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Riforma appalti, stretta sui 30mila enti abilitati alle gare: indicazioni dall’Anac

A quasi sette mesi dall'approvazione in Consiglio dei ministri decolla l'esame della riforma del codice degli appalti in commissione Lavori pubblici del Senato. Ieri è cominciata la discussione generale dopo le molte audizioni e il relatore Stefano Esposito (Pd) ha spinto molto sulla necessità di un dialogo con tutte le opposizioni e ha inviato «una traccia di lavoro informale ai colleghi» con un elenco di temi «sui quali si dovrebbero concentrare gli interventi di integrazione e modifica del testo in sede emendativa».

In un primo elenco di possibili modifiche, Esposito ha inserito «temi largamente condivisi» in commissione, su cui comunque si aspetta «utili indicazioni» dai gruppi. Fra questi temi c'è quello di una forte stretta sulle 30mila stazioni appaltanti, un'operazione più volte annunciata ma che stavolta verrebbe fatta sulla base di parametri oggettivi che dovrebbero essere forniti dall'Autorità nazionale anticorruzione.

Non sarà l'unico caso di rafforzamento del ruolo e dei poteri dell'Autorità guidata da Raffaele Cantone. Sempre in materia di stazioni appaltanti, un emendamento potrebbe affidare all'Anac il compito di tenere una classificazione degli enti appaltanti fatta in base alla organizzazione e alla qualificazione professionale dei dipendenti che vi operano. Ipotizzato anche un Albo nazionale degli appaltatori che dovrebbero a loro volta essere classificati con il rating di legalità ma anche sulla base dei criteri di reputazione (una valutazione cioè su come siano stati eseguiti gli appalti avuti dalle Pa). Ci sarebbe una revisione severa dei criteri di affidamento per le gare relative alle concessioni, mentre i criteri di trasparenza e concorrenza oggi applicati alle gare sopra la soglia Ue saranno estesi anche alle gare sotto soglia.

Per la scelta dei membri delle commissioni aggiudicatrici Esposito pensa a un sistema misto fra scelta da parte dell'Anac e sorteggio: l'Autorità dovrebbe presentare una lista di nove soggetti qualificati, poi scatterebbe una selezione sulla base della sorte. Su un punto Esposito è assolutamente determinato e ritiene che ci sia unanimità in commissione: occorre togliere immediatamente la responsabilità della direzione lavori ai general contractor. Sono le norme della Legge obiettivo che oggi sono sotto inchiesta della procura di Firenze per gli affidamenti delle direzioni lavori a Stefano Perotti sulla base di segnalazioni da parte di Ercole Incalza.

C'è un altro fronte su cui Esposito pensa di riportare le funzioni dell'impresa appaltatrice di lavori alla sola esecuzione di lavori: l'appalto integrato progettazione-lavori che sarà notevolmente ridimensionato e dovrebbe tornare legittimo solo in casi di forte componente tecnologica. Sarà limitato anche il performance bond per i grandi appalti: una norma sempre rinviata che di fatto non è mai entrata in funzione.

Altro fronte di potenziamento del ruolo Anac è quello del precontenzioso. Sarà ulteriormente rafforzata ed estesa questa via alternativa al ricorso giurisdizionale e il parere reso dall'Anac per dirimere la lite fra stazione appaltante e impresa sarà reso vincolante. «È solo un primo elenco informale di possibili modifiche e integrazioni al testo del governo – ripete Esposito – con l'obiettivo di creare un confronto positivo con maggioranza e opposizione». Resta il nodo della soft law, cioè del potenziamento di poteri regolatori affidati all'Anac in un disegno più organico che non la semplice sommatoria di nuove funzioni affidate all'Autorità.

«È necessaria una riflessione che tocca anche aspetti ordinamentali, non semplici da risolvere», dice Esposito che non ha dubbi invece sulla volontà di semplificare la disciplina. «Non so se sarà possibile inserire nella delega un tetto massimo di articoli totali fra codice e regolamento – dice – ma penso che, rispetto agli oltre 600 attuali, non si possa andare oltre i 250».