L’ultima voragine si è aperta al Gianicolo, nel cuore di Roma, in via Giuseppe Parini, nella notte tra venerdì e sabato scorsi, dopo il primo nubifragio che ha colpito la città. La strada è stata chiusa al traffico, la voragine è larga circa 5 metri. La storia si ripete sempre uguale a se stessa, se si parla di buche stradali. Un’antica piaga urbana, che non risparmia nessuno, a piedi, in moto, in bici o in macchina è impossibile non ‘incontrarle’. Per semiassi e ossa del collo sono guai.
“A Roma – spiega l’ingegner Michele Moramarco, responsabile dell’ufficio tecnico del SITEB (Associazione Italiana Bitume e Asfalto Strade) – la pavimentazione stradale spesso non è sostenuta da strati divisi e separati. Ecco perché il problema delle buche è così diffuso. La situazione diventa più grave quando a causa di lavori le strade vengono aperte e richiuse frettolosamente con dei materiali misti e non compatti. I micro spazi all’interno di questi materiali con la prima pioggia si riempiono d’acqua che piano piano, accumulandosi, crea dei veri e propri vuoti sotto l’asfalto”. Ecco come da una crepa sull’asfalto in poche ore si crea una voragine.
Il problema sono i mezzi pesanti
Il vero nemico del manto stradale sono i mezzi pesanti, come i camion e i pullman. Il peso di milioni di tonnellate fa flettere il bitume, cioè il collante che tiene insieme i sassolini che formano l’asfalto, che poi si spacca. Iniziano così a crearsi delle fessure. All’inizio le crepe riguardano solo gli strati più profondi, ma poi si ramificano in superficie con il continuo passaggio di carichi pesanti. La strada a questo punto ha l’aspetto di una griglia o una ragnatela, quello che i tecnici chiamano ‘pelle di coccodrillo’. Da lì a poco, con la prima infiltrazione di acqua, si formerà una buca.
La pioggia si infiltra nelle crepe dell’asfalto e quando l’acqua si accumula comincia a spingere contro le pareti delle fessure allargandole, fino a creare una vera e propria depressione che risucchia il materiale sgretolato. Questo movimento ripetuto crea la buca.
Come dovrebbero essere fatte le strade
Tutto dipende non solo da come le strade vengono asfaltate, ma da cosa c’è sotto il primo strato superficiale. Come per le case, la tenuta del manto dipende dalle fondamenta. Per essere a prova di buche la strada deve essere formata da vari strati:
• sottofondo di 25 cm
• base di 15 cm
• collegamento di 5 cm
• usura che può essere anche drenante di 4 cm
Emergenza ‘rappezzi’
In città per risolvere il problema delle buche velocemente e ad un costo basso spesso si utilizza il metodo del riempimento con il bitume istantaneo a freddo, che è una specie di toppa sulla buca. Ma questo risolverà il problema solo per qualche settimana, perché le fessure rimaste in profondità a breve si ramificheranno e creeranno di nuovo la buca.
Anche quando viene rifatta la carreggiata completamente in genere si rimuove solo lo strato superficiale. Più o meno 4 cm. Se sotto il manto non c’è una solida fondazione le buche ricompariranno nel giro di pochissimo tempo. Per capire la salute del terreno esistono strumenti che consentono di fare una di radiografia fino a 10 metri di profondità. Per questo “andrebbe fatta una manutenzione costante e pianificata su un lungo periodo”. “Perché quando i danni del manto stradale vengono riparati velocemente e cercando di contenere il più possibile i costi, il problema non si risolve all’origine.
Purtroppo in Italia manca una cultura della manutenzione che risolverebbe molti problemi e soprattutto farebbe risparmiare sul lungo periodo molti soldi. Invece nelle nostre città i lavori non vengono fatti o vengono fatti male. Si interviene solo in situazioni di emergenza, quando ormai è troppo tardi.
L’Italia per quanto riguarda i materiali e lo sviluppo delle tecnologie è all’avanguardia, potrebbe fare scuola agli altri Paesi, ma purtroppo non riusciamo a mantenere ciò che abbiamo. Dal 2008 ad oggi i lavori di manutenzione stradale si sono dimezzati, da 44 milioni di tonnellate a 22 milioni”.