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Fiume Po e trasporto merci. Tre dighe per le vie d’acqua

La navigazione fluviale come asso nella manica per l’economia lombarda. Ci crede l’Europa, che ha inserito il sistema navigabile del Po e dei canali collegati tra le priorità strategiche del continente. Ci crede la Regione che sta progettando un sistema di approdi che unisca Milano a Cremona, e poi alla foce del Mincio, quindi al Mantovano. Ci crede anche Mantova, che – pochi lo sanno – è l’unica città che dispone di un porto fluviale direttamente collegato al mare, fino a Venezia, e quindi domina l’ultimo tratto europeo del «corridoio 3 Mediterraneo». Progetti per centinaia di milioni di euro, cofinanziati da Bruxelles, si stanno completando in questi mesi e attirano l’attenzione degli stakeholder dell’economia locale, come la Cgil Mantova che, unita a quelle di Lodi e Cremona, ha convocato i protagonisti del trasporto su acqua (prima tra tutti Aipo, l’agenzia interregionale per il Po) per scandagliare, è il caso di dirlo, le condizioni del Grande fiume, definirne i problemi e indicare le soluzioni. Si parte dal fatto che oggi la navigazione fluviale rappresenta una fetta esigua del diporto turistico e quasi inesistente nel settore del movimento merci (in Italia il 90% su gomma, il 9 e qualcosa su ferrovia, il resto – meno di un 1% – via acqua).

 

Il ritardo italiano, però, oggi può rappresentare un vantaggio in termini di potenzialità di sviluppo perché l’Europa accelera in questo settore e punta a farlo crescere fino al 30%. Un miraggio per ora, ma che la Lombardia sta passo passo trasformandoIl segretario mantovano della Cgil Massimo Marchini in obiettivo con una serie di interventi. Il più urgente è imponente si chiama regimazione del Po e serve a renderlo navigabile il più possibile in termini di giorni l’anno (il Danubio, per esempio, lo è per 250-260, il Po molto meno). Per farlo Maroni e i suoi tecnici puntano sullo sviluppo del turismo e su un sistema basato su tre dighe in grado di regolare il flusso dell’acqua: dovrebbero sorgere nel Cremonese, a Motta Baluffi e a Casalmaggiore, e nel Mantovano a Quingentole. Il sistema costerebbe centinaia di milioni ma produrrebbe energia elettrica e finirebbe per pagarsi da solo, col project-financing sarebbe dunque a costo zero per il Pirellone. Non mancherebbe però un forte impatto ambientale, dicono altri esperti, che in Regione hanno portato un progetto di sistemazione del Po detto “a corrente libera”, più costoso ma meno impattante. Palazzo Lombardia va avanti per la prima strada e nel frattempo mette in cantiere un piano per la navigabilità su canali da Milano Truccazzano, Lodi e a Cremona: una tratta che si salderebbe a quella cremonese-mantovana.

 

La città dei Gonzaga, infatti, nel sistema di navigabilità ha un ruolo avvantaggiato perché dispone un porto e un canale navigabile fino alla laguna veneta che funziona senza problemi 365 giorni l’anno. A limitarlo sono alcuni ponti in territorio veneto e la ridotta navigabilità del Po, ma le chiatte che lo percorrono sono già in grado di trasportare 1700 tonnellate di merce, presto funzioneranno motori in grado di smuoverne due alla volta (con un raddoppio del tonnellaggio), e se poi passasse la regimazione il traffico aumenterebbe. «Già oggi a Valdaro si trasportano merci per un corrispettivo di 50mila camion all’anno – spiega Massimo Marchini, segretario mantovano della Cgil che ha promosso l’iniziativa sulla navigabilità padana – ma l’orizzonte di sviluppo è sterminato. Soprattutto nella logistica. Oggi sono almeno 600 gli addetti al settore operanti nel porto mantovano. Ma se si pensa che lo scalo ha un suo collegamento ferroviario, oltre che autostradale, è facile prevedere almeno un raddoppio dell’occupazione se Europa e Regione daranno un futuro alle vie d’acqua».

 

Non ha dubbi l’architetto Giancarlo Leoni, funzionario della Provincia e dirigente del porto di Valdaro: «Nella Conca di San Leone si saldano il tracciato del canale navigabile con quello del Po. Da tempo tonnellate di prodotti chimici partono da Venezia e arrivano a Viadana percorrendo il fiume. Se potessimo sfruttarlo più giorni il lavoro aumenterebbe in misura esponenziale».

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