Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Giovannini: “Piano da oltre 200 miliardi per i trasporti. Il Recovery va accelerato, non stravolto”

(Come riportato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili)
Intervista del Ministro Giovannini rilasciata a “La Stampa”.

Il ministro: “Assegnati i fondi per i prossimi 15 anni. Meloni? Per il Pnrr solo modifiche su progetti specifici”.

«Il piano nazionale di ripresa e resilienza va accelerato, non stravolto». Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, si rivolge ai partiti in campagna elettorale e annuncia che non si candiderà: «Ho fatto questa scelta coerentemente con la mia storia professionale. Continuerò a portare avanti la mia attività di professore universitario e di animatore del dibattito pubblico, come ho fatto con l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile». A Giorgia Meloni che chiede la revisione del Pnrr dice: «Si possono cambiare alcuni progetti, ma non ha senso rivedere tutto il piano».

Il suo ministero ha appena pubblicato il piano per la mobilità ciclistica, con la fine del governo Draghi è destinato al binario morto?

«No, è un progetto che prosegue come gli altri. Con l’allegato infrastrutture e trasporti del Def, abbiamo delineato un piano di investimenti nei prossimi quindici anni pari a 279 miliardi che hanno a che fare con il sistema integrato dei trasporti. Di questi, 209 miliardi sono stati già assegnati, tra cui i 600 milioni dedicati alla mobilità ciclistica. Questo “piano del futuro” ruota attorno a tre elementi: pianificazione, investimenti e riforme».

Cosa intende per fondi già assegnati?

«Che sono stanziati con delle finalità precise, ad esempio con la legge di bilancio una parte di quei fondi, 5 miliardi, sono stati assegnati alla revisione e al potenziamento della ferrovia adriatica, che è la linea su cui viaggiano soprattutto le merci».

C’è il rischio che tutti quei soldi nei prossimi anni vengano spostati su altri progetti?

«È un rischio potenziale: l’opinione pubblica deve vigilare attentamente per capire come le forze politiche che assumeranno la guida del Paese gestiranno questi fondi».

Può fare un esempio concreto?

«Nell’ultima legge di bilancio abbiamo messo a punto 36 miliardi di euro in più per le infrastrutture, una di queste è l’alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. I finanziamenti disponibili consentono di realizzare le prime tratte, ma è importante che l’intero progetto venga finanziato e portato a termine».

I temi legati a mobilità e infrastrutture sembrano assenti in campagna elettorale.

«Non ho visto ancora tutti i programmi elettorali, ma non c’è dubbio che alcuni di questi siano molto generici. Eppure, dobbiamo decidere quale sarà il futuro della mobilità per le persone: sarà ancora centrata sull’auto individuale o su sistemi più condivisi? Andremo avanti con tir vecchi che inquinano e provocano incidenti, oppure realizziamo “la cura del ferro” spostando le merci sulle ferrovie? Questi sono temi fondamentali per le persone e le imprese, devono esserlo anche per le forze politiche».

Come giudica la proposta di Giorgia Meloni di rivedere il Pnrr?

«Vorrei capire cosa vuol dire rivedere il Pnrr. Le regole sono chiare: è possibile per un Paese, in funzione di eventi eccezionali, rinegoziare alcuni obiettivi. Se, ad esempio, a causa dell’aumento delle materie prime alcune opere pubbliche costano molto di più, si può decidere di proporre all’Unione europea di fare un’infrastruttura di meno e comprare più autobus ecologici. Questo è possibile, ma non è una revisione del Piano: è una rimodulazione di alcuni progetti specifici».

Quindi non si possono spostare miliardi da un capitolo all’altro.

«In teoria un Paese può proporre un’operazione di questo tipo, però ci vuole l’accordo di tutti gli altri Stati. L’impostazione del Pnrr è pienamente coerente con le indicazioni politiche generali europee, come la transizione digitale, ecologica, gli investimenti nel capitale umano e nella salute. Con tutto quello che è successo nell’ultimo anno e mezzo – penso alla guerra in Ucraina, alle difficoltà energetiche, al cambiamento climatico che è sotto gli occhi di tutti – si dovrebbe accelerare l’attuazione del piano, non stravolgerlo. Anzi, andrebbe rafforzato con ulteriori risorse nazionali, come abbiamo fatto con l’ultima legge di bilancio».

Come stanno andando le gare sugli investimenti?

«In generale, procedono bene, secondo i cronoprogrammi. In qualche caso, ci sono ritardi, che però non mettono a rischio gli obiettivi. I prossimi mesi vedranno un vero boom delle gare per interventi infrastrutturali. Il secondo semestre 2022 è molto impegnativo per tutto il Pnrr, specialmente per le riforme, ma non per il mio ministero, visto che abbiamo già fatto quelle previste per quest’anno».

E per il 2023?

«Per l’inizio del prossimo anno ci sono alcune preoccupazioni, ne cito una: il Codice degli appalti. La legge delega è stata approvata a giugno, ma entro marzo bisogna pubblicare i decreti delegati che devono passare per il parlamento. Al momento sui testi sta lavorando il Consiglio di Stato, ma il parlamento che si troverà a giudicare questi decreti sarà diverso da quello che ha approvato la legge delega. Ricordo che su alcune cose noi faticammo a trovare l’accordo: un anno e mezzo fa, una parte della politica diceva che il Codice degli appalti andava cancellato e un’altra diceva di non toccare nulla. Queste posizioni sono state superate con una legge delega innovativa, ma un parlamento nuovo può avere punti di vista diversi».

Il Pnrr è il vero programma della prossima legislatura?

«È un elemento irrinunciabile, ma non esaurisce le decisioni da assumere. Nella prossima legislatura, ad esempio, bisognerà programmare i nuovi fondi europei per circa 80 miliardi e il fondo sviluppo e coesione, altri 50 miliardi di risorse nazionali. Si piano tratta di un’opportunità straordinaria. Il prossimo governo avrà un ruolo molto importante nel decidere, insieme alle regioni, come orientare questi finanziamenti, magari usando il Pnrr come schema logico su cui fare ulteriori investimenti, anche in infrastrutture e mobilità sostenibili».