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Autostrade: Palazzo Chigi pronto alla revoca delle concessioni

La ministra dei Trasporti De Micheli ha presentato alla società una proposta ultimativa. Ma i Benetton l’hanno respinta puntando sulla caduta del Conte 2. Scontro con Renzi.

Palazzo Chigi non è una bisca eppure si scommette (un centesimo) sulla soluzione definitiva per Autostrade: la revoca.

C’entra naturalmente il voto finale di ieri al decreto Milleproroghe che ora è legge e annulla la maxi-penale che lo Stato avrebbe dovuto pagare ai concessionari (23 miliardi).

C’entra il muro contro muro ingaggiato dal governo con Autostrade per l’Italia: all’ultima proposta per evitare la rottura la famiglia Benetton, principale azionista di Atlantia che controlla Aspi, ha risposto picche. Facendo a sua volta una scommessa: la caduta del Conte 2.

L’esecutivo non vuole più attendere, anche perché dal crollo del Ponte Morandi che ha inghiottito 43 vite, sono trascorsi ormai 19 lunghissimi mesi.

Da ieri ha in mano lo strumento normativo per affrontare il delicato passaggio con garanzie per i conti pubblici, la tutela dei lavoratori e la convenienza dei cittadini. Sul piatto ha messo un’idea di pax autostradale con il gestore.

Revisione totale della concessione, investimenti massicci fuori budget ovvero non legati alle tariffe, riduzione dei pedaggi sulla base dei calcoli affidati all’algoritmo dell’Autorità dei Trasporti e non alla scelta arbitraria dei titolari.

Non è una multa, dicono fonti governative. È qualcosa di più strutturale, praticamente una nuova concessione, la riscrittura totale delle regole che delimitano il rapporto pubblico-privato con Aspi. Come spiegano al ministero dei Trasporti, per dimensioni, soldi e durata questa concessione non ha eguali in tutta Europa. Ma la cifra che l’accordo costerebbe ad Autostrade si può quantificare: più di 4 miliardi. E viene meno la leva dei pedaggi stabiliti in proprio.

A differenza di Toninelli, il governo giallo-rosso ha preparato il terreno della revoca cercando di parare i colpi giuridici.

Il premier, giunti all’ultima curva, vede delle controindicazioni sia nella “nuova” concessione sia nella cancellazione del contratto. Al dunque significa che entrambe le ipotesi sono percorribili. La decisione tocca al concessionario. Di fronte al “no” di Autostrade non sembrano esserci altri margini. I tempi sono molto stretti. A meno di un ripensamento dei prossimi giorni, di una chiamata in extremis.

Sul tavolo ora c’è l’ultimatum dello Stato: prendere o lasciare. L’unica bussola, ripetono al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è l’interesse dei cittadini.

L’annullamento dell’”affitto” infrastrutturale costerà allo Stato 7 miliardi. Che corrispondono all’ammortamento degli investimenti messi a bilancio e non più ai mancati introiti (23 miliardi) di un contratto che varie amministrazioni hanno prolungato fino al 2038.

Comunque non sono bruscolini. Ma il Milleproroghe stabilisce la scadenza del saldo: 4 anni. Nel frattempo saranno partite le gare per la nuova assegnazione. E lo Stato incasserà i soldi dai concessionari subentranti. Insomma, non verrà evitato l’impatto sulle tasche dei contribuenti.

Autostrade può rimanere appesa così a lungo? A questa domanda la ministra Paola De Micheli era sicura che la risposta sarebbe stata negativa. Tanto più che il suo dicastero, negli ultimi tempi, ha stabilito un ottimo rapporto con il nuovo amministratore delegato di Aspi, Roberto Tomasi.

Piena collaborazione sulla manutenzione, interventi immediati, scambio continuo di informazioni. Ma sull’intesa Tomasi ha dovuto fare un passo indietro. La scelta è degli azionisti.

Nella fase transitoria post revoca il decreto stabilisce che la gestione passi ad Anas, con la garanzia dei “soggetti più deboli”, ossia i lavoratori. Si stanno valutando anche altre opzioni sulla base del diritto comparato. Questo è davvero il pezzettino finale che manca al puzzle. Il possibile scacco matto ai Benetton.

Se finirà davvero così al ministero sono convinti che mai più verrà siglata una concessione così imponente come quella in essere. La rete autostradale sarà spacchettata. Non vedremo una maxi-gara su 3000 chilometri di asfalto, viadotti e tunnel. I lotti saranno più piccoli.

Dal punto di vista politico, i 5 stelle potrebbero rivendicare il successo di una loro battaglia. Ma l’intero esecutivo si metterebbe in sintonia con l’elettorato che, secondo tutti i sondaggi, chiede a grande maggioranza la revoca. Inutile dirlo: questa decisione aprirebbe un nuovo fronte con Matteo Renzi.

Italia Viva ha cercato fino all’ultimo di modificare l’articolo 35 del Milleproroghe, quello che cambia le regole dei rapporti con i concessionari. Alla fine però ieri ha votato la fiducia. Non ha minacciato crisi o sfiducie. Aspi dunque sapeva che sarebbe finita con il via libera del Parlamento. Ecco perché il loro “no” viene preso sul serio a Palazzo Chigi. E la revoca si avvicina.