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Il Piano Juncker 2.0 per l’energia deve finanziare gli obiettivi climatici

Dal 2021 servirà quella montagna di denaro ogni anno per raggiungere gli ambiziosi target fissati a Parigi due anni fa. Ma nel frattempo l’asticella potrebbe alzarsi di molto per colpa del gas naturale, secondo un nuovo studio inglese

L’Europa si prepara a un piano Marshall per l’ambiente con una pioggia di denaro senza precedenti. I numeri dicono tutto: dal 2021 al 2030 serviranno – ogni anno – 379 miliardi di euro per raggiungere gli obiettivi che l’Unione Europea si è data sull’utilizzo di fonti rinnovabili e il taglio delle emissioni inquinanti. Obiettivi fondamentali anche per mantenere le promesse fatte insieme agli altri grandi del mondo a Parigi nel 2015.   La domanda è: come trovare questi soldi? Per cercare una risposta il Parlamento Europeo ha dedicato una conferenza di alto livello proprio a questo tema. Un incontro al quale hanno partecipato anche il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani, il vicepresidente della Commissione Ue per lavoro, crescita e investimenti Jyrki Katainen e il presidente della Banca Europea per Investimenti (Bei) Werner Hoyer. Con un ospite d’onore: il governatore della California Jerry Brown, paladino delle emissioni zero e uno dei maggiori oppositori alle politiche anti-ambientaliste di Donald Trump. Il presidente Usa ha ricevuto una stoccata da Tajani: “Le sue reticenze non impediranno la collaborazione – anche tecnologica ed industriale -, tra noi e molte città e Stati degli Usa” ha detto Tajani in apertura.   Intanto, però, bisogna risolvere i problemi di casa nostra. Proprio da Hoyer è arrivato un messaggio chiaro: per raggiungere gli obiettivi che l’Europa si è data “non basterebbero tutti i fondi pubblici del mondo. Ecco perché dobbiamo lavorare per attirare anche quelli privati”. Come? Anzitutto rendendo questi investimenti più convenienti dal punto di vista finanziario.

Negli ultimi anni, spiega Hoyer, i costi di solare ed eolico off-shore si sono dimezzati, passi avanti sono stati fatti anche nel campo dei trasporti, mentre i progressi fatti dall’edilizia sostenibile sono “frustranti”. E non è poco, visto che sono proprio gli edifici a consumare il 40% dell’energia europea. Finora la Bei ha fatto il suo dovere, fornendo 63 miliardi di euro a progetti energetici dal 2012 a oggi. “Ma noi non versiamo mai più del 35% in un progetto. Se i nostri esperti ci danno l’ok e lo giudicano sostenibile, abbiamo sempre la capacità di trovare investitori privati” sottolinea Hoyer. Anche grazie ai fondi previsti dal Piano Juncker che si prepara a entrare in sala trucco per un restyiling.   Energia e ambiente hanno convogliato il 25% degli investimenti del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis), ma il Feis 2.0 dovrà fare molto di più, spingendo forte sull’acceleratore per consentire all’Europa di raggiungere gli obiettivi di Parigi. A Bruxelles si stima che almeno il 40% dei progetti legati a infrastrutture e innovazione dovranno concorrere a questo target.   “La Commissione Europea sta facendo la sua parte: dal 2015 a oggi abbiamo approvato una serie di strumenti legislativi pensati proprio per spianare la strada al raggiungimento degli obiettivi climatici che ci siamo dati” spiega Miguel-Arias Cañete, commissario europeo per l’energia e l’azione per il clima. Uno di questi è il Pacchetto per l’energia pulita, che dovrà stimolare gli investimenti e contribuire alla creazione di 900.000 posti di lavoro intervenendo su tutti i settori, in primis quello dell’edilizia sostenibile, nel quale l’Europa è ancora indietro.   C’è però un problema che si chiama “gas naturale”. Perché secondo uno studio appena pubblicato dal Tyndall centre for climate change research proprio questa energia-ponte, che la Ue (e non solo) considera fondamentale per traghettare il passaggio tra combustibili fossili ed energie rinnovabili, contribuirà a mandare a gambe all’aria gli obiettivi di Parigi.   Se le emissioni di anidride carbonica continueranno a questo ritmo, spiegano i ricercatori, per rispettare l’impegno dei 2 gradi preso a Parigi l’Ue ha bisogno di ridurre le emissioni almeno del 12% l’anno. E da subito. “Questo livello di mitigazione – continua lo studio – va ben oltre l’obiettivo primario dell’Ue di ridurre del 40% le emissioni entro il 2030”. Il metano è il componente numero uno del gas naturale ma, bruciandolo, si libera anidride carbonica nell’atmosfera. E ora stiamo scoprendo di aver sottovalutato l’entità di queste emissioni.