonda, e si rafforzano a vicenda».