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Rigenerare per una vita

Il riutilizzo di pavimentazioni demolite per realizzare nuovi manti bituminosi è possibile anche ad elevate percentuali: per farlo è però imprescindibile l’utilizzo di prodotti rigeneranti

Conglomerato bituminoso

Con riferimento alle pavimentazioni stradali, dal punto di vista dei conglomerati bituminosi (CB), uno degli obiettivi strategici individuati dall’allora MIMS per il raggiungimento del Green Deal europeo è il riciclaggio di materiali [1].

L’avvento di impianti di ultima generazione permette oggigiorno il recupero di elevatissime percentuali di granulato di conglomerato bituminoso (GCB – in gergo “fresato”), anche sino al 100%.

Oltre che in termini di lavorabilità delle miscele, è scientificamente riconosciuto che l’elevata percentuale di GCB deve essere gestita anche dal punto di vista chimico, poiché il bitume derivante dal riciclo delle vecchie pavimentazioni demolite risulta essere invecchiato, e quindi deve essere opportunamente trattato per ripristinare le sue caratteristiche chimiche iniziali.

Conglomerato bituminoso
1.

I prodotti attualmente in commercio per il reimpiego di GCB nelle miscele bituminose possono essere divisi in due macrocategorie: flussanti e rigeneranti.

È importante specificare, tuttavia, che il loro funzionamento e, di conseguenza, le prestazioni delle pavimentazioni stradali che ne derivano, è completamente differente. Per tale motivo è necessario saper distinguere questi due prodotti attraverso delle opportune tecniche di laboratorio.

Bitume da GCB

In accordo alla normativa vigente, la maggior parte del GCB deriva dalla fresatura e/o scarifica degli strati bituminosi delle pavimentazioni a fine vita utile.

Una quantità irrisoria deriva invece da scarti in fase di confezionamento dei conglomerati bituminosi (avviamento e spegnimento dell’impianto, oppure da erronee produzioni) e da eccedenze produttive. Il GCB è costituito da aggregati lapidei, o agglomerati di aggregati di varie dimensioni, ricoperti da un sottile strato di bitume più o meno ossidato.

Invecchiamento di un bitume
2. Verifica chimica (SARA) dell’invecchiamento di un bitume

Entrando nel dettaglio dal punto di vista chimico, il bitume ha quattro componenti principali che ne comportano la relativa complessità. Chimicamente, tali costituenti sono indicati con la sigla SARA [2]: Saturi (5-20%), che grazie alla loro funzione gelificante favoriscono la flocculazione degli asfalteni e quindi conferiscono elasticità al bitume; Aromatici (40-60%), che agiscono come solvente per gli asfalteni; Resine (10-25 %), che donano stabilità al bitume grazie alla loro maggiore polarità; Asfalteni (5-25%), che influenzano la viscosità e la rigidezza del bitume.

L’invecchiamento chimico del bitume comporta un cambiamento naturale ed irreversibile del bilancio molecolare, a causa dell’ossidazione (influenza le componenti polari del bitume con conseguente aumento degli asfalteni), della polimerizzazione e dell’evaporazione delle parti più leggere [3]. Durante la fase di invecchiamento, la percentuale di saturi rimane praticamente invariata, quella degli aromatici diminuisce, mentre quelle delle resine e degli asfalteni aumentano.

Dal punto di vista del CB, il tasso di ossidazione dipende dal contenuto di bitume, dal contenuto di vuoti (accessibilità dell’aria e dell’acqua), dalla temperatura e dallo spessore dello strato, ma anche dall’esistenza di fessurazioni. A causa dello sbilanciamento delle frazioni SARA, il bitume diventa più viscoso, duro e manifesta minore adesività (decremento delle proprietà fisico-meccaniche).

DSR positivo
3. DSR positivo

Nel dettaglio, l’invecchiamento si manifesta in duplice fase [4]:

  • Invecchiamento a Breve Termine (IBT), dovuto alla produzione e allo stoccaggio del bitume e alla fase di produzione, trasporto e stesa dei CB;
  • Invecchiamento a Lungo Termine (ILT), dovuto alle fluttuazioni climatiche, alle radiazioni ultraviolette, all’ossigeno e anche ai carichi indotti dai veicoli.

I processi di verifica dell’invecchiamento sono standardizzati attraverso prove di laboratorio come, ad esempio, le prove Rolling Thin Film Oven Test e Thin Film Oven Test (UNI EN 12607), le quali vengono usate per simulare l’IBT; diversamente, le prove Pressure Aging Vessel (UNI EN 14769) e Rotating Cylinder Ageing Test (UNI EN 15323) simulano l’ILT.

Queste procedure utilizzano temperature e/o pressioni elevate per velocizzare il processo di invecchiamento e per simulare i livelli ottenuti su strada in un lasso temporale molto inferiore.

Le nuove tecniche di analisi (come ad esempio: Fluorescent Microscopy – FM, Differential Scanning Calorimeter – DSC, Dynamic Shear Rheometer – DSR, X-ray Diffraction Analysis – XRD, Thin-Layer Chromatography Flame Ionization Detection – TLC-FID, Atomic Force Microscope – AFM) hanno inoltre comprovato che tutti i bitumi subiscono invecchiamento, compresi quelli modificati con EVA e/o SBS [5] [6].

Dal punto di vista produttivo delle miscele bituminose, il GCB può essere riciclato in diversi modi. Il metodo di riciclaggio che garantisce maggiore sostenibilità (in funzione della riduzione di consumo di materie prime e di energia) e, allo stesso tempo, adeguate prestazioni meccaniche è probabilmente quello che ne prevede l’inserimento a caldo nei CB.

DSR negativo
4. DSR negativo

Il quantitativo di GCB riciclabile nella miscela dipende in primis dal trattamento che subisce (vagliatura e/o frantumazione prima dell’uso), dalle modalità di stoccaggio (è sempre opportuno conservare il materiale al coperto sotto a delle tettoie e/o comunque rialzarlo da terra per evitare che esso assorba un’eccessiva umidità), dal tipo di impianto (continuo o discontinuo) e dalla relativa tecnologia di inserimento (nell’apposito anello, direttamente in fase di mescolazione, attraverso un tamburo dedicato, etc…).

È noto ormai che una formulazione non corretta dei mix design e/o una gestione sbagliata in impianto del GCB comporta, tendenzialmente, una riduzione delle prestazioni finali delle miscele bituminose e un ammaloramento anticipato delle pavimentazioni.

Sicuramente, un elemento chiave per CB prestazionali è la scelta del corretto prodotto da utilizzare per sopperire all’invecchiamento del bitume contenuto nel GCB.

Rigeneranti vs flussanti

I prodotti in grado di ripristinare il bitume invecchiato del GCB sono generalmente sempre necessari, anche a basse percentuali di GCB, mentre diventano fortemente consigliati per quantitativi superiori al 30%.

PXRD positivo – Rigenerante
5. PXRD positivo – Rigenerante

Fondamentale è anche la scelta del prodotto corretto per il riciclaggio in funzione del processo produttivo del CB e dell’impianto utilizzato, dell’eventuale metodo di riscaldamento del GCB, nonché della categoria di rigeneranti oppure flussanti [8].

A causa dell’elevata varietà di prodotti commerciali disponibili, la scelta del prodotto idoneo per il riciclaggio non è del tutto semplice. L’European Asphalt Pavement Association [9] definisce i prodotti come segue:

  • additivo per il riutilizzo/riciclaggio del GCB: prodotto utilizzato nel confezionamento di CB con GCB per agire sul bitume invecchiato, contribuendo a rispettare i requisiti e le specifiche delle miscele finali, richieste dalle Norme Tecniche;
  • rigenerante: è un additivo per il riutilizzo/riciclaggio del GCB che agisce non solo sulle proprietà reologiche del bitume invecchiato (es. viscosità, penetrazione o punto di rammollimento), ma anche sulla composizione chimica e sulle proprietà del legante invecchiato, ristabilendo in parte o in toto la composizione SARA tipica di un bitume di primo utilizzo.
PXRD negativo – Flussante
6. PXRD negativo – Flussante

Una classificazione più dettagliata arriva invece dal mondo scientifico, dove i prodotti sono divisi in [10 e 11]:

  • flussanti: sono tendenzialmente oli che, mescolati con il bitume d’aggiunta e quello ossidato, comportano un effetto plastificante e di riduzione della viscosità delle miscele bituminose riciclate, garantendo adeguata lavorabilità [4];
  • rigeneranti: oltre agli effetti plastificanti e di riduzione della viscosità, influiscono sulla composizione chimica e/o la struttura della matrice bituminosa del bitume invecchiato (composizione SARA). Ripristinano in parte o in toto la composizione chimica tipica di un bitume di primo utilizzo.

È possibile eseguire una classificazione in rigenerante o flussante attraverso prove di laboratorio che comprendono un processo di verifica specifico [12], identificato dall’Università della Calabria – Dipartimento di Chimica e Tecnologie Chimiche, grazie ad una ricerca durata diversi anni. Tale processo comprende le fasi di seguito descritte:

  1. preparazione campione di bitume di riferimento (B – tal quale oppure modificato);
  2. additivazione del campione B (BA);
  3. invecchiamento a breve e lungo termine del campione B (BI);
  4. invecchiamento a breve e lungo termine del campione BA (BAI);
  5. invecchiamento a breve e lungo termine del campione BAI (BIAI).
Riferimento – Busalla 50-70
7. Riferimento – Busalla 50-70

L’invecchiamento a breve termine deve essere eseguito con l’RTFOT (UNI EN 12607-1) mentre quello a lungo termine con il PAV (UNI EN 14769). La prima prova da eseguire per tutti i campioni è quella reologica, secondo i settaggi riportati nell’allegato C della norma UNI 11837.

Lo strumento da utilizzare è il DSR. I risultati ottenuti sono i moduli meccanici in un determinato intervallo di temperature (Time Cure o Temperature Ramp Test). L’azione rigenerante e antiossidante è verificata attraverso il confronto dei profili viscoelastici.

Tale verifica è necessaria, ma non sufficiente, per poter affermare che il prodotto sia un rigenerante. Il passo successivo è quindi quello di eseguire delle analisi con diffrattometro a raggi-X (XRD) e/o con microscopio a forza atomica (AFM) sui campioni che hanno superato il precedente test, sempre seguendo le indicazioni contenute nell’allegato C della norma UNI 11837. Per l’analisi XRD, devono essere individuate le bande tipiche del bitume che saranno individuate dai pattern di diffrazione (γ-band, paraffinic peak e graphene peak).

I risultati sono inseriti in un grafico “intensità di diffrazione-angolo di diffrazione 2-theta” e la funzione rigenerante deve essere verificata attraverso il confronto della posizione delle bande tipiche ottenute. Nell’analisi AFM, la funzione rigenerante è verificata attraverso il confronto dell’organizzazione delle strutture molecolari ottenute.

AFM positivo – Rigenerante
8. AFM positivo – Rigenerante

Conclusioni

A seguito dei diversi provvedimenti che sono stati intrapresi dalle organizzazioni mondiali, nello specifico europee, oggigiorno l’obiettivo principale anche in campo stradale è la sostenibilità.

Una delle soluzioni più perseguite è quella di reimpiegare il materiale derivante dalla demolizione delle vecchie pavimentazioni nei nuovi CB. Il suo utilizzo ad elevate percentuali, senza un opportuno trattamento (rigenerazione), comporta un peggioramento delle prestazioni meccaniche della miscela finale e quindi una minore vita utile.

Gli impianti di produzione attualmente in commercio permettono di recuperare anche l’80-100%, ma è necessario impiegare specifici prodotti, definiti rigeneranti, in grado non solo di dare lavorabilità alla miscela, ma anche di ripristinare le caratteristiche chimiche del bitume che risulta invecchiato a causa del primo ciclo di vita.

Sul mercato sono disponibili numerosi prodotti che, tuttavia, non sempre possono essere identificati come rigeneranti, ma spesso sono dei semplici flussanti.

Una semplice procedura per identificare l’azione rigenerante è stata messa a punto dall’Università della Calabria, che comprende prove di caratterizzazione reologica e chimica eseguite su campioni di laboratorio, dove è stato simulato l’invecchiamento del legante ed applicato il corretto quantitativo di prodotto.

Pertanto, la sostenibilità è oggigiorno agevolmente perseguibile, a patto che vengano utilizzate le tecnologie disponibili sul mercato che ne possano assicurare il risultato.

AFM negativo – Flussante
9. AFM negativo – Flussante

Bibliografia

[1]. STM. (09/09/2022). Linee guida operative per la valutazione delle opere pubbliche – Settore stradale.

[2]. D’Angelo, S. (2021). Caratterizzazione reologica di bitumi modificati con compound polimerici innovativi. Università Politecnica delle Marche: Tesi di Laurea.

[3]. Lesueur, D. (2009). The colloidal structure of bitumen: Consequences on the rheology and on the mechanisms of bitumen modification. Advances in collid and interface science.

[4]. Di Mino, G., Vijayan, V., Eskandarsefat, S., Venturini, L., & Mantalovas, K. (2023). Investigating the multi-recyclability of recycled plastic-modified asphalt mixtures. Infrastructures.

[5]. Airey, G. (1999). Dynamic shear rheometry, fluorescent microscopy, physical and chemical evaluation of polymer modified bitumens. 7th conference on asphalt pavments for southern Africa.

[6]. Kleizien, R., Panasenkien, M., & Vaitkus, A. (2019). Effect of aging on chemical composition and rheological properties of neat and modified bitumen. Materials.

[7]. Noferini, L., Simone, A., Sangiorgi, C., & Mazzotta, F. (2017). Investigation on performances of asphalt mixtures made with reclaimed asphalt pavement: effects of interaction between virgin and rap bitumen. ScienceDirect.

[8]. Bocci, E., Mazzoni, G., & Canestrari, F. (2019). Ageing of rejuvenated bitumen in hot recycled bituminous mixtures: influence of bitumen origin and additive type. Road Materials and pavement Design.

[9]. EAPA. (2022). The Circular Economy of Asphalt. Brussels. Tratto da https://eapa.org/eapa-position-papers/

[10]. Abe, A., Caputo, P., Eskandarsefat, S., Loise, V., Porto, M., Giorno, E., . . . Oliviero Rossi, C. (2023). Rejuvenating Agents vs. Fluxing Agents: their respective mechanisms of action on bitumen subjected to multiple aging cycles. Applied Sciences – MDPI. Tratto da https://doi.org/10.3390/app13020698

[11]. Abe, A., Oliviero Rossi, C., Eskandarsefat, S., Porto, M., Loise, V., Venturini, L., & Caputo, P. (2023). Reclaimed asphalt recycling agents: looking into the blueprint of their mechanisms of action. Construction and Building Materials – Elsevier.

[12]. UNI 11837. (2021). Criteri di qualificazione, controllo e impiego di additivi per miscele legate a bitume per la formazione di strati di sovrastrutture per infrastrutture di trasporto.

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