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Annullata la maxi-condanna per l’albanese che, contromano, fece 4 vittime

Non è passata, in Cassazione, la linea giurisprudenziale favorevole alla configurazione del reato di ‘omicidio stradale’: la Suprema Corte ha infatti annullato con rinvio la maxi-condanna a 21 anni di reclusione inflitta a Ilir Beti, l’imprenditore albanese che imboccò la A26 contromano e la percorse per 30 chilometri per dimostrare la sua abilità al volante. Nell’impatto con il suo Suv morirono quattro ragazzi francesi il 13 agosto 2011. Il caso ritorna ora in appello per essere riesaminato.

Il verdetto è stato emesso dalla I sezione penale presieduta da Renato Cortese. E’ stato accolto il ricorso di Beti – difeso dal professor Franco Coppi – contro la condanna a 21 anni inflittagli dalla corte d’assise d’appello di Torino il 20 giugno 2013.

Beti, imprenditore albanese, la sera del 13 agosto 2011 era ubriaco, era già stato cacciato da un locale pubblico e aveva accanto a se una ragazza addormentata, quando decise di imboccare contromano la A26 per dimostrare a se stesso la sua abilità alla guida nello schivare i veicoli in marcia.

Per i quattro ragazzi francesi non ci nulla da fare e rimase seriamente ferito anche un altro loro compagno di viaggio.

Secondo i giudici piemontesi, questo modo di guidare era doloso, perchè andando contromano era inevitabile mettere a rischio l’incolumità altrui. Ma i supremi giudici sono stati di diverso avviso e hanno seguito l’indicazione del sostituto procuratore generale Gabriele Mazzotta, che aveva chiesto l’annullamento con rinvio della condanna di Beti. Ad avviso di Mazzotta “la categoria della ‘colpa’ non è residuale nel diritto e se applicata in un caso così estremo avrebbe consentito di infliggere la stessa condanna comminata all’imputato con tutte le aggravanti possibili, senza forzare la categoria del dolo”.

“Il ricorso della difesa dell’imputato è da condividere – ha proseguito il pg Mazzotta nella sua requisitoria – in quanto il guidatore voleva procedere contromano per dare prova a sè stesso della sua destrezza e non aveva considerato che gli altri guidatori, che procedevano ‘correttamente’ nella loro marcia avrebbero potuto perdere il controllo dei loro veicoli”.
Dello stesso tenore è stata l’arringa del professor Coppi, che anche oggi, come ieri al processo Ruby, ha chiesto di poter parlare stando seduto a causa della frattura dell’omero per la quale è stato operato pochi giorni fa, in seguito ad una brutta caduta. “Occorre fare molta attenzione quando si fanno le ricostruzioni dei passaggi mentali di un soggetto ubriaco, perchè risulta difficile attribuire il dolo, e quindi la volontarietà, a chi si trova in simili condizioni”.

Secondo Coppi si tratta di una “condotta imperita e negligente che sottrae l’imputato all’area del dolo e lo consegna all’area della ‘colpa’”.

Con questa decisione la Cassazione, in mancanza di una espressa previsione normativa, dimostra di voler seguire il tradizionale orientamento che inquadra gli incidenti stradali nei delitti colposi, anche in un caso di consapevole ‘roulette russa’ come questo.

Ieri sotto la Cassazione hanno pacificamente manifestato, con un sit-in silenzioso, i familiari delle vittime mietute da Ilir Beti insieme ad esponenti di piccole associazioni che si battono perchè chi ha provocato la morte dei propri cari, in incidenti stradali, riceva una condanna adeguata.