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Dall’UE un piano infrastrutturale alternativo alla Via della Seta

Un pacchetto di investimenti da 300 miliardi di euro in 5 anni.

Si gioca sul piano infrastrutturale la sfida europea al colosso cinese. Più di tre miliardi di euro per potenziare la produzione dell’idrogeno “verde” nell’Africa subsahariana e settentrionale in modo da creare un collegamento con la sponda Nord del Mediterraneo.

Progetti per la creazione di autostrade in Asia, oppure per assicurare un maggiore accesso alla Rete in Sud America. L’Unione europea ha preparato dunque un piano per offrire al resto del mondo un’alternativa al progetto cinese della Via della Seta.

Se ne parla diffusamente su La Stampa in un articolo a firma di Marco Bresolin. Un’alternativa più verde, più etica e più democratica «per creare legami e non vincoli di dipendenza» coni Paesi partner.

E che soprattutto mira a rafforzare il ruolo geopolitico dell’Ue attraverso un sostanzioso pacchetto di investimenti: 300 miliardi di euro in 5 anni.

L’input arrivato la scorsa estate dal G7 è stato subito accolto da Bruxelles, che ha messo in piedi un piano decisamente ambizioso. Secondo quanto si legge, si chiama “Global Gateway”, porta d’accesso globale, e sarà Ursula von der Leyen a presentarlo. Si tratta di un’iniziativa molto cara a Berlino e alle imprese tedesche, tanto che ieri, alla vigilia dell’adozione definitiva da parte del collegio dei commissari, il rappresentante permanente della Germania presso l’Ue si è precipitato a diffondere una nota — fatto piuttosto irrituale — per dare il benvenuto in anticipo all’iniziativa: «Questo piano — ha detto Michael Clauss — ha tutto il potenziale per trasformare l’Ue in un attore geopolitico più efficace.

Per molti partner l’offerta di una cooperazione basata su regole e valori sarà un’interessante alternativa alla Belt and Road Initiative, la Via della Seta appunto. Il progetto concorrente di Pechino non è citato esplicitamente nelle bozze del documento della Commissione, ma i riferimenti impliciti sono numerosi, così come è chiaro l’obiettivo di contrastarlo.

Nell’articolo si apprende che il Global Gateway avrà «un approccio etico e basato sui valori» che mira a essere «un investimento nella stabilità internazionale e nella cooperazione».

E che rilancerà su scala mondiale quelli che sono i settori prioritari dell’Ue per gli investimenti: clima, digitalizzazione, salute, energia e trasporti, ma anche educazione e ricerca. «L’attuazione del Global Gateway e del Green Deal europeo come politica integrata per coinvolgere gli ecosistemi di innovazione dell’energia verde dell’Africa sarà fondamentale per garantire che l’Europa diventi il principale partner di crescita dell’Africa — spiega Theo Murphy, esperto del think tank European Council on Foreign Relations (Ecfr). Il progetto potrebbe aiutare a costruire infrastrutture per la produzione di energia verde, reti avanzate di informazione e comunicazione, oltre che produzione di veicoli elettrici».

 I 300 miliardi del piano saranno frutto di un mix di risorse Ue, di fondi nazionali e di investimenti privati. In particolare, la Commissione metterà sul piatto 18 miliardi di sussidi diretti prelevandoli dal bilancio Ue, ma punta a generare 135 miliardi di investimenti privati che saranno garantiti dal Fondo Ue per lo sviluppo sostenibile. Un ruolo-chiave sarà poi giocato dalla Banca europea per gli investimenti e dalle altre istituzioni finanziarie per lo sviluppo.

Le imprese europee avranno così un sostegno per competere con i rivali, soprattutto cinesi, che hanno le spalle coperte dagli ingenti sussidi pubblici. Ma, conclude l’articolo,  per l’Ue la partita non è soltanto economica: in ballo c’è anche la sfida geopolitica con Pechino. «Il Global Gateway—aveva detto Ursula von der Leyen a settembre, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione — deve diventare un marchio conosciuto in tutto il mondo».

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