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Bassanini: «Procedure lunghe e nodo garanzie: piano Juncker a rischio flop»

Cassa depositi e prestiti, Abi (banche) e Ania (assicurazioni), nel corso di audizioni svoltesi il 24 e 25 marzo alla Commissione Bilancio della Camera, mettono in guardia dal rischio flop del PIano Juncker, il programma di investimento promosso dalla Commissione europea grazie al fondo di garanzia Efsi (il regolamento è in fase di approvazione, l'obiettivo è di rendere operativo il fondo entro il giugno prossimo).

Il più duro è stato il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini, nel corso di un convegno (Acque pulite) che ha anticipato di alcune ore la sua audizione alla Camera.
«Il piano Juncker rischia di rimanere una bolla di sapone – ha detto Bassanini – se non si risolvono alcuni nodi chiave. Su questo la Bei e le National promotional banks (l'italiana CdP e le omologhe di Francia, Germania e Spagna) faranno a breve un comunicato congiunto».

«Primo tema le procedure» ha detto Bassanini. «I tempi di approvazione dei progetti del Piano Juncker, secondo le regole attuali, nel regolamento in approvazione, sono talmente lunghi che si rischia di "vanificare" l'effetto anticiclico che è alla base dell'iniziativa. Il rischio che ogni procedura duri due anni è consistente.». «Se l'idea – aggiunge il presidente di CdP – è di incentivare una spinta agli investimenti che possono partire nel 2015-2016, con procedure lente e macchinose, che farebbero slittare i tempi fino al 2018-2019, l'effetto anticiclico che dovrebbe avere il piano Juncker sarebbe vanificato: perché si spera che per allora il ciclo sia cambiato, anzi dovrebbe essere proprio il piano a contribuire a cambiare ciclo».

Secondo tema il prezzo delle garanzie. «Pare che si voglia fare pagare le garanzie fornite da Efsi a prezzo di mercato – spiega Bassanini – ma se è così allora mi conviene comprarla da Generali o Allianz, o comunque non c'è nessuna addizionalità nel ruolo del fondo europeo. E invece è fondamentale che il piano Juncker consenta di fare più investimenti rispetto a quelli che ci sarebbero stati senza il piano stesso. Per questo, non è pensabile che le garanzie vengano pagate a prezzo di mercato».

«Tuttavia – ha aggiunto Bassanini – la Dg Competition (la direzione generale della Commissione che si occupa di concorrenza) considera al momento le garanzie non a prezzo di mercato come aiuto di Stato, una contraddizione che va risolta». Se infatti rimane questa la lettura, allora le garanzie Efsi dovranno essere a prezzo di mercato, e dunque inefficaci.

Secondo il presidente della Cdp, infine, «sarebbe utile una unità tecnica centrale per le infrastrutture che potrebbe essere costituita da noi e dalle strutture locali della Bei per assistere le amministrazioni».

Circa gli 8 miliardi di Cassa Depositi Bassanini ha chiarito: «Noi gli 8 miliardi li mettiamo perché sono condizionati a investimenti su progetti italiani o che abbiamo una ricaduta sull'Italia, come per esempio il rafforzamento delle connessioni energetiche tra i paesi del sud Europa. Il nostro apporto è riservato a investimenti italiani, sennò non lo mettiamo: è chiaro anche alle autorità europee».

«L'intervento della Bei/banche di sviluppo nazionali dovrebbe essere strutturato in modo che questi assumano i rischi non di mercato dell'operazione, lasciando agli intermediari finanziari il compito di coprire le ulteriori esigenze finanziarie, in una logica di sussidiarietà». Lo ha affermato il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, durante l'audizione sul Piano Juncker e il regolamento del Fondo europeo per gli investimenti strategici.

«Secondo questa impostazione – ha proposto – potrebbe avere senso integrare l'attuale proposta di regolamento con delle previsioni più specifiche in merito al profilo di rischio dei progetti finanziabili e ai criteri che la Bei dovrà adottare per facilitare la partecipazione degli intermediari finanziari privati allo sviluppo dei progetti».
Secondo l'Abi va inoltre analizzato, per quanto riguarda il finanziamento alle pmi, il «livello di integrazione/sovrapposizione operativa tra i nostri strumenti di garanzia nazionali e quelli che saranno messi in campo dal Feis», per evitare che la rete di garanzie pubblico/private esistente a livello nazionale, «venga impoverita dalla concorrenza con gli strumenti Feis, finanziati a tempo determinato con risorse europee».

«Allo stato attuale la regolamentazione assicurativa europea disincentiva l'investimento in strumenti con le caratteristiche previste dal piano Juncker». Lo ha evidenziato il direttore generale dell'Ania, Dario Focarelli, nel corso dell'audizione, facendo riferimento in particolare alle regole previste dalla direttiva Solvency II.
Questo «a causa dell'assenza di una 'asset class' specifica per gli investimenti infrastrutturali e alla conseguente attribuzione di un requisito di capitale non sempre adeguato all'effettivo livello di rischio del progetto».

L'Ania ritiene, inoltre, «che una piena partecipazione del privato all'iniziativa non può prescindere dall'inserimento di rappresentanti del settore privato stesso all'interno della governance» del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis).

Tra i «fattori di criticità di cui tener conto, oltre alla carenza di finanziamenti» l'Ania segnala «la sensazione della mancanza di progetti validi». Secondo Focarelli «in molti casi gli investitori privati non conoscono il potenziale di questi progetti e sono poco propensi a investire da soli, viste la complessità intrinseca dei progetti stessi e la mancanza di informazioni che consentano una valutazione adeguata del rischio», e questo soprattutto per i grandi progetti di investimento a lungo termine nelle infrastrutture.

«Occorrerà poi ragionare – ha aggiunto – su come estendere l'incentivo fiscale, per ora garantito agli aderenti dei fondi pensione, anche ai risparmiatori che tramite polizze di assicurazione o altri strumenti finanziari decidessero di investire a medio e lungo termine nell'economia italiana: così facendo sarà più facile raggiungere quell'effetto leva necessario per raggiungere gli obiettivi del Piano e assicurare all'Italia una consistente quota di investimenti».