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Project financing: allarme Codice, i nuovi paletti affossano il settore

Anche lo studio presentato il 24 gennaio a Roma dall’Università Luiss e dalla società di consulenza Deloitte denuncia il rischio “affossamento del project finacing” derivante dai vincoli introdotti dal nuovo Codice appalti, il dlgs 50/2016: il tetto del 30% al contributo pubblico (sia per concessioni che per Ppp), il limite di 12 mesi dalla firma del contratto per arrivare al closing, e anche l’obbligo di trasferire al privato il rischio traffico nelle autostrade.

Finora le critiche, oltre che dagli operatori privati, venivano da esperti giuridici ed economici del settore. Lo studio Luiss-Deloitte aggiunge in più un confronto internazionale, dove emerge che il trend internazionale dei project financing per realizzare infrastrutture pubbliche spinge verso la certezza e la “consistenza” dei contributi pubblici, da una parte, e v verso la sterilizzazione del rischio traffico, anche nei Pf “caldi”, con tariffazione a carico dell’utenza privata e incasso che va al concessionario.

Lo studio analizza un data base internazionale (Infradeals) di 707 operazioni di project finance infrastrutturale pubblico, realizzate tra il 2004 e il 2015, di cui 34 in Italia. Lo studio evidenzia per l’Italia – rispetto alla media internazionale – carenze di greenfield (nuove opere), scarso apporto di equity e di project bond, scarsa qualità dei progetti, assenza di fondi equity specializzati in infrastrutture.

Tra gli elementi che rendono solido il Pf a livello internazionale viene segnalato la consistenza dei contributi pubblici, indispensabili soprattutto nel settore trasporti, e anche la tendenza sempre più applicata di sterilizzare il rischio traffico anche in caso di opere calde, come tipicamente le autostrade, trasferendo invece al privato – oltre al rischio costruzione – il rischio disponibilità (standard di servizio contrattualizzati, da verificare periodicamente e a cui corrisponda un canone effettivamente variabile in base a tali parametri).

Il Codice appalti 2016 va invece in direzione opposta, motivata dall’esperienza negativa dei Pf degli ultimi anni, con i contributi pubblici stanziati “a bancomat” per sanare Pef non più sostenibili, con closing che non arrivano mai, con rischi traffico trasferiti al privato solo sulla carta.
Ecco allora le norme: 1) contributo pubblico non oltre il 30% dell’investimento complessivo; closing da perfezionare entro 12 mesi dal contratto; 3) limiti alla revisione del Pef (tutte norme all’articolo 165); 4) obbligo di trasferire al concessionario il rischio traffico nelle concessioni autostradali (art. 178 c. 8).

«Già oggi in Italia – spiega Luca Petroni, presidente di Deloitte Financial Advisory Srl – ci sono pochi progetti in Pf appetibili, e finora la redditività dei greenfield è stata troppo incerta e contenuta per attirare investitori. Questi paletti del Codice sono ulteriori ostacoli, che speriamo possano essere superati con il decreto correttivo».

«Dal punto di vista degli investitori – sostiene Giorgio di Giorgio, professore ordinario alla Luiss, direttore del Casmef e co-curatore della ricerca – i contributi pubblici messi a disposizione per i project financing in Italia sono stati finora troppo pochi».