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Sicurezza stradale, non solo spot di forte impatto

Spot dai toni e dalle immagini forti. Sempre più spesso capaci di incutere timore a chi li guarda. E’ il minimo dovuto, a nostro avviso, perché il fenomeno dell’incidentalità stradale, questo il loro contenuto, continua a registrare migliaia di morti e feriti.

Anche se i rapporti Aci-Istat, e quelli diffusi dalla Polizia Stradale, registrano un positivo calo del numero dei sinistri, il tributo di sangue rimane impressionante: nel 2013 sono decedute 3.385 persone, 252.421 quelle rimaste ferite. Ben vengano, allora, video scioccanti, campagne di sensibilizzazione a una guida sicura, flash-mob a tema, corsi specifici per formare i guidatori e quant’altro finora promosso da Istituzioni e Associazioni private. Non può consolare, d’altronde, la sottolineatura che, stando a un recente studio dello European Transport Safety Council, il nostro Paese, rispetto al trend di riduzione dell’incidentalità nell’Unione europea, si collochi nella media dei 28 Stati membri.

In tema di sicurezza stradale molto si è fatto ma molto si può (e deve) ancora fare. Le campagne d’informazione puntano, tra l’altro, a un cambiamento culturale veicolando story-board mirati al target di riferimento cui sono indirizzate. La positiva collaborazione che vede in campo più soggetti (Ministeri, Polstrada, Carabinieri, Anas, Aci, Aiscat, associazioni, privati ecc.) ha portato a un miglioramento complessivo della conoscenza del fenomeno sotto l’aspetto sociale, ambientale, infortunistico e sanitario.

Autovelox, Tutor, Vergilius (il sistema di controllo della velocità frutto dalla collaborazione tra Anas e Polizia Stradale) sono deterrenti (elettronici) quanto possono esserlo, fisicamente, le pattuglie delle Forze dell’Ordine, che ci riportano comunque alla necessità, come evidenziato sopra, di quel salto culturale che trovi nell’automobilista un utente della strada accorto e rispettoso della propria e altrui sicurezza.

La Ue, su questo tema specifico, è più volte scesa in campo dettando le linee-guida ai Paesi membri per cercare di contrastare il fenomeno e armonizzare le iniziative da porre in essere. Non si dimentichi, inoltre, che Bruxelles si è posta l’obiettivo di dimezzare il numero dei decessi entro il 2020. La strategia da seguire è delineata: occorre elevare il livello di sicurezza degli utenti, in particolare di quelli identificati come “deboli”, e, quindi, pedoni, motociclisti, ciclisti, aumentare gli standard di sicurezza, attiva e passiva, delle vetture; rendere sempre più sicure le infrastrutture viarie (segnaletica adeguata, asfalto drenante, eliminazione “buchi neri” ecc.). Agendo su queste tre leve si possono ottenere apprezzabili risultati. La conferma viene proprio dal programma europeo per la sicurezza stradale 2001-2010 che, si legge in una nota, “ha salvato oltre 78.000 vite umane”. Dal programma 2011-2020 ci si aspettano ancora di più.

Rimane essenziale, in ogni modo, come sosteniamo da tempo, disporre di adeguate banche-dati che fotografino, costantemente, lo “stato di salute” di ogni singola arteria. Il loro continuo monitoraggio (manutenzione, incidentalità, volumi di traffico, “punti neri” ecc.) garantisce all’Ente proprietario della strada (Anas, Regione, Provincia, Comune) un flusso aggiornato d’informazioni (provenienti pure dalle altre Istituzioni direttamente e operativamente interessate) che consente, poi, la programmazione d’interventi mirati, con conseguenti economie di scala in termini di spesa, finalizzati al miglioramento della sicurezza.

Tutto questo, però, ben sapendo che il conducente, l’attore principale in tema di sicurezza, deve avere la consapevolezza che l’educazione stradale non si conclude al rilascio della patente ma è un “continuum”. Elevare lo standard di guida di ognuno di noi porta a fare di ogni viaggio un’esperienza che amplia i propri orizzonti. E le proprie conoscenze.