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Cantone: «Metrò C di Roma, troppi aumenti di costo, non tutti dovuti»

Rilievi archeologici inesistenti prima di mettere in gara l'opera, maxi contenzioso tra ente pubblico e imprese nonostante il sistema del "general contractor", iscrizione di riserve da parte delle imprese (richieste di aumento costo) per 1.394 milioni di euro su un valore contrattuale di 2.364, a cui sono seguiti riconoscimenti di maggiori costi per 635 milioni, non sempre previa attenta verifica della fondatezza delle richieste da parte dell'ente pubblico appaltante.

L'Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone censura sia il Comune di Roma (in particolare le amministrazioni guidate da Veltroni e Alemanno) sia le imprese (il consorzio guidato da Astaldi e Vianini Lavori), sia il governo (all'epoca il Berlusconi II) per l'appalto e i lavori per la linea C della metropolitana di Roma. La deliberazione n. 51/2015 , pubblicata il 3 luglio, esamina in dettaglio le cause che hanno comportato un aumento dei costi complessivi dell'opera da 3.047 a 3.739 milioni di euro, e l'importo del contratto con le imprese da 2.364 a 2.899 milioni (che arriveranno a 2.990 con gli "oneri da contraente generale"), sostenendo che molti di questi aumenti si potevano evitare, o sono stati riconosciuti illegittimamente alle imprese o senza attenta verifica delle richieste di variante. E di conseguenza manda la sua delibera alla procura della Corte dei conti di Roma per successivi accertamenti.

Tuttavia tutti i rilievi dell'Anac si riferiscono a "fatti storici", varianti approvate e maggior oneri riconosciuti anche dal Cipe, lodi arbitrali passati in giudicato. Potrebbe dunque non esserci un effetto diretto e immediato sul contratto e sul contenzioso ancora in corso tra imprese e Roma Capitale.

Tant'è che il commento ufficiale di Metro C spa (Astaldi, Vianini Lavori, Ansaldo Sts, Cmb, Ccc) è molto cauto: «Prendiamo atto positivamente dell'istruttoria Anac – commenta al Sole 24 Ore l'amministratore delegato Fabio Giannelli – perché conferma la nostra correttezza nella gestione del contratto. I rilievi sugli aspetti archeologici si riferiscono infatti a progetti messi in gara dall'amministrazione».

Il primo errore – secondo Cantone, che ha firmato la delibera – è stato infatti quello di mettere in gara l'opera con «pressoché totale assenza di indagini e studi archeologici preventivi», nonostante il tracciato attraversi aree con la maggiore densità di reperti al mondo (l'area di San Giovanni, il Colosseo, i Fori Imperiali).

I soggetti finanziatori (Stato, Comune e Regione, ndr) – spiega Cantone – «hanno ritenuto che l'unica soluzione perseguibile per il completamento dell'indagine potesse essere quella di effettuare le indagini nell'ambito della realizzazione dell'opera», mentre è stata scartata l'ipotesi alternativa di affidare con appalto distinto le indagini archeologiche. Questo è stato un errore secondo l'Anac, che delibera di «ritenere l'operato della Stazione appaltante non coerente con i principi di trasparenza e di efficienza per aver messo a gara un progetto di tale rilevanza in carenza di adeguate indagini preventive, per una parte molto estesa del tracciato, senza tener in debito conto i pareri espressi dalla Soprintendenza archeologica».

Il progetto a base d'asta era fra l'altro solo preliminare per molte tratte, come andava di moda all'epoca del ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, per "fare presto" e affidare progettazione e lavori "chiavi in mano" alle imprese. Tuttavia nell'appalto Roma Metropolitane (Comune) ha mantenuto in capo, non trasferendolo alle imprese il rischio derivante da modifiche al progetto dovute ai rilievi archeologici, fattore che è stato infatti determinante nelle richieste di aumento di costo, soprattutto per i maggiori tempi a cui ha costretto i cantieri.

L'opera è andata in gara il 15 febbraio 2005, per un costo di investimento di 3.047 milioni (finanziato inizialmente solo per 1.232) e un valore a base d'asta di 2.510 milioni , con valore contrattuale definitivo di 2.364 milioni. Il costo totale è poi lievitato agli attuali 3.739 milioni, valore che però secondo l'Anac sottistimato, perché deve essere ancora fatta la progettazione per il tratto Venezia-Clodio (si stima un costo totale effettivo di almeno 4,5 miliardi).

L'Anac ricorda che il general contractor ha iscritto riserve (richieste di maggiori oneri) per 1.394 milioni di euro, e le varianti approvate dall'amministrazione sono state 45 per 315 milioni, a cui è seguito il riconoscimento da parte del Cipe di ulteriori 230 milioni per oneri dovuti all'allungamento dei tempi. L'Anac bacchetta tuttavia i soggetti preposti alle verifiche sulla congruità delle richieste delle imprese (direttore lavori, Rup, commissione speciale art. 240), ritenendo che «non sembra sia stata fatta» «un'attenta valutazione in termini di ammissibilità, fondatezza e quantificazione economica».

L'accordo attuativo del 9 settembre 2013 tra il general contactor e Metro C Spa ha inoltre riconosciuto oneri extra dovuti alla funzione del general contractor, che le imprese calcolano in 90 milioni di euro, cosa che secondo l'Anac non doveva essere fatta perché anche se è vero che la legge che riconosce tali oneri (Dlgs 17 agosto 2005 n. 89) è successiva al bando di gara, è però precedente all'offerta, e dunque «potevano ritenersi già ricomprese tra le attività oggetto di affidamento e remunerate nei prezzi contrattuali». Tuttavia l'Anac riconosce che il lodo arbitrale che riconosce questi 90 milioni è ormai passato in giudicato. Questo le imprese lo sanno bene, e se l'amministrazione Marino continuerà a non voler pagare questi 90 milioni, nonostante Cantone, sono pronte a fare causa al tribunale civile.