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Piano Juncker, ok dall’Ecofin, l’Italia metterà 8 miliardi sul fondo Efsi

L'Ecofin (il Consiglio dei 28 ministri delle Finanze dell'Unione europea) ha approvato le bozze di regolamento preparate il 14 gennaio scorso dalla Commissione che prevedono l'istituzione del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi), strumento operativo del Piano Juncker per il rilancio degli investimenti.
E l'Italia annuncia che contribuirà al Fondo per 8 miliardi di euro, la stessa cifra già annunciata da Francia e Germania, mentre l'unico altro impegno è arrivato dalla Spagna, per 1,5 miliardi.
L’Italia contribuirà a Piano JunckerEU con iniziativa di Cassa Depositi e Prestiti per 8 miliardi di euro».

Perché il fondo Efsi diventi operativo, si prevede dal prossimo luglio, serve ora l'ultimo passaggio delle bozze di regolamento al Parlamento europeo. La dotazione iniziale del fondo sarà pari a 21 miliardi, di cui 16 come garanzie pubbliche e 5 versati dalla Bei. A partire da questi, l'obiettivo è mobilitare altri investimenti pubblici e privati per un totale di 315 miliardi in tre anni.
Come ha detto in una conferenza stampa il vicepresidente Katainen, «i primi prestiti potranno essere erogati già entro la primavera dalla Bei», mentre perché il fondo cominci a finanziare progetti occorrerà aspettare «i mesi di settembre o ottobre».
Katainen ha ringraziato il premier Matteo Renzi per gli 8 miliardi che arriveranno dall'Italia e ha
ricordato che si tratta del quarto paese ad impegnarsi, dopo Spagna (1,5 miliardi), Germania e Francia (8 miliardi ciascuno).

A questo punto la dotazione dell'Efsi sale da 21 a 46,5 miliardi di euro, potendo così – sulla carta – far salire gli investimenti complessivi del Piano Juncker da 315 miliardi stimati finora fino a 650-700 miliardi di euro.

«L'Italia – ha risposto il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan a chi gli chiedeva dove andranno gli 8 miliardi di CdP – ha già prodotto una lista di progetti di interesse nazionale e progetti fatti in comune con altri Paesi, di tipo infrastrutturale e di sostegno alle pmi, che sono stati vagliati già durante il semestre italiano e che costituisce già un pacchetto di progetti che nel
caso dell'Italia hanno un valore facciale di circa 240 miliardi».

«L'idea generale – ha spiegato – è di far confluire le risorse in piattaforme di investimento che sono di interesse nazionale, anche se c'è chiarezza sul fatto che i criteri di allocazione dei fondi del piano Juncker non devono essere di tipo geopolitico». Devono invece rispettare un criterio
macroeconomico, «cioè laddove gli investimenti in passato sono caduti», e un criterio microeconomico, «cioè che si vadano a finanziare progetti meritevoli che però non sono finanziati perché c'è un "fallimento di mercato"».