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Giovannini: “La ripresa va messa in sicurezza. Questo decreto non basterà”

Intervista del Ministro Giovannini rilasciata a La Repubblica.

Si riporta il testo dell’intervista dal titolo “La ripresa va messa in sicurezza. Questo decreto non basterà” che il ministro Enrico Giovannini ha rilasciato a Roberto Mania de “La Repubblica”.

Il decreto contro il caro-energia approvato venerdì dal governo «non sarà l’ultimo per mettere in sicurezza la ripresa economica», dice Enrico Giovannini, Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili. La strategia dell’esecutivo – spiega in questa intervista – si definirà con il prossimo Documento di economia e finanza (Def) che sarà varato tra qualche settimana. Molto dipenderà anche dalle decisioni che prenderà il Consiglio europeo del 24 marzo e dall’auspicabile tregua nella guerra in Ucraina.

Ma intanto, perché il governo non ha scelto di rendere strutturale il taglio di 25 centesimi al prezzo di un litro di benzina o gasolio visto che la componente fiscale in Italia pesa molto di più che negli altri Paesi europei? Perché la riduzione ci sarà fino al 30 aprile e basta?

«Perché con il Def si definirà il quadro economico e di finanza pubblica per quest’anno e a medio termine, e capiremo quali altri spazi di manovra ci potranno essere. In ogni caso vorrei far osservare che, dopo i 15 miliardi già stanziati nei mesi scorsi per calmierare i prezzi dell’energia, sui carburanti abbiamo ridotto il prezzo più di quanto fatto da altri governi europei. Poi dobbiamo vedere l’esito del prossimo Consiglio europeo, che speriamo disegnerà la strategia comune per fronteggiare la situazione economica continentale. Infine, tutti auspichiamo una tregua in Ucraina il prima possibile».

Quando parla di nuovi spazi di manovra sta dicendo che i prossimi interventi potrebbero essere finanziati in deficit?

«No, dico che con il Def avremo un quadro più chiaro. Anche il presidente Draghi ha detto che questo non è l’ultimo intervento che immaginiamo di fare».

L’ultimo decreto interviene anche a favore del settore dell’autotrasporto che sta soffrendo molto per l’impennata dei prezzi dei carburanti. È previsto un fondo a sostegno del settore. A quanto ammonta e cosa prevede?

«Ci sono 500 milioni che si sommano alla riduzione delle accise sui carburanti, ai 38,5 milioni aggiuntivi per il Ferrobonus e il Marebonus, cioè agli incentivi per il trasporto ferroviario e marittimo. A questi interventi vanno aggiunti i 20 milioni per il taglio dei pedaggi e gli 80 milioni che avevamo già deciso con il precedente decreto energia».

Quando scadranno gli incentivi?

«Il Fondo è per il 2022, mentre Ferrobonus e Marebonus proseguono nei prossimi anni».

Avete deciso di finanziare tutte le misure non con risorse pubbliche bensì con una tassazione straordinaria a carico delle aziende che hanno ottenuto extraprofitti grazie all’aumento del prezzo del gas. Quali sono queste imprese?

«Si va dai giganti energetici a intermediari che magari hanno comprato a prezzi più bassi alcuni mesi fa e ora vendono a prezzi più alti, ottenendo appunto extraprofitti. Vorrei anche ricordare che abbiamo deciso di allargare di 1,2 milioni la platea di famiglie più vulnerabili protette dal caro bollette. Si afferma così il principio che non spetta esclusivamente al settore pubblico intervenire per fronteggiare crisi provocate da cause esogene. Un’indagine della Banca d’Italia sulla distribuzione della ricchezza, peraltro, mostra come, durante la pandemia, sia cresciuta sia quella detenuta dalle imprese sia quella delle famiglie non toccate dalla crisi».

Non crede che il cambiamento dello scenario globale anche a causa della guerra potrebbe suggerire di allungare i tempi della transizione ecologica?

«Personalmente mi faccio un’altra domanda: quale vantaggio ci sarebbe ad allungare i tempi? Secondo me, nessuno: per questo dobbiamo accelerare. Basti pensare che se avessimo fatto cinque anni fa il Pnrr, il Piano di ripresa e resilienza, oggi saremmo più attrezzati per affrontare lo shock. Pensiamo solo agli investimenti sulla portualità e sulle infrastrutture ferroviarie: prima le realizziamo, più forte sarà la nostra posizione competitiva in uno scenario di riorientamento geografico dei flussi di merci e persone a seguito della guerra».

E non pensa che il Pnrr andrebbe riscritto dato che è stato pensato in un contesto molto differente?

«Non certo nell’impostazione generale, che è confermata dalla crisi in atto. Dopodiché se su singoli progetti saranno necessarie più risorse lo si valuterà. D’altra parte, proprio il Next generation EU prevede possibili aggiustamenti nel caso si verifichino condizioni eccezionali. Credo che siamo di fronte a condizioni eccezionali».

II governo sta valutando il rischio di una stagflazione?

«Lo valuteremo nel Def, ma osservo che il termine fu coniato in un’epoca in cui il tasso di inflazione era decisamente più alto di quello attuale. Inoltre, credo che l’Europa abbia una grande opportunità per accorciare, con politiche fiscali adeguate, le catene del valore e rendere i nostri Paesi meno esposti agli shock esogeni internazionali, il che stimolerebbe la produzione dell’area dell’euro».