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Ance, corpo normativo ingestibile che paralizza cittadini e imprese: 16 anni per ultimare le grandi opere

Photo credit: cngeologi.it

Alessandro Lerbini per Enti Locali & Edilizia riporta una analisi del Presidente di Ance Gabriele Buia, sulle difficoltà normative che paralizzano l’esecuzione di opere pubbliche.

Buia: «I numeri della legislazione sulle opere pubbliche dal ‘94 a oggi dimostrano che siamo di fronte a un monstrum normativo»

Oltre 500 provvedimenti in 26 anni per disciplinare gli appalti in Italia, con picchi di quasi 40 modifiche in un anno: un corpo normativo ingestibile e in continuo mutamento che paralizza cittadini e imprese.

È quello che emerge dal volume Ance che è stato presentato oggi nel corso del convegno online «Le mille e una norma – tutta la legislazione sui contratti pubblici dal 1994 ad oggi». Partendo dalla Legge Merloni del 1994, composta da 38 articoli per 48 pagine, provvedimento snello dedicato interamente ai lavori pubblici, si è passati al Codice De Lise (2006) e al Codice appalti (2016), leggi omnibus che riguardano anche i servizi e le forniture con oltre 200 articoli ciascuno.

Questa sovrapproduzione normativa va a impattare sui tempi di realizzazione delle opere pubbliche: la media è di 16 anni per ultimare un’opera sopra i 100 milioni di euro e 4-5 anni per i più semplici lavori di manutenzione.

Solo per approvare i contratti di programma Anas e Rfi ci vogliono 11 passaggi autorizzativi. Sono ancora bloccati da 2 anni e mezzo 30 miliardi di investimenti e quasi il 70% delle cause di blocco delle opere si concentra nella fase che precede la gara. Il 17% delle cause riguarda la fase di gara ma meno del 2% è relativo al contenzioso delle imprese.

«I numeri della legislazione sulle opere pubbliche dal ‘94 a oggi analizzati da Ance – afferma il presidente dei costruttori, Gabriele Buia – dimostrano chiaramente che siamo di fronte a un monstrum normativo (500 provvedimenti in 26 anni) che finisce per bloccare ogni intervento e per creare un caos nel quale non possono che proliferare inefficienza e corruzione.

Un ritmo in continua crescita che dimostra come l’esigenza di snellire e semplificare tanto sbandierata da tutti i Governi degli ultimi dieci anni non sia mai stata perseguita in modo efficace. Anzi di fronte alla necessità di semplificare cosa fa lo Stato? Deroga e aggira le norme che lui stesso ha prodotto. Il paradosso nel paradosso».

Per il vicepresidente dell’Ance, Edoardo Bianchi, «il volume presentato dimostra chiaramente che fino ad ora la politica ha predicato bene e ha praticato male: invece di togliere norme e procedure ha continuato a produrne di nuove senza criterio. Né questo modo di fare è migliorato dopo la pandemia, anzi.

La distanza tra le vere esigenze del Paese e chi ha la responsabilità di decidere e viene eletto in parlamento è ormai siderale. Invece di adottare modelli di gestione più efficienti e vicini alle reali esigenze delle persone si continua a normare come se il mondo della pubblica amministrazione fosse abitato solo da malandrini e come se tra stato e cittadini vigesse un vincolo inscindibile suddito-sovrano. Non è così che potremo risollevarci».