Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Mose, scoppia un cassone: 10 milioni. Delrio: «Pagherà l’assicurazione»

La pressione del cemento è troppo alta e il cassone scoppia. Costo stimato per la riparazione: dieci milioni di euro. L’incidente ai cantieri del Mose durante una fase di lavorazione è avvenuto ancora qualche tempo fa e sono già in corso i lavori sott’acqua in un’apposita camera iperbarica con limitazioni al transito di navi e pescherecci alla bocca di porto di Chioggia.

Tutto da rifare quindi per il cassone numero 8, una delle basi in cemento da 16mila tonnellate sulle quali vengono fissate le paratoie delle dighe mobili. Da capire se l’incidente, il più grave degli ultimi anni nei cantieri, influirà, oltre che sul costo, anche sui tempi della consegna dell’opera, attualmente prevista per il 2018.

La «concessione» del Mose è stata «commissariata» da circa un anno dall’Autorità anticorruzione, dopo l’inchiesta veneziana che ha portato alla scoperta di un vasto giro di tangenti. L’opera è giunta all’85% della sua realizzazione.

Il ministro Delrio a margine dell’inaugurazione della Valdastico Sud nel Vicentino, ha commentato l’incidente: «Il cassone del Mose è scoppiato per un errore tecnico coperto dalle assicurazioni. Sui tempi tecnici vediamo, inutile fare previsioni».

Interviene Italia Nostra, sezione di Venezia, sottolineando che: «Abbandonare il Mose adesso costerebbe allo Stato (e all’ambiente lagunare) infinitamente meno che tentare di farlo funzionare». E gli ambientalisti spiegano: «Lo scoppio del cassone non è il primo “inconveniente” – oltre a tutto di costosissima riparazione – cui il Mose è andato incontro e non sarà l’ultimo, se pensiamo alle cerniere che vincolano le paratoie ai cassoni, saldate e non stampate e quindi a rischio rottura, e alle lamiere delle stesse paratoie, non realizzate con il più costoso acciaio ma in lamiera (e quindi protetta contro la ruggine da anodi di zinco che rilasceranno in acqua 12 tonnellate di zinco ogni anno). Senza parlare dei costi della manutenzione, nemmeno quantificati correttamente al momento dell’inizio dell’opera – priva anche di un progetto esecutivo.

Costi che il Comune valutava attorno ai 45 milioni l’anno, quasi la cifra che – negli anni d’oro in cui il Mose non c’era ancora ad assorbire i contributi statali – erano destinati alla necessaria manutenzione della città. E qualcuno pensa assommeranno a 60 o 100 milioni annui».

Il Consorzio Venezia Nuova precisa: «In fase di posa del cassone di soglia denominato CBA-02, alla barriera di Chioggia, avvenuta a ottobre 2014, si è verificato un danno consistente nel sollevamento del massetto fibrorinforzato esterno (soletta S4) e una parziale fuoriuscita del calcestruzzo di riempimento nelle celle 18a e 18b.

Appena insediata, nel dicembre 2014, l’amministrazione straordinaria è intervenuta sulle aziende costituenti l’ATI Codia Scarl, responsabili del lavoro, per la valutazione dei danni e l’avvio della soluzione per il ripristino in corso d’opera. I tecnici hanno valutato quale migliore intervento l’utilizzo di una “campana metallica”, di 22 metri per 13 metri, in grado di mantenere un habitat subacqueo a pressione atmosferica, e stimato quale tempo massimo per la fine dell’intervento, iniziato nel giugno 2015, il prossimo ottobre. L’accaduto, avvenuto in fase di costruzione, non comporterà nessun ritardo sul cronoprogramma complessivo per la realizzazione delle dighe mobili del Mose e il costo dell’intervento è in ogni caso a carico delle imprese costruttrici».