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Asti-Cuneo, ultimatum delle imprese

La chiamano la Salerno-Reggio Calabria del Nord. Perché l'Asti-Cuneo, l'autostrada A33 progettata per collegare la provincia Granda con l'Astigiano e con la rete autostradale nazionale, nei fatti ancora non è pronta e non ci sono neppure i cantieri che dovrebbero portarla a termine. L'opera, che da progetto dovrebbe essere lunga 90,2 chilometri, in realtà è ancora un “tronco monco”. Oggi l'Asti-Cuneo esiste solo per circa 56 chilometri, già aperti al traffico, frutto di sette tratte realizzate dall'Anas e quattro dalla concessionaria, la società Autostrada Asti-Cuneo Spa (gruppo Gavio). I restanti 35 chilometri (cinque lotti) devono ancora essere realizzati. In effetti dell’autostrada Asti-Cuneo si parla da ormai da 30 anni.

La tratta è in concessione, come dicevamo, al gruppo Gavio di Tortona (Alessandria), che gestisce tra l'altro gran parte delle tratte autostradali nel Nord Italia, tra cui Milano-Torino, Torino-Savona, Torino-Piacenza. Ma perché i lavori sono fermi? Lo sono principalmente per circa nove chilometri di tratta da realizzare. Quelli che interessano, in termini tecnici, il lotto II.6, con un primo tratto quasi interamente in galleria per l'attraversamento della collina di Verduno.

I costi attuali per il completamento dell’intera opera autostradale, secondo stime degli industriali avallate dalla concessionaria, sarebbero pari a circa un miliardo di euro. Il ministero delle Infrastrutture ne è a conoscenza da almeno un paio di anni ma nonostante questo, tutto è fermo e le proteste fioccano.

Ad alzare la voce sono sindaci, cittadini e imprenditori del cuneese, stanchi ovviamente di non poter contare su un'autostrada che parte sì da Cuneo, ma che non permette di far arrivare a destinazione mezzi e merci in tempi da autostrada. Il più agguerrito in questa battaglia a favore dell'Asti-Cuneo è Franco Biraghi, presidente di Confindustria Cuneo.

Biraghi ha già scritto due lettere (il 10 giugno 2015 e il 2 ottobre 2015) – senza paraltro ottenere alcuna rispota – al ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, per denunciare gli intollerabili ritardi in cui versa l'opera e per chiedere la revoca della concessione all'attuale società concessionaria dell'autostrada Asti-Cuneo.

«La provincia di Cuneo soffre da decenni di una gravissima carenza infrastrutturale, che penalizza soprattutto le aziende locali, in una provincia in cui l'export rimane l'unica speranza di sviluppo. La soluzione era vista nel completamento dell'autostrada A33 Asti-Cuneo. Purtroppo, l'attuale concessionaria continua a non procedere all'esecuzione dei lavori, come era previsto dal contratto di concessione. Siamo preoccupati perché non riusciamo a capire il motivo di questa paralisi».
Nel tentativo di sbloccare la situazione e di premere sul governo, venerdì 30 ottobre Confindustria Cuneo ha convocato i parlamentari cuneesi di tutti i partiti, i quali hanno raccolto unanimi l’appello di Biraghi. Confindustria e parlamentati cuneesi hanno deciso di dare tempo alla concessionaria e al ministro Delrio sino alla fine dell’anno per trovare un accordo per il completamento dell’opera. In caso contrario tutti i parlamentari si sono detti d’accordo a sostenere insieme a Confindustria la battaglia per la revoca della concessione al gruppo Gavio e l’apertura alla libera circolazione del tratto finora realizzato dell’Asti-Cuneo, senza riscossione di alcun pedaggio, fino al momento del totale completamento dell’opera.

Gavio replica però, punto su punto, agli industriali cuneesi. La sostanza è che l’iter approvativo necessario per la realizzazione dell’opera è assai laborioso e, ancor oggi, non completato. Il classico caso di cattiva burocrazia all’italiana, che ha portato a una lievitazione significativa dei costi rispetto al progetto messo a gara. Però, sottolinea Gavio, tutto quello che è stato approvato è già realizzato. «La concessione per la realizzazione dell'autostrada Asti–Cuneo – spiegano al Sole 24 Ore fonti del gruppo di Tortona – è stata affidata, in seguito a una gara pubblica europea bandita nel 2003, a una società partecipata dalla Sias. La gara si è conclusa nel 2005, la convenzione di concessione è stata firmata nel 2007 e la sua efficacia è partita nel 2008 dopo l'approvazione. Prima di tale data la società concessionaria non ha potuto quindi dare corso ai lavori oggetto della concessione».

«Nonostante tale concorrenza di circostanze negative – prosegue il portavoce del gruppo – tutti gli investimenti realizzabili (in quanto approvati) sono stati completati: si tratta di quattro lotti. Attualmente sono in corso di approvazione i progetti dei lotti mancanti, progetti che la società concessionaria ha presentato nei termini previsti in convenzione, anche cinque anni addietro. Le cause di tali lungaggini – sottolinea Gavio – sono da ricercare nella complessità delle procedure oggi previste, che vedono il coinvolgimento di una pluralità di enti e di amministrazioni (conferenze dei servizi, ndr), tutte chiamate a esprimersi per le proprie competenze sia locali sia più generali e tutte necessarie alla conclusione del procedimento approvativo».