Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Ingegneri contro il Jobs Act: quasi nessun impatto sui professionisti

Il Jobs Act guardi anche dalla parte dei professionisti. È questa la richiesta che arriva al Governo dall'Assemblea nazionale degli ingegneri, mercoledì mattina a Roma. Gli ultimi interventi dell'esecutivo hanno, troppe volte, penalizzato le partite Iva che vivono, in termini di occupazione e redditi, un momento drammatico. Allora, il presidente del Cni Armando Zambrano ha individuato un elenco di priorità: minimi professionali, cassa integrazione, Enti di previdenza, aumento dei contributi.

Zambrano, nel suo discorso di apertura, ha attaccato duramente le ultime scelte dell'esecutivo: «È evidente che la maggior parte delle misure intraprese dalla riforma voluta dal Governo impatta solo in minima parte su chi esercita la libera professione, confermando come le politiche messe in atto siano, per il lavoro autonomo, fortemente scadenti». Un atteggiamento lassista che, per il presidente, si somma al fatto che «ripetutamente ci capita di rilevare che il legislatore mette in atto provvedimenti che vanno esattamente contro ciò di cui il sistema del lavoro autonomo in questo momento ha bisogno».

Gli ingegneri, infatti, sono duramente provati dalla prolungata crisi. In base alle rilevazioni del Centro studi del Cni, sono passati da un reddito medio annuo di 43mila euro nel 2008 a un reddito medio di poco più di 33mila euro nel 2014. La perdita, in termini percentuali, è superiore al 20 per cento. Anche se va detto che, negli ultimi mesi, questo collasso si è arrestato: tra il 2013 e il 2014 sono stati persi appena 400 euro di reddito medio. Mentre le previsioni dei professionisti dicono che, nel corso del 2015, nel 62,5% dei casi i fatturati dovrebbero restare stabili. «Le previsioni – spiegano dal Centro studi – indicano qualche timido segnale, se non di miglioramento, quantomeno di arresto dello scivolamento verso il basso».

Alcuni interventi, comunque, restano prioritari. «I provvedimenti dibattuti di recente – ha detto Zambrano – sono emblematici del contesto penalizzante in cui ci troviamo ad operare». C'è da risolvere la questione dei minimi, perché «con il nuovo regime una minore platea di professionisti, soprattutto giovani, potrà godere di agevolazioni che, in un periodo di redditi contenuti, rappresentava quasi un elemento determinante di sopravvivenza».

C'è da intervenire «sull'aumento dei contributi da versare nel caso di gestione separata Inps per i professionisti senza cassa». Criticità ci sono anche sulla norma che concede un credito di imposta del 6% agli Enti di previdenza, a condizione che i loro proventi siano reinvestiti in una serie di attività individuate dal Mef: «Questa previsione pregiudica l'autonomia delle Casse di previdenza perché si entra, attraverso la leva fiscale, nelle scelte di investimento delle Casse stesse». E, per finire, c'è la questione della Cig. Bisogna sanare «l'abolizione, a partire dal 2015, della possibilità per gli studi professionali di ricorrere, in caso di crisi, all'unico ammortizzatore sociale disponibile, ovvero la Cassa integrazione guadagni in deroga».