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Autostrada Asti-Cuneo, ipotesi di accorpamento con proroga in linea con i paletti Ue

Sullo scacchiere dell'Asti-Cuneo, la prossima mossa per sbloccare lo stallo in cui da anni si dibatte il cantiere mai concluso, spetta al gruppo Gavio. Che, nelle prossime settimane, dovrà presentare al Ministero della Infrastrutture una nuova proposta di riorganizzazione delle concessioni più coerente con la normativa europea rispetto a quella formalizzata lo scorso dicembre 2014. Magari tale da riguardare l'accorpamento non di tutte, ma solo di una parte delle concessioni che fanno capo al gruppo, come quelle dell'A33 (Asti-Cuneo) con l'A21 Torino-Piacenza, l'A4 Torino-Milano o la A6 Torino-Savona (cioè quelle del Nordovest).

A tracciare il punto della situazione è stato il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, che al question time alla Camera ha risposto a un quesito del deputato Giovanni Monchiero, di Lista civica.

La richiesta di intervento fa seguito alla polemica scatenata la scorsa settimana da una lettera firmata dal presidente di Confindustria Cuneo, Franco Biraghi, per chiedere al Mit la revoca della concessione sull'A33, a fronte dei ritardi pesanti nel completamento degli ultimi cinque lotti dell'infrastruttura.

Come ha ricostruito il ministro, il problema dell'Asti-Cuneo (società al 65% del Gruppo Gavio e al 35% dell'Anas) è attualmente la presenza di un piano finanziario (quello strutturato nel 2005, quando è stata affidata con gara la concessione) che non è più al passo con i tempi (causa crisi economica, assenza di traffico e revisioni al rialzo del costo dei progetti, anche su richiesta degli enti locali). Una situazione superabile o con la revisione dei lotti (riducendo i costi) e anche la contestuale pattuizione di un contributo pubblico (soluzione presa in considerazione a maggio dello scorso anno e subito decaduta, in assenza di risorse dello Stato) oppure con l'accorpamento e proroga delle concessioni del Gruppo , soluzione a cui si sta lavorando e sulla quale il gruppo ha già formalizzato lo scorso dicembre una proposta, sfruttando la possibilità prevista dall'articolo 5 dello Sblocca Italia.

Tuttavia, come ha spiegato Delrio, l'Europa ha indicato con chiarezza al ministero che è possibile procedere a una ricontrattazione delle concessioni in essere solo in caso di condizioni particolari, come la presenza di nuovi investimenti non previsti nel piano finanziario precedente, l'affidamento a società in house, la comprovata presenza della possibilità di ottenere economie di scala importanti grazie all'accorpamenti dei contratti in essere.

«Per questo – ha dichiarato Delrio – lo scorso 5 giugno abbiamo scritto al gruppo Gavio, spiegando la posizione dell'Europa. Attendiamo ora una proposta dalla società più coerente alla normativa europea. Il nostro impegno è riportare tutto il tema delle concessioni autostradali a una più stretta adesione alle normative comunitarie».

Da parte sua, la società sempre ieri è scesa in campo per rispondere con una lettera al vetriolo alla provocazione del presidente di Comfidustria Cuneo e a tutti coloro che, buttato il sasso, hanno assunto posizioni politiche sul tema. Un argomento che scalda gli animi: l'ultimo intervento in ordine di tempo è quello dell'eurodeputato cuneese Alberto Cirio, che parla di gravi responsabilità per accordi non rispettati e annuncia azioni eclatanti a Bruxelles.

«Abbiamo letto con sincero sconcerto quanto da lei scritto al Ministro delle Infrastrutture – scrive, in risposta a Biraghi, Umberto Tosoni, ad dell'Asti-Cuneo Spa -. Quanto affermato è totalmente privo di qualunque fondamento giuridico ed è fortemente lesivo dell'immagine della società Asti-Cuneo, della sua controllante Sias e del gruppo Gavio in generale. I problemi della tratta autostradale non sono addebitabili all'attuale concessionaria e non sarebbero certo risolti con la soluzione da lei proposta», cioè la revoca della concessione.

La società, nel fare il riesame della situazione, spiega come i ritardi siano piuttosto da addebitare all'iter laborioso di approvazione delle tratte, alla significativa riduzione dei traffici attesi, all'assenza del contributo pubblico. L'ad conclude specificando come per rendere davvero operativa l'A33, sui cinque lotti mancanti, quello davvero essenziale e imprescindibile sia il tratto di Verduno o 2.6. Un'opera che, su 1,5 miliardi che mancherebbero da una stima all'appello, ne vale circa 750. E che consentirebbe quantomeno di mettere davvero a servizio della cittadinanza l'autostrada. In attesa delle decisioni future sulla possibilità di completare anche la parte restante.

La trattativa tra il Ministero e la società, dunque, dovrebbe basarsi su due punti: 1) trovare copertura al solo lotto 2.6 da 750 milioni, lasciando per ora nel limbo le altre opere per un costo più o meno analogo; 2) formulare una proposta di accorpamento e proroga, su cui chiedere l'autorizzazione a Bruxelles, che sia – nella forma e nella sostanza – più coerente ai paletti posti dalla stessa Commissione europea.

Come nel caso di Autobrennero , dunque, l'iniziale annuncio di Delrio di usare sempre le gare per le concessioni autostradali e non le proroghe si scontra necessariamente con considerazioni concrete caso per caso (economiche e giuridiche, ma anche politiche).