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Annone, ecco perché è crollato il cavalcavia: «Opera nata già datata»

Un’opera che nasce negli anni Sessanta già datata, con limiti di concezione strutturale in termini di robustezza e durabilità. Un ponte di seconda categoria destinato inizialmente al transito dei soli carichi civili e non ai mezzi eccezionali.

Un rimpallo di competenze e responsabilità tra Anas e Provincia di Lecco che di fatto ha determinato nel tempo un’insufficiente attenzione da parte di entrambi i gestori stradali sulle esigenze manutentive delle strutture del cavalcavia, nonché il mancato adeguamento dell’altezza dell’impalcato. Ma, soprattutto, ha fatto sì che nelle indagini condotte nel 2014 sui limiti di portata dei ponti della superstrada 36, proprio il cavalcavia numero 17 non sia stato preso in considerazione perché non censito tra le opere di competenza di Anas.

Insomma, siccome all’apparenza non risultava pertinente a nessuno, nessuno se ne è mai fatto carico o si è preoccupato di quali fossero le sue condizioni. L’incuria, il mancato monitoraggio, la criticità del sistema dei trasporti eccezionali, hanno reso inevitabile il crollo del cavalcavia di Annone Brianza, lungo la Milano-Lecco, sbriciolatosi lo scorso 28 ottobre sotto il peso di un trasporto eccezionale di 107,5 tonnellate, costato la vita a Claudio Bertini, 68enne di Civate. A dirlo sono gli esperti della commissione voluta dal ministro alle Infrastrutture Graziano Delrio, istituita all’indomani del crollo, che hanno presentato la loro relazione sulle cause del cedimento.

Responsabilità ampie e trasversali, secondo quanto si evince dal documento inviato alla procura di Lecco, che al momento ha iscritto nel registro degli indagati, con l’ipotesi di omicidio e disastro colposo, due ingegneri della Provincia, Angelo Valsecchi, dirigente del settore viabilità e il suo vice, Andrea Sesana, responsabile del servizio concessioni e reti stradali, con Giovanni Salvatore, capo del centro manutenzioni Anas. Mentre è stata concessa un’ulteriore proroga di 60 giorni all’ingegner Marco Di Prisco, docente di tecnica delle costruzioni al Politecnico di Milano, incaricato lo scorso 11 novembre dal sostituto procuratore del tribunale di Lecco Nicola Preteroti di stabilire le ragioni del cedimento del cavalcavia, la commissione ministeriale ha già dato le prime risposte.

I calcinacci caduti sulla carreggiata intorno alle 13.30 del 28 ottobre 2016, non erano semplici parti di intonaco, ma elementi di calcestruzzo della struttura. La lesione della seggiola Gerber, su cui pesava il cavalcavia, era già evidente in immagini dell’estate 2016 e probabilmente aveva creato danni alla pavimentazione già nel 2011.

La massa del mezzo eccezionale della Nicoli Trasporti, se pur autorizzato, non era coerente con le capacità della struttura. Inoltre, in una nota del 26 giugno 2006, relativa a un intervento di manutenzione da parte di Anas dopo che il cavalcavia era stato lesionato da un tir, l’ente strade specificava alla direzione centrale lavori, che l’intervento avrebbe consentito l’apertura al traffico momentanea, senza però la possibilità di stabilire una nuova vita utile della struttura. A questo si aggiunge la forte densità industriale della zona e la presenza di un’importante acciaieria nelle vicinanze. La sollecitazione sulla mensola del cavalcavia che ha provocato il collasso è stata due volte maggiore del carico per il quale sono stati progettati i pilastri.

L’ambiguità sulle competenze tra Anas e Provincia, rileva la commissione ministeriale, ha avuto effetti negativi anche sulle istruttorie tecniche per il rilascio delle autorizzazioni ai trasporti eccezionali. La mancanza di certezza ha avuto ripercussioni pesanti sulla gestione dell’emergenza. Gli esperti parlano di una sottovalutazione dei segnali premonitori del crollo incipiente, che avrebbero dovuto indurre alla chiusura precauzionale della provinciale 49 e della statale 36. Infine, dopo gli interventi nel 2006 e nel 2009 a seguito dei danneggiamenti provocati al ponte dal passaggio di tir, nel 2013 era previsto un intervento di manutenzione straordinaria in realtà mai eseguito perché non ritenuto prioritario. Sotto accusa nell’indagine del ministero anche la criticità del sistema dei trasporti eccezionali.

La domanda di autorizzazione alla Nicoli Trasporti è stata concessa dalla provincia di Bergamo, in assenza di ogni attività istruttoria e in particolare del nulla osta degli enti proprietari delle strade percorse, secondo il meccanismo del silenzio assenso disciplinato dall’articolo 42 della legge regionale 6/2012.

Un vuoto che i membri della commissione propongono di colmare con una revisione della disciplina dei trasporti eccezionali attraverso un intervento normativo anche a carattere di urgenza. Non solo. Tra le ipotesi avanzate nel documento anche l’introduzione nel Codice della strada di criteri in base ai quali attribuire, in modo univoco, la titolarità di arterie, ponti e viadotti. Perché il rimpallo di responsabilità non costi più la vita a nessuno.