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Cosa possiamo fare subito per ridurre l’inquinamento in città

Parla il presidente di Confindustria Energia dopo l’ultimatum di Bruxelles all’Italia sulle emissioni. In attesa che si completi la transizione energetica verso un futuro a basse emissioni, che ci sia un rinnovo del parco auto circolante privato e dei mezzi pubblici, che nelle grandi città vengano costruite nuove linee di metropolitana e che i sistemi di riscaldamento dei condomini diventino più puliti, è possibile prendere delle misure che limitino l’inquinamento delle città italiane. Ne è convinto il presidente di Confindustria Energia, Giuseppe Ricci che, in un’intervista all’AGI, dopo l’ultimatum ricevuto da Bruxelles, sottolinea la necessità di un approccio pragmatico che trovi soluzioni efficaci nell’immediato.

Perché la Val Padana è l’area più inquinata

“Il rapporto di Legambiente ha evidenziato una problematica ben nota. Da molti anni tutti gli inverni si ripropone il problema dei livelli di particolato e di smog che superano i limiti consentiti per un numero di giorni sempre maggiore e tutti gli anni si discutono le soluzioni da adottare per tamponare il fenomeno”. A livello geografico, spiega, “la zona che presenta i dati peggiori è la Val Padana a causa delle condizioni climatiche più sfavorevoli. La sorpresa è Torino che storicamente sembrava meno colpita di Milano” ma che ha superato negli ultimi anni, diventando una delle città più inquinate d’Europa. I motivi sono semplici, osserva Ricci, “tutta la Val Padana è esposta a una stagnazione dell’aria nei mesi invernali che comporta il ristagno dello smog, del particolato pm10 senza dimenticare il pm2,5, quello più fine, più insidioso. Gli effetti del particolato sono nocivi, più è fine, più è nocivo perché puo’ raggiungere gli alveoli del polmone e dei bronchi, fissarsi ed essere la causa di malattie”.

La transizione energetica ha i suoi tempi

Quali le soluzioni proposte da Confindustria Energia? “Abbiamo adottato un approccio olistico che vede un insieme di soluzioni dalla cui combinazione si può ottenere un risultato tangibile. Quando si parla di una singola soluzione che risolve tutti i problemi, nella maggior parte dei casi è ideologica e mai realistica. Oltre ad essere molto spesso impossibile da realizzare dal punto di vista tecnico, economico e sociale”. Invece, secondo Ricci “un problema così importante deve necessariamente trovare un ventaglio di soluzioni. Più in generale il problema della transizione energetica, della decarbonizzazione necessita il mettere a fattore comune tutte le soluzioni disponibili dalla cui complementarità si possono ottenere i migliori risultati. Un singolo intervento, come il blocco del traffico ad esempio, se non è accompagnato da altri interventi, tampona il problema ma, come vediamo, questo si ripresenta sempre”.

“Riteniamo necessario analizzare tutte le possibili soluzioni e valutarle sulla base dell’efficacia e dell’efficienza, considerando i costi e i benefici di ognuna. Cominciando ad adottarle partendo da quelle più efficaci e realizzabili”, prosegue Ricci, “si può dire: l’ideale è andare tutti con i mezzi pubblici. Ma sappiamo che una cosa del genere non è realizzabile. Non è nemmeno pensabile poter aspettare che vengano costruite nuove linee di metropolitana. Sappiamo che per realizzare opere di questo genere sono necessari anni e non si può aspettare. Bisogna intervenire subito, partendo da azioni gestionali, che comportano magari piccoli investimenti per poi passare a quelli maggiori”. Per il presidente di Confindustria Energia quindi serve “un approccio a breve, medio e lungo termine che prenda in considerazione tutte le soluzioni”. E’ ovvio che parlando di fonti energetiche, osserva, “è necessario passare da quelle più impattanti a quelle meno”. Ma la transizione energetica ha i suoi tempi.

Che fare per il traffico?

Tra le cause maggiori di inquinamento ci sono il traffico e il riscaldamento delle abitazioni. “Quando parliamo di traffico ad esempio oltre ai gas di scarico dei veicoli circolanti – sottolinea Ricci – non va sottovalutato l’effetto attrito. Molto del particolato è prodotto dall’usura dei pneumatici, dei freni, dallo stato dell’asfalto. Per quanto riguarda il riscaldamento è necessario andare verso combustibili leggeri, dal solido al liquido, dal liquido al gas passando per il gpl che ha una intensità carbonica più bassa e produce meno emissioni. Sui trasporti urbani l’urgenza maggiore è una razionalizzazione che riduca il traffico abbattendo così sia l’inquinamento da tubo di scappamento sia quello prodotto dall’attrito. Tutto questo ovviamente cozza con la necessità delle persone di muoversi e quindi mentre si cerca di potenziare e modernizzare il trasporto pubblico bisognerebbe incentivare ulteriormente sistemi di mobilità come il car sharing, il bike sharing, il car pooling”.

C’è poi il tema delle auto. “C’è un grande problema – afferma il presidente di Confindustria Energia – legato alla vetustà dei mezzi in circolazione. Se confrontiamo le emissioni di particolato di un motore diesel euro 2 o euro 3, non hanno nulla a che vedere con un euro 6 di ultima generazione. Questo fattore è veramente impattante perché i mezzi vecchi sono troppi. Il modo più efficace e anche efficiente per poter ridurre le emissioni nell’ambito urbano sarebbe quello di riuscire ad aggiornare il parco veicoli con gli euro 6, o con l’ibrido o l’elettrico”. Legato al tema della vetustà del parco auto circolante c’è poi quello della cattiva manutenzione. “Più sono vecchi, piu’ è difficile mantenerli efficienti. Tra un’auto euro 1 e una elettrica ci sono tanti stadi evolutivi in mezzo. Non si possono ignorare perché non ci sono nè strutture nè risorse per fare un salto epocale e repentino”.

Il nodo dei carburanti

Altra questione, quella dei carburanti che “non sono tutti uguali. C’è la benzina e il diesel tradizionale. C’è poi il gpl, il gas, i biocarburanti avanzati come quelli idrogenati che hanno un impatto positivo sulle emissioni, riducendole. Bisogna cercare soluzioni integrate che affrontando un problema possano risolverne un altro, come quello dei rifiuti ad esempio. Sono soluzioni più efficaci perché hanno un doppio-triplo beneficio. Sarebbe importante affrontare il problema anche dal punto di vista della generazione di un’economia circolare”. L’esempio degli oli fritti è emblematico in questo senso. “Se finiscono nel lavandino e quindi nell’impianto di depurazione delle acque rappresentano un aggravio dei costi anche importante perché l’olio nel trattamento dell’acqua è un nemico. Viceversa se questi olii esausti vengono recuperati, utilizzati come combustibili opportunamente trasformati diventano un prodotto riutilizzabile e riducono il costo di smaltimento delle acque”.

Infine, l’ultima questione riguarda i mezzi pubblici. “Anche in questo caso si può fare qualcosa e subito. I mezzi pubblici sono diverse decine di migliaia, molti di questi hanno una vita media superiore a 12 anni. La maggior parte delle municipalità ha in programma la sostituzione di questi mezzi con altri più ecologici. Il problema è che nessun Comune riesce a sostituirli in uno-due anni, non hanno le risorse. Il tema è: cosa fare nel frattempo? Anche in questo caso entrano in gioco i carburanti. Quelli bio hanno ottenuto buoni risultati. In questo senso, un’associata ha condotto una sperimentazione nel comune di Torino l’estate scorsa con verifica da parte del Centro motori di Napoli. Sta cercando di ripeterla in altre città per dimostrare che è possibile fare qualcosa, dare un contributo”. Bisogna scegliere, conclude Ricci, “le soluzioni che diano il miglior risultato nel minor tempo possibile, con il minor costo e che abbiano le maggiori possibilità di essere implementate”.