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Salini: «Astaldi è fuori dalle secche, ora siamo un colosso da 40 miliardi»

Photo credit: Corriere di Como

Riportiamo l’intervista di Laura Galvagni, fatta a Pietro Salini amministratore delegato di Webuild, per Enti Locali & Edilizia.

Ci sono voluti 21 mesi, tra lungaggini burocratiche, trattative serrate e piani finanziari da mettere a punto ma da ieri sera Webuild ha definitivamente completato l’acquisizione di Astaldi

Ci sono voluti 21 mesi, tra lungaggini burocratiche, trattative serrate e piani finanziari da mettere a punto. Ma da ieri sera Webuild ha definitivamente completato l’acquisizione di Astaldi.

Operazione avviata a febbraio 2019 e che solo ora, con la chiusura dell’aumento di capitale del generale contractor, si può dire conclusa: l’ex Salini Impregilo ha il 65% del costruttore romano. E questo vale, stando ai dati del primo semestre 2020, 40,3 miliardi di portafoglio ordini complessivo, di cui il 36,4% relativo a lavori aggiudicati in Italia. Sull’intero 2019 il totale del backlog delle due realtà era di 36,3 miliardi.

Nonostante dunque un esercizio fortemente segnato dagli effetti della pandemia da Covid 19, l’aggregato è stato capace di fare un passo avanti. «L’operazione è fatta, siamo riusciti a tirare fuori dalle secche una grande azienda», ha esordito l’amministratore delegato di Webuild Pietro Salini in questo colloquio con Il Sole 24 Ore.

L’acquisizione è stata perfezionata attraverso un aumento di capitale riservato a Webuild e pari a 225 milioni, destinato in parte al pagamento dei debiti privilegiati e prededucibili e in parte al servizio del piano di continuità.

Webuild ha finanziato l’operazione con la liquidità disponibile rinveniente dall’aumento di capitale interamente sottoscritto e versato a novembre 2019, da Salini Costruttori, Cdp Equity, Banco Bpm, Intesa Sanpaolo, UniCredit e altri investitori istituzionali e privati. Tra i quali, Leonardo Del Vecchio. «È anche grazie a lui, alla Cassa e alle grandi banche del paese che siamo riusciti a concludere l’acquisto», ha voluto sottolineare Pietro Salini.

Ora che Astaldi è di nuovo in carreggiata e voi ne tenete le redini quale sarà il prossimo passo?

A breve metteremo a punto un nuovo piano industriale. Astaldi ci porta in dote circa 7 miliardi di portafoglio ordini ma soprattutto a livello complessivo parliamo di una realtà in grado di generare oltre 6 miliardi di ricavi l’anno e che, con un backlog complessivo di 40 miliardi, ci rende resilienti, capaci dunque di superare anche fasi delicate come questa, e leader indiscusso al mondo per competenze.

Noi costruiamo e lo facciamo con sapienza antica in buona parte del mondo. Questa acquisizione consentirà infatti di mettere a fattor comune competenze tecniche ed ingegneristiche innovative, sviluppate nei circa 100 cantieri operativi nel mondo.

Circa il 64% del vostro portafoglio è costituito da commesse estere ma in prospettiva questa ripartizione potrebbe mutare?

La maggior parte delle grandi opere che vengono utilizzate in Italia o fuori dai confini del paese sono state realizzate da questo gruppo. Il futuro è nelle infrastrutture. E lo è per una ragione molto semplice: l’esplosione demografica impone di trovare soluzioni adeguate per far vivere tutti in un contesto civile fatto di strade, ospedali, collegamenti, acqua ed elettricità. Dobbiamo far ripartire le infrastrutture perchè questo significa lavoro e ripresa economica.

Il contesto Covid tuttavia non favorisce riflessioni di questo tipo almeno nel breve.

È arrivato il tempo di decidere ma in tutto il mondo questo processo è stato fortemente rallentato dalla pandemia. Webuild però vuole essere sinonimo di futuro e lavoro.

Il nostro obiettivo è evidentemente quello di ampliare il nostro portafoglio e contiamo di farlo in tutto il mondo. In Italia, tuttavia, questa necessità di ripartire è ancora più vera: il paese ha bisogno di manutenzione, ricostruzione e costruzione.

Il nostro gap infrastrutturale, le grandi opere sono di fatto ferme agli anni ’80, ci ha fatto perdere e ci sta facendo perdere competitività. Dobbiamo tornare ad essere un paese industriale, non possiamo pensare di vivere solo di turismo. È tempo di decidere, abbiamo i soldi dell’Europa ma non solo. Per capire quanto valgono le costruzioni basti pensare che i nostri 5 progetti principali coinvolgono oltre 5 mila piccole medie imprese italiane che attraverso di noi riescono ad essere proiettate anche sullo scenario internazionale.

Il settore delle costruzioni è un settore che ha sempre sofferto, in maniera quasi cronica, di mancanza di liquidità. Come ha impattato la pandemia sul circolante dell’azienda?

È indubbio che esista a livello di comparto una tematica relativa all’allungamento del ciclo del circolante. Il settore delle costruzioni è di per sé piuttosto variegato.

Per quanto riguarda nello specifico Webuild abbiamo notato che le grandi amministrazioni hanno mostrato criticità nel gestire le grandi spese in un contesto complesso come quello attuale e questo ha generato due effetti negativi: la pubblica amministrazione ha certamente frenato sul profilo del “fare” e ha ulteriormente allungato i tempi dei pagamenti.

In uno scenario in cui il Pil scende, tuttavia, l’unico modo per reagire a questa crisi è stimolare la domanda e per farlo sono indispensabili gli investimenti pubblici. Dare denaro alle persone porta solo maggiore risparmio non consumi. E questo non produce né lavoro né stipendi. Ben diverso sarebbe mettere in piedi ora un progetto di rilancio.

A proposito di piani, Webuild nasce sulla scorta di Progetto Italia, un’idea ambiziosa che puntava all’aggregazione di diversi costruttori nell’orbita dell’ex Salini Impregilo. Contate di procedere ancora in questa direzione?

L’acquisizione di Astaldi rappresentava il punto fermo e il tassello più rilevante del progetto. Con questa operazione abbiamo realizzato un nuovo gruppo con solide radici nel paese e che solo nel 2020 ha contribuito al rilancio di progetti strategici in Italia per oltre 3,6 miliardi come la linea ad alta velocità ed alta capacità Verona-Padova, la strada statale Jonica e il Nodo Ferroviario di Genova. Detto questo continuiamo a guardarci attorno e a cercare opportunità di investimento, anche in comparti di nicchia.