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Autostrada A24: 1,66 miliardi dallo Stato ma è scontro con il Mit: Pef in alto mare

Si ringrazia lo Staff di vastoweb.com per l’immagine pubblicata.

Riportiamo una approfondita analisi fatta da Alessandro Arona di Edilizia e Territorio sul fondo investimenti e le risorse messe a disposizione dal Governo all’Autostrada dei Parchi per la sicurezza di ponti e viadotti a rischio sismico.

La società: «Senza l’accordo sul nuovo piano a gennaio maxi aumenti». «Ok a riduzione tariffe, ma con proroga di 10 anni».

Sono in arrivo 1,66 miliardi di euro dallo Stato per la messa in sicurezza anti-sismica dell’autostrada A24/A25. Le risorse sono state attribuite all’interno del Dpcm 2018 del Fondo Investimenti, che ha ricevuto il parere positivo del Parlamento nei giorni scorsi ed è in pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Ma l’utilizzo effettivo di queste risorse, e l’avvio dei cantieri, non sono in realtà vicino.

Prima di erogare il contributo alla concessionaria privata Strada dei Parchi spa (Gruppo Toto), infatti, il Ministero delle Infrastrutture deve firmare insieme alla società un addendum alla concessione in essere, con nuovo piano economico-finanziario (Pef). Un complesso mix di investimenti, tariffe, contributo pubblico, durata della concessione, tasso di remunerazione per il privato. Ebbene, sul nuovo Pef, nonostante gli 1,66 miliardi in arrivo, le posizioni tra il Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli e la società sono ancora molto distanti.

Per un piano di investimenti che vale in totale 3,1 miliardi di euro, la società spinge per una riduzione degli aumenti tariffari ipotizzati nel marzo scorso dal tavolo Delrio (+3,5% medio all’anno) che lei stessa ritiene eccessivi e dannosi per la domanda di traffico, ma in cambio di una proroga della concessione dal 2030 al 2040. Proroghe che Toninelli non vuole per nessuna società.

Trattative in stallo, dunque, e Strada dei Parchi con un avviso sul proprio sito ricorda che se non si arriverà a un nuovo Pef dal 1° gennaio prossimo scatterebbero massicci aumenti tariffari sull’autostrada, pari al 19,4%: l’addio al congelamento trimestrale del +12,89% 2018 e gli aumenti 2019 pari al 6,5%.

Il basso livello di traffico e la necessità di ammortizzare l’investimento fatto per acquisire la concessione (con gara, una delle pochissime in Italia), spiegano secondo la società gli alti livelli tariffari. Nello specifico l’aumento del 12,89% nel gennaio 2018 recuperava tre anni di aumenti zero imposti dall’allora Ministro Maurizio Lupi, revocati poi da Delrio dopo un ricorso vinto da Strada dei Parchi.

L’aumento del 6,5% è invece quello chiesto a ottobre dalla società. «In realtà – ammettono fonti ai vertici della società – il Mit non sta rispondendo a nessuna società, credo che alla fine Toninelli farà un decreto per congelare gli aumenti, come fece Lupi. Questi congelamenti però sono illegittimi, e alla fine vanno recuperati, e quando si recupera scatta la botta tutta insieme».

«Strada dei Parchi – spiega l’amministratore delegato Cesare Ramadori – ritiene che i nuovi rincari possano essere scongiurati. Ma serve buona volontà da parte del governo, e invece la trattativa è in alto mare». Circostanza confermata anche dal Mit.

Sulla messa in sicurezza sismica dell’autostrada si tratta fin dal 2013. Strada dei parchi propose allora di fatto una nuova autostrada, con ampli tratti in variante, con investimenti per 6,2 miliardi. Il Ministro Delrio respinse in toto il progetto, proponendo al contrario mini-adeguamenti da 700 milioni di euro.

«Fin dall’inizio – spiega Ramadori – abbiamo spiegato che per noi +3,5% all’anno era troppo, al limite del livello che potrebbe far ridurre la domanda. Dunque ai primi incontri con lo staff del ministro Toninelli, a settembre, abbiamo proposto di ridurre questi aumenti, anzi nel nuovo Pef si potrebbe addirittura arrivare a ridurre le tariffe rispetto a oggi. Come? Con un allungamento di dieci anni della concessione, cosa che la Commissione Ue ha già concesso per Autostrade per l’Italia e le società del gruppo Gavio. Ma lo staff di Toninelli ci ha spiegato che non vogliono proroghe di concessioni per nessuna società».

«A questo punto – spiegano fonti della società – le soluzioni alternative potrebbero essere l’aumento del contributo pubblico oltre i due miliardi, o l’aumento del subentro (ma su questo ci sono limiti di sostenibilità). Ci aspettiamo anche che dopo l’affidamento all’Autorità Trasporti della competenza anche sulle concessioni esistenti ci chiedano di abbassare la remunerazione del capitale investito al 6/6,5% annuo. Ma anche così il piano da 3,1 miliardi di euro non quadra se vogliamo abbassare le tariffe e confermare la scadenza del 2030». Ma il Ministero parla di «richieste inaccettabili», e l’accordo torna in alto mare, come nel 2013-2016.

Il Ministero ipotizza una riduzione degli investimenti, come propose inizialmente Delrio, ma la società ribatte che il progetto da 3,1 miliardi è stato giudicato quello giusto e minimale dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Rimetterci le mani, inoltre, comporterebbe un altro lavoro tecnico di mesi.

Risultato: potranno partire solo gli interventi urgenti sui 13 viadotti più a rischio, i progetti per 192 milioni approvati a giugno dal Provveditorato alle opere pubbliche e finanziati (anticipo di soldi esistenti) dal decreto Genova.

Ma anche qui le cose non filano velocissime. «L’avvio dei lavori può essere molto veloce – spiega Ramadori – perché in base alla convenzione possiamo affidarli in house senza gara alle società del Gruppo Toto. Ma serve l’autorizzazione (con ufficializzazione della copertura finanziaria) con decreti Mit-Mef. Il Mit dice di avere firmato i primi, per 58 milioni di euro, su tre viadotti, ma manca la controfirma del Mef dunque noi in mano non abbiamo nulla. Le banche sono disposte ad anticiparci le somme, ma solo a valle di questi decreti. Ma la situazione è tesa, oggi i sindaci andranno davanti al Senato per chiedere gli interventi, dunque con nostre risorse abbiamo avviato le attività di allestimento dei cantieri sugli 8 viadotti. Ma per i lavori veri e propri dobbiamo avere le risorse statali».