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Strade italiane: 1 su 2 è a rischio

A fine 2015 il consumo di conglomerato bituminoso, quello cioè che comunemente viene chiamato asfalto,  in Italia toccherà un nuovo record negativo: saranno state impiegate solo poco meno di 22 milioni di tonnellate per costruire e tenere in salute le nostre strade. Il dato è in leggero calo rispetto allo scorso anno, ma conferma il pericoloso trend degli ultimi 9 che hanno portato dalle 44 milioni di tonnellate utilizzate nel 2006 ad oggi.

La situazione delle strade italiane è destinata quindi a degenerare drasticamente nei prossimi mesi al peggiorare delle condizioni meteorologiche. Negli ultimi 9 anni non state messe in opera 96 milioni di tonnellate di asfalto. Oggi per riportare in sicurezza il patrimonio stradale occorre un investimento straordinario in un piano di manutenzione da 50 miliardi di euro.

Sono questi i principali elementi che emergono dall’analisi presentata dal SITEB – l’Associazione dei costruttori e manutentori delle strade – nel corso di Asphaltica World, il Salone europeo dedicato all’intera filiera dell’asfalto, promosso per la prima volta a Roma dall’Associazione e da Verona Fiere appena conclusosi.

I dati evidenziano come anche nel 2015 stia proseguendo la fase recessiva (ininterrotta da 9 anni), che ci ha portato dalle 44 milioni di tonnellate di asfalto alle circa 21,8 di quest’anno; un nuovo record negativo che riporta indietro le lancette degli investimenti sul patrimonio stradale di quasi trent’anni. Allo stato attuale, per tenere in salute le nostre strade occorrerebbe impiegare almeno 40 milioni di tonnellate annue, ben 18 in più di quelle registrate negli ultimi due anni. Questo minore investimento ha prodotto come necessaria conseguenza che 1 strada su 2 non è in condizioni di sicurezza, quindi è a rischio incidente e il deficit di manutenzione delle nostre strade non si ferma qui.

Le conseguenze sono sotto i nostri occhi con buche, deformazioni, lesioni, sconnessioni dei piani stradali evidenti su quasi tutta la nostra rete viaria, con gravi ripercussioni sulla sicurezza degli utenti della strada. La situazione appare particolarmente drammatica sulle strade gestite da Comuni e Province, con alcune arterie provinciali addirittura chiuse al traffico perché troppo pericolose.

Se il calo del consumo del conglomerato bituminoso è avvenuto in maniera progressiva e lineare, di contro, il degrado della pavimentazione è avanzato a ritmo esponenziale. Il mancato rifacimento dei “tappetini d’usura” (così chiamati proprio perché destinati a consumarsi nel tempo) nei tempi convenuti hanno determinato spaccature e infiltrazioni d’acqua sulla superficie stradale che hanno compromesso molte arterie sin dalle fondazioni, rendendo necessari costosi lavori straordinari in profondità, non sostituibili da cosiddette “operazioni tappa buche” destinate a durare solo poche ore.

SITEB stima che per rimettere in sicurezza il nostro patrimonio stradale, riportando gli investimenti al livello del 2006, sia oggi necessario investire tra i 40 e i 50 miliardi di euro. Un investimento decisamente elevato, ma necessario per non vedere ulteriormente deteriorare il valore del patrimonio stradale italiano: una rete lunga oltre circa 500.000 km (escludendo le strade vicinali e quelle non asfaltate), di cui 7.000 circa sono i km di autostrade e 25.000 i chilometri gestiti direttamente dall’ANAS per le cosiddette “strade di grande comunicazione”, il cui valore complessivo (con gallerie, ponti e viadotti) è stimato in 1.000 miliardi di euro.

“Il mancato investimento in opere stradali di questi ultimi anni”, ha evidenziato il Presidente del SITEB Michele Turrini, “ha generato un meccanismo perverso che fa lievitare i costi della manutenzione ordinaria, creando un nuovo tipo di “debito grigio o “invisibile. L’Italia è stata la prima nazione a dotarsi di moderne autostrade, poi si è fermata e ora ne paghiamo le conseguenze, non tanto in termini di nuove realizzazioni quanto in termini di qualità e funzionalità delle stesse. Non è accettabile che le Provincie siano costrette, come è accaduto recentemente, a vietare la circolazione su alcune strade perché non possono garantirne la fruibilità in sicurezza, ed è altrettanto incredibile che sulle tratte ANAS vi siano carreggiate chiuse per buche e deformazioni del manto stradale con cartelli di pericolo e limitazione della velocità”.